Bianco Capena Doc

Documento
Regione

Ministero delle politiche agricole
alimentari e forestali
DIPARTIMENTO DELLE POLITICHE COMPETITIVE,
DELLA QUALITÀ AGROALIMENTARE, IPPICHE E DELLA PESCA
DIREZIONE GENERALE PER LA PROMOZIONE DELLA QUALITÀ AGROALIMENTARE E DELL’IPPICA
UFFICIO PQAI IV
DISCIPLINARE DI PRODUZIONE DEI VINI A DENOMINAZIONE DI ORIGINE
CONTROLLATA
«BIANCO CAPENA»
Decisione di approvazione o modifica Pubblicazione
Approvato con DPR 19.05.1975 G.U. 292 - 05.11.1975
Modificato con DPR 22.06.1987 G.U. 301 - 28.12.1987
Modificato con DM 30.11.2011 G.U. 295 - 20.12.2011
Sito ufficiale Mipaaf - Qualità - Vini DOP e IGP
Modificato con DM 07.03.2014 Sito ufficiale Mipaaf - Qualità - Vini DOP e IGP
Articolo 1
Denominazione e vini
La denominazione di origine controllata “Bianco Capena” è riservata al vino bianco, anche nella
tipologia “Superiore”, che risponde alle condizioni e ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare di
produzione
Articolo 2
Base ampelografica
Il vino “Bianco Capena” deve essere ottenuto dalle uve provenienti dai vigneti composti dai
seguenti vitigni, nella percentuale appresso indicata:
Malvasia (di Candia, del Lazio e Toscana), da sole o congiuntamente, fino a un massimo del 55%;
Trebbiano (toscano, e giallo), da soli o congiuntamente, in misura non inferiore al 25%.
Possono concorrere inoltre alla produzione di detto vino le uve dei vitigni Bellone e Bombino
(localmente noto come uva di Spagna), da soli o congiuntamente, presenti fino a un massimo del
20%.
Articolo 3
Zona di produzione delle uve
Le uve devono essere prodotte nella zona di produzione appresso indicata che comprende tutto il
territorio amministrativo comunale di Capena e in parte quello di Fiano Romano, Morlupo e
Castelnuovo di Porto.
Tate zona è così delimitata:
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dall'incrocio dei confini di Capena e Fiano Romano, sull'ansa del fiume Tevere in località Bufaloria,
il limite prende verso nord-ovest lungo il confine di Capena sino a incontrare il fosso di Gramiccia,
risale tale corso d'acqua sino a incontrare, dopo circa 900 metri, il sentiero che segue verso nord
fino al fosso di Medallo all'altezza della Casaccia, risale tale fosso verso nord-est sino in prossimità
della quota 207 quindi segue verso nord-est una retta immaginaria passante per quota 207 e quota
227 (M. Belvedere) e verso nord sul proseguimento di tale retta raggiunge il sentiero che conduce a
quota 221, dopodiché in direzione ovest prosegue lungo il sentiero che successivamente piega verso
nord sino a raggiungere la strada per Fiano Romano in prossimità del km 2,400, prosegue lungo
quest'ultima verso nord sino a raggiungere il confine di Civitella S. Paolo in prossimità del km 3.
Da qui segue verso ovest il confine comunale di Civilella S. Paolo fino a incrociare quello di
Rignano Flaminio e quindi in direzione sud-ovest lungo quest'ultimo fino alla strada che passa a
ovest del M. Grugnanello, la segue verso sud per la località Vallelunga raggiungendo la strada
statale Flaminia in prossimità del km 31, segue poi tale strada, supera il C. Pino e quindi in
prossimità della quota 256 piega a ovest per la strada che attraversa Ia ferrovia. Dal punto d'incrocio
con la ferrovia segue una linea retta in direzione sud-ovest raggiungendo all'inizio l'impluvio
dell'affluente del fosso di S. Antonio che si immette in quest'ultimo in prossimità della località
Grotta Pagana quota 150, segue l'intero corso di tale affluente e poi verso sud per il fosso S.
