Aversa Doc

Documento
Regione

Ministero delle politiche agricole
alimentari e forestali
DIPARTIMENTO DELLE POLITICHE COMPETITIVE,
DELLA QUALITÀ AGROALIMENTARE, IPPICHE E DELLA PESCA
DIREZIONE GENERALE PER LA PROMOZIONE DELLA QUALITÀ AGROALIMENTARE E DELL’IPPICA
UFFICIO PQAI IV
DISCIPLINARE DI PRODUZIONE DEI VINI A DENOMINAZIONE DI ORIGINE
CONTROLLATA
“AVERSA”
Decisione di approvazione o modifica Pubblicazione
Approvato con DM 31.07.1993 G.U. 188 - 12.08.1993
Modificato con DM 09.02.1994 G.U. 42 - 21.02.1994
Modificato con DM 28.02.2000 G.U. 59 - 11.03.2000
Modificato con DM 09.01.2002 G.U. 22 - 26.01.2002
Modificato con DM 05.07.2006 G.U. 164 - 17.07.2006
Modificato con DM 30.11.2011 G.U. 295 - 20.12.2011
Sito ufficiale Mipaaf - Qualità - Vini DOP e IGP
Modificato con DM 07.03.2014 Sito ufficiale Mipaaf - Qualità - Vini DOP e IGP
Articolo 1
Denominazione e vini

  1. La denominazione di origine controllata “Aversa”, seguita dal nome del vitigno Asprinio è riservata
    ai vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione per le
    seguenti tipologie:
    “Aversa” Asprinio
    “Aversa” Asprinio spumante
    Articolo 2
    Base ampelografica
    Il vino a denominazione di origine controllata “Aversa” Asprinio deve essere ottenuto da uve
    provenienti da vigneti aventi, in ambito aziendale, la seguente composizione varietale:
    Asprinio minimo 85%;
    Possono concorrere alla produzione di detto vino le uve di altri vitigni a bacca bianca, non aromatici,
    idonei alla coltivazione per le rispettive province di Caserta e di Napoli, da soli o congiuntamente, fino
    ad un massimo del 15%.
    Il vino a denominazione di origine controllata “Aversa” Asprinio spumante deve essere ottenuto da uve
    provenienti da vigneti aventi, in ambito aziendale, la seguente composizione varietale:
    Asprinio minimo 100%;
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    Articolo 3
    Zona di produzione uve
  2. Le uve destinate alla produzione del vino a DOC “Aversa Asprinio” devono essere prodotte nella
    zona che comprende tutto il territorio amministrativo dei comuni di:
    In provincia di Caserta:
    Aversa, Carinaro, Casal di Principe, Casaluce, Casapesenna, Cesa, Frignano, Gricignano di Aversa,
    Lusciano, Orta di Atella, Parete, San Cipriano d’Aversa, San Marcellino, Sant’Arpino, Succivo,
    Teverola, Trentola – Ducenta, Villa di Briano, Villa Literno.
    In provincia di Napoli: Giugliano, Qualiano, Sant’Antimo.
    Articolo 4
    Norme per la viticoltura
  3. Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione del vino a DOC “Aversa”
    Asprinio devono essere quelle tradizionali della zona e comunque atte a conferire alle uve ed ai vini
    derivati le specifiche caratteristiche di qualità.
    Sono pertanto da considerarsi idonei ai fini dell’iscrizione allo Schedario viticolo unicamente quelli
    allevati in controspalliera con esclusione dei vigneti ubicati nei fondovalle e su terreni particolarmente
    umidi. In deroga al paragrafo precedente, per salvaguardare la tipica forma di allevamento ad “alberata
    aversana”, da considerarsi bene ambientale e culturale della zona, sono consentiti gli impianti allevati in
    forma verticale e ubicati su terreni sciolti, leggeri, facilmente lavorabili, profondi, purché con adeguata
    sistemazione idraulica.
    I sesti di impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura devono essere quelli generalmente
    usati nella zona e comunque atti a non modificare le caratteristiche dell’uva e dei vini. E’ vietata ogni
    pratica di forzatura.