Antonio fino a confluire nel fosso Costa Frigida all'altezza del M. di Cellano, supera la confluenza
per circa 150 metri sino a raggiungere quella del fosso che scorre a nord-est delle macchie di
Quartarelle risale lungo questo corso d'acqua e raggiunge il km 27 della via Flaminia. Dal km 27
prosegue verso Roma per un breve tratto fino a incontrare la strada che segue in direzione est per
M. Cardeto e quindi verso sud-est per il sentiero che raggiunge l'affluente del fosso di Chiarano,
segue tale corso d'acqua e quindi lo stesso fosso di Chiarano in direzione nord sino a incrociare
l'affluente che discende dal M. La Pera, proseguendo verso est per tale affluente e poi, in direzione
sud, per il sentiero che costeggia a ovest e a sud M. Fischio, sino a incrociare la strada che passa a
est di M. Fischio; prosegue per questa ultima verso sud sino al confine comunale di Riano quindi
lungo questi in direzione sud-est raggiunge la strada per Fiano Romano prossimità del km 12 e
lungo la medesima verso nord-est sino a incrociare il confine comunale di Capena. Prosegue verso
sud-est lungo quest'ultimo e poi verso nord raggiungendo il confine comunale di Fiano Romano da
dove la limitazione è partita
Articolo 4
Norme per la viticoltura
Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione del vino «Bianco Capena»
devono essere quelle tradizionali della zona e comunque atte a conferire alle uve e al vino derivato
le specifiche caratteristiche di qualità.
I sesti di impianto, le forme di allevamento e i sistemi di potatura devono essere quelli generalmente
usati o, comunque, atti a non modificare le caratteristiche delle uve e del vino.
E’ vietata ogni pratica di forzatura.
La resa massima di uva ammessa per la produzione del vino “Bianco Capena" non deve essere
superiore a 16 t/ha di uva per ettaro di coltura specializzata.
Fermo restando il limite massimo sopra indicato la resa per ettaro in coltura promiscua deve essere
calcolata, rispetto a quella specializzata, in rapporto all'effettiva superficie coperta dalla vite.
A detti limiti anche in annate eccezionalmente favorevoli la resa dovrà essere riportata attraverso
un'accurata cernita delle uve, purché la produzione non superi del 20% il limite massimo.
La Regione Lazio, con proprio decreto, sentite le organizzazioni di categoria interessate, di anno in
anno, prima della vendemmia, tenuto conto delle condizioni ambientali di coltivazione, può
modificare il limite massimo di produzione di uva per ettaro dandone immediata comunicazione
all’organismo di controllo incaricato.
La resa massima delle uve in vino non deve essere superiore al 70%.
Qualora la resa uva-vino superi i limiti sopra riportati l'eccedenza non avrà diritto alla DOC
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Articolo 5
Norme per la vinificazione
Le operazioni di vinificazione per il vino di cui all'articolo 1 devono essere effettuate nell'interno
della zona di produzione, delimitata nel precedente articolo 3.
Tuttavia, tenuto conto delle situazioni tradizionali di produzione, è consentito che tali operazioni
siano effettuate nell'intero territorio dei comuni anche se solo in parte compresi nella zona di
produzione delle uve.
Le uve destinate alla vinificazione del vino a denominazione di origine controllata “Bianco Capena”
devono assicurare il seguente titolo alcolometrico volumico naturale minimo:

  • “Bianco Capena”: 10,50% vol;
  • “Bianco Capena” Superiore: 11,50% vol.
    Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti, atte a conferire al
    vino le sue peculiari caratteristiche.
    Articolo 6
    Caratteristiche al consumo
    I vini a denominazione di origine controllata “Bianco Capena” all’atto dell’immissione al consumo
    devono rispondere alle seguenti caratteristiche:
    “Bianco Capena”:
  • colore: paglierino più o meno intenso;
  • odore: leggermente aromatico, fine, caratteristico;
  • sapore: asciutto (zuccheri riduttori fino a 4,00 g/l) o leggermente abboccato (zuccheri riduttori da
    4,01 a 20,00 g/l) caratteristico e gradevole;
    titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00%vol (12,00%vol per il Superiore);
  • acidità totale minima: 4,5 g/l;
  • estratto non riduttore minimo: 16,0 g/l.
    E' in facoltà del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali modificare i limiti
    dell'acidità totale e dell'estratto non riduttore minimo con proprio decreto.
    Articolo 7
    Designazione e presentazione
    Sulle bottiglie e altri recipienti contenenti vino «Bianco Capena» deve figurare l'indicazione
    dell'annata di produzione delle uve.
    Articolo 8
    Confezionamento
    Alla denominazione di cui all'articolo 1 è vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione non
    espressamente prevista dal presente disciplinare di produzione.
    Le indicazioni relative al contenuto di zuccheri riduttori, secco o asciutto, amabile debbono sempre
    figurare in etichetta.
    E’ consentito l'uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali o marchi privati,
    purché non abbiano significato laudativo e non siano tali da trarre in inganno l'acquirente nonché la
    indicazione di nomi di fattorie e di vigneti dai quali effettivamente provengono le uve da cui il vino,
    così qualificato, è stato ottenuto.
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    Articolo 9
    Legame con l’ambiente geografico
    A) Informazioni sulla zona geografica.
  1. Fattori naturali rilevanti per il legame.
    La zona geografica delimitata ricade nella parte centrale della regione Lazio, a nord di Roma in
    Provincia di Roma: l’area, che si estende per circa 7.500 ettari, comprende i rilievi collinari posti tra
    la valle del fiume Tevere ed il complesso del Vulcano Sabatino.
    L'aspetto geolitologico e morfologico che caratterizza l'intera regione a nord-ovest di Roma, è
    rappresentato dalla attività vulcanica dell'apparato Sabatino (detto distretto vulcanico Sabatino). Nel
    corso del Pleistocene si sono succedute a più riprese intense manifestazioni vulcaniche esplosive ed
    effusive da parte di diverse bocche crateriche, le quali hanno dato origine a diversi prodotti
    piroclastici e lavici. Lungo la valle del Tevere ed in corrispondenza delle incisioni dei corsi d'acqua
    minori affiorano invece terreni sedimentari, sia di ambiente marino che continentale. In generale i
    termini affioranti nell’area delimitata si possono ricondurre a tre unita geolitologiche: alluvioni
    attuali, vulcaniti Sabatine, formazioni sedimentarie terrigene. La prima unità, più recente, si
    riscontra lungo le zone di fondovalle alluvionale e pertanto in corrispondenza dei maggiori corsi
    d'acqua. I depositi alluvionali sono in prevalenza limo-sabbiosi e limo-argillosi ad elevato contenuto
    organico. L'unita vulcanica Sabatina comprende termini sia tufaceo-ignimbritici che lavici, alquanto
    differenziati per composizione, chimica, addensamento, cementazione e fatturazione. La terza unita
    è costituita da sedimenti di ambiente continentale, deposti in facies salmastre e fluvio-lacustri nel
    Pleistocene inferiore (Siciliano-Calabriano). È una formazione argillosa a cui fanno seguito in
    continuità stratigrafica, le argille marnose plioceniche di ambiente marino. Quest'ultima formazione
    rappresenta il riferimento basale di tutta la regione in virtù dello spessore e della notevole
    estensione areale.
    L’altitudine dei terreni coltivati a vite è compresa tra i 5 e i 400 m s.l.m.: l’esposizione generale è
    orientata verso ovest.
    Il clima dell’area è di tipo mediterraneo di transizione ed è caratterizzato da precipitazioni medie
    annue comprese tra i 822 ed i 1110 mm, con aridità estiva non molto pronunciata (pioggia 84-127
    mm) nei mesi estivi. Temperatura media piuttosto elevata compresa tra i 13,7 ed i 15,2°C: freddo
    poco intenso da novembre ad aprile, con temperatura media inferiore ai 10°C per 3-4 mesi l’anno e
    temperatura media minima del mese più freddo dell’anno che oscilla tra 3,4 e 4,0° C.