  4. La resa massima, nel caso di impianti allevati ad alberata, non dovrà essere superiore ai 4 kg di uva
    per metro quadrato di parete e i 240 kg per ceppo con un numero massimo di 50 ceppi/ettaro. Nel caso
    di vigneti specializzati allevati a contro spalliera, la resa massima di uva per ettaro non deve essere
    superiore ai 12,00 tonn/ettaro. A tali limiti, anche in annate eccezionalmente favorevoli, la produzione
    dovrà essere riportata, attraverso un’accurata cernita delle uve, purché la produzione non superi del 20%
    i limiti medesimi sopra stabiliti.
  5. La regione Campania con proprio decreto, sentite le organizzazioni di categoria interessate, di anno in
    anno, prima della vendemmia, tenuto conto delle condizioni ambientali climatiche, di coltivazione e di
    mercato, può stabilire un limite massimo di produzione di uva per ettaro inferiore a quello fissato dal
    presente disciplinare di produzione, dandone immediata comunicazione all’organismo di controllo.
  6. Le uve destinate alla vinificazione devono assicurare al vino a DOC “Aversa” Asprinio un titolo
    alcolometrico volumico naturale minimo di: 10,50% vol. Le uve destinate alla produzione del “vino
    spumante” oppure provenienti dalle “alberate” dovranno assicurare un titolo alcolometrico volumico
    naturale minimo di: 9,50% vol. purché la destinazione alla spumantizzazione o la provenienza
    dall’alberata vengano espressamente indicate nella denuncia annuale delle uve.
    Articolo 5
    Norme per la vinificazione
  7. Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche atte a conferire ai vini le proprie peculiari
    caratteristiche.
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  8. Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate all’interno della zona di produzione di cui
    all’art. 3.
  9. E’ tuttavia facoltà del Ministero per le politiche agricole alimentari e forestali su conforme parere
    della regione Campania, consentire che le suddette operazioni di vinificazione siano effettuate in
    stabilimenti siti nel territorio amministrativo delle province di Caserta, Napoli e Benevento, a
    condizione che le ditte interessate che ne fanno richiesta, dimostrino di aver vinificato, nelle vendemmie
    precedenti a quella di entrata in vigore del presente disciplinare di produzione, vini del tipo di quelli qui
    regolamentati.
  10. La resa massima dell’uva in vino finito non deve essere superiore al 70%. Gli eventuali superi sono
    da classificarsi, se ne hanno le caratteristiche, fra i vini da tavola, anche ad indicazione geografica tipica.
  11. Le operazioni di elaborazione del vino a DOC “Aversa” Asprinio spumante, ossia le pratiche
    enologiche per la presa di spuma e la stabilizzazione, devono essere effettuate in stabilimenti situati
    nell’ambito del territorio delimitato nel precedente art. 3 o autorizzati ai sensi del terzo comma del
    presente articolo.
    Per il solo tipo spumantizzato in autoclave è facoltà del Ministero per le politiche agricole alimentari e
    forestali su conforme parere della regione Campania, consentire per un periodo di anni dieci a decorrere
    dalla data di entrata in vigore del presente disciplinare di produzione (31/07/1993), che le operazioni
    sopra indicate siano effettuate in stabilimenti siti al di fuori della zona delimitata nell’art. 3 o autorizzati
    ai sensi del secondo comma di questo stesso articolo.
    Articolo 6
    Caratteristiche al consumo
  12. I vini a DOC “Aversa” di cui all’art. 1, all’atto dell’immissione al consumo, devono rispondere alle
    seguenti caratteristiche:
    “Aversa” Asprinio
    colore: giallo paglierino più o meno carico;
    profumo: intenso, fruttato, caratteristico;
    sapore: secco, fresco, caratteristico;
    titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol.;
    acidità totale minima: 6,0 g/l;
    estratto non riduttore minimo: 15,0 g/l;
    “Aversa” Asprinio spumante
    spuma: fine e persistente;
    colore: giallo paglierino più o meno intenso;
    profumo: fine, fragrante, caratteristico;
    sapore: secco, fresco, caratteristico;
    titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol;
    acidità totale minima: 7,0 g/l;
    estratto non riduttore minimo: 15,0 g/l;
    E’ facoltà del Ministero per le politiche agricole alimentari e forestali modificare, con proprio decreto, i
    limiti sopra indicati per l’acidità totale e l’estratto non riduttore minimo.
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    Articolo 7
    Designazione e presentazione
    Nella designazione dei vini a DOC “Aversa” in deroga alle misure stabilite a titolo generale dagli
    articoli 1 e 6 del presente disciplinare può figurare il nome del vitigno “Asprinio” seguito dalla
    specificazione di origine “Aversa”, in caratteri della medesima ampiezza, colorimetria e forma grafica.
    Per il vino a DOC “Aversa” ottenuto dalle uve provenienti dai vigneti allevati ad “alberata” è
    obbligatorio indicare sulla denuncia di produzione delle uve, sui registri e sui documenti previsti dalla
    normativa vigente, nonché nell’etichettatura, la menzione aggiuntiva “alberata o vigneti ad alberata”.
    Nella designazione tale menzione deve essere riportata immediatamente al di sotto della dicitura
    “denominazione di origine protetta”.
    Nella designazione e presentazione del vino a DOC “Aversa” è vietato l’uso di qualsiasi qualificazione
    aggiuntiva diversa da quelle previste dal presente disciplinare di produzione, ivi compresi gli aggettivi:
    extra, fine, scelto, superiore, riserva, selezionato e similari.
    E’ consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali e marchi privati non
    aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno l’acquirente.
    Le indicazioni tendenti a specificare l’attività agricola dell’imbottigliatore quali: viticoltore, fattoria,
    podere, tenuta, cascina ed altri termini similari, sono consentite in osservanza delle disposizioni
    comunitarie e nazionali in materia.
    Sulle bottiglie o altri recipienti contenenti vini a DOC “Aversa” deve figurare l’indicazione dell’annata
    di produzione delle uve, tale indicazione è facoltativa per il tipo “spumante”.
    Articolo 8
    Legame con l’ambiente geografico
    A) Informazione sulla zona geografica
  1. Fattori naturali
    La zona geografica delimitata comprende una pianura geologicamente omogenea posta a Nord dei
    campi Flegrei in quelli che un tempo erano denominati Regi Lagni. L'area è compresa tra Orta di Atella
    ad Est, Casal di Principe a Nord, Villa Literno ad Ovest, Qualiano a Sud.
    L'area dell'Asprinio di Aversa è totalmente pianeggiante e l'altimetria è compresa tra i 10 m. slm di Villa
    Literno e i 101 m. slm di Qualiano. L'esposizione prevalente dei vigneti è sud.
    Il clima della regione rientra nell’area di influenza mediterranea; l’andamento delle temperature è
    caratterizzato da medie escursioni, con estati calde e inverni temperati.
    La precipitazione media annua è di 702 mm. (ultimi 12 anni)
    La distribuzione stagionale delle piogge ha caratteri tipicamente mediterranei concentrandosi per circa il
    60% nel periodo autunno-inverno.
    Nel complesso i terreni rilevati nell'area in studio, presentano in sommità uno spessore variabile, di
    alcuni metri, di materiali riconducibili al secondo periodo flegreo che rappresentano le facies incoerenti
    (pozzolane) e coerenti o pseudo coerenti (tufo giallo); in profondità uno spessore di materiali
    riconducibili al primo periodo flegreo (tufo grigio). Tali formazioni sciolte o litoidi, provengono da una
    stessa tipologia di terreni, le piroclastici.
    La composizione mineralogica delle piroclastici, prevalendo i prodotti dei Campi Flegrei è trachitica di
    natura alcalina ed inquadrabile nelle associazioni magmatiche potassiche. Detti terreni a seconda dei
    grado di litificazione e di "autopneumatolisi" a cui sono stati soggetti, si presentano scotte o litificate.