    La combinazione tra natura del terreno e fattori climatici fanno della zona delimitata come DOC
    Bianco Capena un territorio altamente vocato alla produzione di vini di pregio.
  2. Fattori umani rilevanti per il legame.
    Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata
    tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino “Bianco Capena”.
    La coltivazione della vite in Lazio ha origini antichissime, iniziata sicuramente dagli Etruschi,
    raggiunse un notevole progresso, favorito anche da evolute conoscenze tecniche e da materiale
    ampelografico di varia origine raccolto attraverso gli ampi rapporti commerciali di questo popolo.
    Gli Etruschi, che i romani chiamavano Tusci, abitavano la riva destra del Tevere ed arrivando dal
    nord della penisola si erano insediati nelle città di Veji (Veio), Caere (Cerveteri), Capena, Falerii
    Novi (Civita Castellana), Lucus Feroniae (nei pressi di Capena), Pyrgi (S.Severa), Sabate
    (Trevignano).
    La coltivazione della vite continuò ed ebbe maggiore espansione ad opera dei Romani, tanto che
    Virgilio, Orazione e Stradone, indicano il territorio sabino come terra d’elezione di boschi, oliveti e
    vigneti.
    Gli Satuti di Castelnuovo di Porto, emanati nel 1548, contengono Capitoli che regolamentavano la
    coltivazione della vite e la produzione del vino, nonché pene per i trasgressori.
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    Nei corso dei secoli la viticoltura ha mantenuto il ruolo importante nell’economia agricola del
    territorio contribuendo allo sviluppo sociale ed economico dell’area, come testimonia la Sagra
    dell’uva di Capena, la cui prima edizione risale al 1927.
    L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è in particolare riferita alla puntuale definizione
    dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di
    produzione:
  • base ampelografica dei vigneti: i vitigni idonei alla produzione del vino in questione, sono quelli
    tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata: la Malvasia di Candia, la Malvasia del
    Lazio, il Trebbiano toscano ed il Trebbiano giallo;
  • le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti,
    sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle
    viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione
    della chioma, permettendo di ottenere una adeguata superficie fogliare ben esposta e di contenere le
    rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare (112hl/ha);
  • le pratiche relative all’elaborazione dei vini, che sono quelle tradizionalmente consolidate in zona
    per la vinificazione di vini bianchi fermi, complessi ed equilibrati.
    B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente
    attribuibili all'ambiente geografico.
    La DOC “Bianco Capena” è riferita a due tipologie di vino bianco (“Bianco Capena” e “Bianco
    Capena Superiore”) che dal punto di vista analitico ed organolettico presentano caratteristiche molto
    evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara
    individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.
    Nello specifico il “Bianco Capena” ed il “Bianco Capena Superiore”, che si differenzia solamente
    per una maggiore gradazione alcolica, è un vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino
    più o meno intenso, odore leggermente aromatico con note floreali e fruttate, sapore secco o
    leggermente abboccato
    Al sapore il vino presenta un’acidità normale, un amaro poco percepibile, poca astringenza e buona
    struttura, che contribuiscono all’equilibrio gustativo.
    C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera
    B).
    L’orografia pianeggiante o dolcemente collinare dell’areale di produzione, e l’esposizione ad ovest,
    sudovest concorrono a determinare un ambiente arioso e luminoso, particolarmente vocato per la
    coltivazione dei vigneti del “Bianco Capena”.
    Anche la tessitura e la struttura chimico-fisica dei terreni interagiscono in maniera determinante con la
    coltura della vite, contribuendo all’ottenimento delle peculiari caratteristiche fisico chimiche ed
    organolettiche del “Bianco Capena”.
    In particolare, i terreni, di origini vulcanica derivanti da depositi vulcanici sia tufaceo-ignimbritici che
    lavici, alquanto differenziati per composizione, chimica, addensamento, cementazione e fatturazione o
    di origine alluvionale limo-sabbiosi, limo-argillosi o argillosi marnosi pliocenici di ambiente marino,
    presentano caratteristiche tali da renderli idonei ad una vitivinicoltura di qualità.
    Anche il clima dell’areale di produzione, caratterizzato da precipitazioni normali (mediamente 954
    mm), con sufficienti piogge estive (127 mm) ed aridità non molto pronunciata nei mesi estivi, da una
    buona temperatura media annuale (14,2°C), unita ad una temperatura elevata ed a una ottima
    insolazione, consente alle uve di maturare completamente contribuendo in maniera significativa alle
    particolari caratteristiche organolettiche del vino "Bianco Capena"
    In particolare, la combinazione tra le caratteristiche del terreno ed i fattori climatici, determina per i
    vini bianchi, la produzione di significative quantità di precursori aromatici che consentono di esaltare
    le caratteristiche organolettiche e i sentori tipici dei diversi vitigni
    La millenaria storia vitivinicola riferita alla terra dell’antica “Capena”, dagli Etruschi passando per i
    Romani, al medioevo, fino ai giorni nostri ed attestata da numerosi documenti, è la generale e
    fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e
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    le peculiari caratteristiche del “Bianco Capena”.
    Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei
    secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca
    moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico
    e tecnologico, fino ad ottenere i rinomati vini “Bianco Capena”, le cui peculiari caratteristiche sono
    descritte all’articolo 6 del disciplinare.
    In particolare la presenza della viticoltura nella zona del “Bianco Capena” è attestata fin dall’epoca
    degli Etruschi, in molti reperti dei georgici latini.
    Gli Statuti di Castelnuovo, emanati nel 1548, regolamentavano l’ordinamento della Comunità su cui
    era basata la vita sociale, economica, religiosa, agricola e pastorale. Diversi Capitoli degli Statuti
    trattano della vite e del vino a testimonianza dell’importanza che anche allora rivestiva la
    vitivinicoltura.
    La coltura della vite passò indenne attraverso i secoli bui, tanto che nel 1703 il Piazza in La
    Gerarchia cardinalizia, riporta per Castelnuovo “l'amenità del sito, in un colle assai eminente al
    Territorio, che gli soggiace d'intorno; la fertilità del terreno di vino, ...”; nel1857 il Palmieri nella
    Topografia statistica dello stato pontificio, riporta “l’olio di Fiano è squisito, e così il vino..”,
    Leprignano (l’odierna Capena) “ha un territorio feracissimo di grano, olio, vino eccellente..”,
    “Morlupo fornisce asssai grano, ed un esquisito e dolce vino, per la situazione delle vigne
    bellissime su tutte colline esposte al sole.”
    Negli Atti della Giunta per la Inchiesta Agraria e sulle condizioni della classe agricola (1883), a
    conferma dell’importanza che la viticoltura ha nella zona delimitata, si riporta, ..a Leprignano la
    vigna nel colle vale 7000 lire l’ettaro contro le 70 di Farnese e nel piano 8000 come a Marino.
    La storia recente, a causa della chiusura della Cantina sociale Feronia, è caratterizzata da una
    situazione di stasi della denominazione, che nonostante l’impianto di nuovi vigneti e la nascita di
    nuove aziende non riesce ancora ha riconquistare appieno la notorietà passata.
    Articolo 10
    Riferimenti alla struttura di controllo
    Nome e Indirizzo: Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura di Roma
    Via Appia Nuova 218 – 00179 Roma
    Telefono 06/52082699 - Fax 06/52082494;
    e-mail: lcm.amministrazione@rm.camcom.it
    La C.C.I.A.A. di Roma è l’Autorità pubblica designata dal Ministero delle politiche agricole
    alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 64 della legge n. 238/2016, che effettua la verifica
    annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 19,
    par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 20 del Reg. UE n. 34/2019, per i prodotti
    beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli combinata (sistematica ed a
    campione) nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento),
    conformemente al citato articolo 19, par. 1, 2° capoverso.
    In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli,
    approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 agosto 2018, pubblicato
    nella G.U. n. 253 del 30.10.2018.
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