    Le pozzolane hanno una diversa classificazione geologica, in quanto possono essere in sede,
    rimaneggiate e alluvionali. Le prime sono di colore grigio chiaro e sono costituite da ceneri, lapilli
    pomiceì e in misura assai ridotta, da lapilli lapidei.
    Questi terreni talvolta sono stati rimossi dalle acque superficiali, trasportati rimaneggiati e ridepositati
    formando così le pozzolane rimaneggiate.
    Queste ultime sono di colore giallognolo marrone, si differenziano da quelle in sede per la maggiore
    presenza di lapilli lapidei e per la granulometria che è in genere più fine; inoltre molto spesso è presente
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    negli strati più superficiali e negli orizzonti di paleosuoli, della sostanza organica sotto forma dí humus
    da cui ne consegue una certa plasticità e deformabilità degli stessi.
    Le pozzolane alluvionali hanno subito processi simili a quelle rimaneggiate ma di intensità nettamente
    maggiore. Si sono verificate così variazioni nella granulometria, precisamente è stata asportata la
    frazione più grossolana costituita da pomici, mentre è aumentata la frazione di lapilli lapidei di
    dimensioni ridotte.
    Il rilevamento geologico di superficie, e le risultanze delle indagini, hanno evidenziato per l'area
    investigata, la presenza di depositi tali piroclastici depositatisi in tempi diversi, pertanto il sottosuolo in
    oggetto in base:
    a) al rilevamento di dettagliato
    b) alle indagini acquisite
    c) alle indagini eseguite risulta in perfetto accordo con la geologia generale dell'area, precedentemente
    descritta; cioè i litotipi riconosciuti sono essenzialmente prodotti piroclastici ascrivibili ad attività
    vulcanica degli apparati del Roccamonfina, dei Campi Flegrei e del Somma-Vesuvio, sia in deposizione
    primaria, sciolti o litoidi che secondaria (alluvionali), questi ultimi sempre sciolti.
    Premesso ciò, per semplicità di esposizione, i terreni attraversati dalle terebrazioni (sondaggi), vengono
    distinti, in base alla loro consistenza, in tre formazioni piroclastiche;
  2. superficiale di tipo pozzolanico (sciolto) fino a max. 12 m dal p.c.
  3. di tipo tufitico (pseudolitoide) fino a circa 21 m dal p.c. - 3) di tipo cìneritico sabbioso oltre tale
    profondità.
    La I formazione si presenta incoerente, policroma, a granulometría sabbiosa, ma con inclusi lapilli,
    pomici e scorie
    La II formazione appare spesso litoide o semilitoide Tufo Grigio (nella variazione da Giallo a Grigio
    — potenza massima di 10-12 m)
    La III formazione è in effetti una cinerite sabbioso ghiaiosa di origine vulcanica talvolta alternate a
    orizzontì tufacei. Il loro spessore può raggiungere varie decine di metri, ed è quella che ospita la falda
    acquifera.
  4. Fattori umani
    Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata
    tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino “ Aversa”.
    L’agro aversano, ricadente nelle province di Napoli e Caserta, è delimitato, a guisa di barriere vegetali,
    dalle tipiche alberate (o festoni) che ne caratterizzano il paesaggio.
    La vite maritata a tutori vivi, in genere il pioppo, raggiunge anche i venti metri di altezza dando origine
    a prodotti di pregio e spiccata tipicità che possono vantare una tradizione antichissima e saldamente
    radicata nelle popolazioni locali.
    Infatti il vitigno Asprinio è presente in Campania da epoca remota ma varie e diversificate sono le
    ipotesi formulate sulla sua origine, come pure diverse sono le sinonimie da più parti segnalate.
  5. Fattori storici
    Secondo alcuni ampelografi in Puglia il vitigno riceverebbe il nome di “Olivese”, “Ragusano” e
    “Ragusano bianco”. Nelle aree aversane, maddalonese e casertana, invece, è ricorrente la
    denominazione di “Asprinio” – “Asprino” – “Uva Asprinia”. Più consona risulta, comunque, la
    terminologia di “Asprinio di Aversa”, la cui codificazione è ormai accettata dagli operatori agricoli dagli
    Enti locali preposti alla tutela ed alla valorizzazione della produzione viticola. La coltura del vitigno
    Asprinio, diffusa un po’ dappertutto nel Mezzogiorno d’Italia, ha sempre trovato in Campania, e più
    specificatamente in Agro Aversano, la più ampia collocazione.
    Circa l’ introduzione in Italia di tale vitigno, le ipotesi formulate sono molto diverse ed anche il
    particolare sistema di allevamento è oggetto delle più svariate considerazioni, non esclusa qualcuna
    chiaramente frutto di pura fantasia, in quanto collegata ad una probabile funzione di più o meno valida
    barriera bellica per contrastare le cariche della cavalleria degli eserciti avversi ai Borboni. Più consono,
    ci sembra invece, collocare il particolare sistema di allevamento della vite alla coltura della canapa,
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    tipica dell’area di Terra di Lavoro. La canapa, infatti, raggiungendo altezze variabili intorno ai due metri
    dal suolo, creava condizioni sfavorevoli ad un allevamento basso della vite, soprattutto in
    considerazione che la coltura della vite veniva condotta in consociazione.
    Secondo Violante e Bordignon sembra che la diffusione della coltura dell’Asprinio abbia avuto la
    maggiore espansione nelle Puglie ed in Campania. In particolare, poi, l’incidenza più elevata si sarebbe
    registratta nella provincia di Caserta, un po’ meno in quella di Napoli.
    Secondo Giampaglia, il vitigno Asprinio deriverebbe dalla “tribù dei Pinot” e sarebbe stato introdotto
    nel Napoletano nel secolo scorso durante la dominazione francese. A sostegno di questa ipotesi vale la
    considerazione avallata dagli stessi agricoltori, secondo i quali, nel passato, l’uva asprinia veniva
    acquistata da commercianti francesi e ungheresi, per poi utilizzarla nella preparazione di vino spumante.
    Altri sostengono che il vitigno in parola derivi direttamente dal “Greco” e ciò verrebbe confermato da
    quanto scriveva, nel 1804, Nicola Columella Onorati che elencando le principali varietà di uva che si
    coltivano nell’agro alifano, cosi si esprimeva: “L’uva asprinia, della quale varietà di uva bianca si fa il
    Greco in buona parte in Campania è conosciuta sotto il nome di Asprinio di Aversa”.
    Ma gli stessi cultori dell’epoca non sembrano condividere tali affermazioni, perché le differenze
    morfologiche tra “Greco” ed “Asprinio” risulterebbero tali da non lasciare alcun dubbio.
    Secondo notizie tramandate da Sante Lancerio, cantiniere di S.S. Papa Paolo III Farnese, la coltura del
    vitigno risalirebbe agli inizi del ‘500, cioè in un’epoca anteriore alla dominazione francese. Infatti, ne “I
    Viaggi di Papa Paolo III”, il Lancerio dice che S.S. usava l’Asprinio come bevanda dissetante
    servendosene prima di coricarsi. Lo stesso autore facendo le lodi a questo vino “diuretico” dice che il
    migliore è quello di Aversa, apprezzato dai commercianti perché “li cortigiani et cortigiane corrono
    volentieri alla foglietta” (la “foglietta” è una misura di capacità del vino, circa mezzo litro).
    Questa la descrizione: “Il vino Asprinio vien da un luogo vicino Napoli. Li migliori sono quelli di
    Aversa, città unica e buona. Ce ne sono delli bianchi et delli rossi, ma questi sono meglio. Tali vini sono
    molto crudi, sono vini da podagrosi. L’estate è sana bevanda. Di questa sorta di S.S. usava bere alcuna
    volta per cacciare la sete avanti che andasse a dormire, et diceva farlo per rosicare la flemma. A volere
    conoscere la sua perfetta bontà vuole essere odorifero, di colore dorato, et non del tutto crudo.
    Volendolo per le state, bisogna metterelo, la primavera, nella cantina, et sia si crudo che il caldo lo
    maturi, et prima faccisi la prova del colore. Tali vini sono stimati assai dagli osti, che li Cortigiani et
    Cortigiane corrono volentieri alla foglietta. Anco questo vino è lodato dai Medici, sicchè e buono.”
    Anche la tradizione popolare vuole far risalire la coltivazione dell’Asprinio nella zona ai primi del ‘500.
    Si vuole, ma senza alcuna prova storica, che Luigi XII di Valais, Re di Francia detto “Padre del Popolo”
    (nato a Blais 1462 – morto a Parigi 1515), disceso nella penisola italiana all’inizio del 1500 ed
    impadronitosi prima del Ducato di Milano e quindi del Regno di Napoli che, poi, dovette cedere agli
    Spagnoli (1504), importasse dalla Francia una certa quantità di vitigni che, avendoli fatti mettere a sito
    nelle terre del Casertano, ne ottenne l’Asprinio.
    Questo vino chiaro, color verdolino, asciutto e frizzante è gradevolissimo e dissetante per cui i
    napoletani presero a berne ben fresco anche fuori pasto per meglio sopportare le arsure estive. Sta di
    fatto che questo vino giovane, prodotto all’epoca di bassa gradazione alcoolica (dagli 8 ai 10 gradi),
    ebbe vasta diffusione nel napoletano talché nelle antiche e più rinomate taverne della Napoli prima
    spagnola e poi borbonica quali quelle: del Cerriglio: della Vicaiola: di Porta Capuana: di Florio a Chiaia
    e del Crispano, la bionda bevanda “scorreva a fiumi” con grande sussiego dei tavernari e grande gioia
    dei festosi chiassosi consumatori.
    A convalidare l’antichità di questo gradevole prodotto enologico va ricordato che da un “Assisa del
    vino” in data 15 febbraio 1640 risulta che il prezzo dell’Asprinio era di denari nove la caraffa, (la
    “caraffa” equivalente a trentatre once di liquido, poco meno di un litro).
    Questo tipico prodotto partenopeo che, forse, aveva in un certo qual modo colpito l’attenzione della
    moglie del Re Gioacchino Murat, portò la Regina Carolina a scrivere in una lettera: “Questa e la terra
    promessa, nella campagna si vedono festoni di viti attaccati agli alberi con sparsi grappoli di uva assai
    più belli di quelli che gli Ebrei portarono a Mosè. Spero che quanto ti dico ti ispiri il desiderio di venire
    a vedere questo paese, vale la pena di fare cinquecento leghe per vederlo.”
    Non si può escludere che la principessa napoleonica fosse stata attratta proprio dal vitigno Asprinio
    allevato secondo il sistema classico ad alberata, detto anche “Sistema Aversano”.
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    E poiché, se è vero, che tutto torna alle origini giova ricordare che dall’Asprinio si ottennero i primi
    spumanti secchi che, prodotti con le più pregiate uve dei Siti Reali dell’aversano, trovarono favorevole
    accoglienza nella vicina Francia.
    Pare che lo stesso Garibaldi lo abbia apprezzato in una rustica colazione dopo la battaglia del Volturno.
    Diversamente dagli altri il Redi evidenzia , con un certo dispregio, la caratteristica acidità del Vini
    Asprinio, definendolo “bevanda agreste”: ma, ricorda il Monelli, forse per ripicca a seguito di contrasti
    con l’Avvocato napoletano Francesco d’Andrea.
    Rendella, a sua volta, riferisce di un vino Asprinio facile a digerirsi, ma poco serbevole per cui ne
    consiglia il consumo prima dei forti calori estivi, raccomandandone la conservazione in grotte scavate
    nel tufo a profondità di 15-20 metri, affinché la temperatura si mantenga costantemente bassa. In queste
    cantine, tutt’ora esistenti, il vino si conserva bene e si presenta frizzante a causa dell’anidride carbonica
    che si svolge dalla fermentazione lenta che, favorita dall’ambiente fresco, si dissolve facilmente nella
    massa.
    Da rilevare, la testimonianza di Vincenzo Sammola, secondo il quale il maggior consumo di vino a
    Napoli era appannaggio del tipo rosso mentre “solo nell’estate avanzata” la preferenza era accordata al
    vino bianco “Asprinio di Aversa”.
    Nel 1839 nel suo “Corricolo”, interessante tra l’altro per una classificazione delle pizze d’epoca,
    Alessandro Dumas, definì l'Asprinio come l’unico vino capace di andar bene con la pizza e gli spaghetti.
    Il Bruno Bruno, invece lo definisce atto su lucci e anguille, riportando un giudizio di Veronelli, che è
    rimasto affascinato dall’Asprinio di Aversa:
    “Quando l’ho bevuto, mi sono emozionato. Ero in campagna da un contadino, dalle parti di Aversa, e
    quell’ Asprinio era eccezionalmente buono. Ben lavorato, fragile, elegante. Quello che i fa rabbia è la
    consapevolezza di non poterlo ritrovare. L’Asprinio di Aversa sarebbe un vino splendido se venisse
    valorizzato”.
    È questo è l’obbiettivo che si prefigge la proposta di conferimento della Denominazione di Origine
    Protetta per il vino “Asprinio di Aversa”, dare dignità ed un futuro ad un vino di grande pregio e
    tradizione.
  • base ampelografica dei vigneti: i vitigni idonei alla produzione del vino in questione sono quelli
    tradizionalmente coltivati nell’area di produzione
  • le forme di allevamento,i sesti di impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti, sono
    quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia
    per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della
    chioma.
  • le pratiche relative all’elaborazione dei vini sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la
    vinificazione dei vini bianchi e dei bianchi spumanti.
    B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente
    attribuibili all’ambiente geografico
    I vini di cui il presente disciplinare di produzione presentato, dal punto di vista analitico ed
    organolettico, caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6, che ne una chiara
    individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.
    In particolare i vini presentano caratteristiche chimico-fisiche equilibrate in tutte le tipologie, mentre al
    sapore e all’odore si riscontrano aromi prevalenti tipici dei vitigni.
    C) Descrizione all’interazione casuale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla
    lettera B).
    L’orografia pianeggiante del territorio di produzione e l’esposizione prevalente dei vigneti, orientati a
    sud, e localizzati in zone storicamnete vitate, concorrono a determinare un ambiente adeguatamente
    ventilato, luminoso, favorevole all’espletamente di tutte le funzioni vegeto-produttive della pianta.
    Nella scelta delle aree di produzione vengono privilegiati i terreni con buona esposizione adatti ad una
    viticoltura di qualità e ad una notevole tipicità.
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    La millenaria storia vitivinicola dell'area, come descritto al capoverso 2 è la fondamentale prova della
    stretta connessione ad interazione esistente fra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del
    vino “Asprinio”.
    Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei
    secoli, tramandato le tradizioni tecniche di coltivazione della vite, le quali nell’epoca moderna e
    contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso processo scientifico e tecnologico,
    fino ad ottenere gli attuali rinomati vini.
    La presenza stessa di una particolare forma di allevamento che prende il nome da quest'area (alberata
    aversana) e la conservazione di alcuni esemplari centenari di vite prefillossera sono la prova tangibile
    del rapporto storico culturale che lega questo vino al suo territorio.
    La DOC “ Aversa “ è stata riconosciuta con Decreto ministeriale del 31 luglio 1993.
    Articolo 9
    Riferimenti alla struttura di controllo
    Agroqualità S.p.A.
    Viale Cesare Pavese, 305 - 00144 ROMA
    Telefono +39 06 54228675
    Fax +39 06 54228692
    Website: www.agroqualita.it
    e-mail: agroqualita@agroqualita.it
    La Società Agroqualità è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle politiche agricole
    alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 64 della legge n. 238/2016, che effettua la verifica annuale
    del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 19, par. 1, 1°
    capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 20 del Reg. UE n. 34/2019, per i prodotti beneficianti della
    DOP, mediante una metodologia dei controlli combinata (sistematica ed a campione) nell’arco
    dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato
    articolo 19, par. 1, 2° capoverso.
    In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal
    Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 agosto 2018, pubblicato nella G.U. n. 253 del
    30.10.2018.
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