Casavecchia di Pontelatone Doc

Documento
Regione

Ministero delle politiche agricole
alimentari e forestali
DIPARTIMENTO DELLE POLITICHE COMPETITIVE,
DELLA QUALITÀ AGROALIMENTARE, IPPICHE E DELLA PESCA
DIREZIONE GENERALE PER LA PROMOZIONE DELLA QUALITÀ AGROALIMENTARE E DELL’IPPICA
UFFICIO PQAI IV
DISCIPLINARE DI PRODUZIONE DEI VINI A DENOMINAZIONE DI ORIGINE
CONTROLLATA
"CASAVECCHIA DI PONTELATONE"
Decisione di approvazione o modifica Pubblicazione
Approvato con DM 08.11.2011 G.U. 278 del 29.11.2011
Modificato con DM 30.11.2011 G.U. 295 del 20.12.2011
Sito ufficiale Mipaaf - Qualità - Vini DOP e IGP
Modificato con DM 07.03.2014 Sito ufficiale Mipaaf - Qualità - Vini DOP e IGP
Articolo 1
Denominazioni e vini
La denominazione di origine controllata “Casavecchia di Pontelatone " è riservata ai vini che
rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare di produzione per le
seguenti tipologie:
rosso e riserva.
Articolo 2
Base ampelografica
La denominazione d'origine controllata di cui all'art. 1 è riservata ai vini ottenuti da uve provenienti
da vigneti aventi, nell’ambito aziendale, la seguente composizione varietale: “Rosso” e “riserva”:
Casavecchia n. minimo 85%; possono concorre altri vitigni a bacca rossa non aromatici idonei alla
coltivazione per la Regione Campania, fino a un massimo del 15%;
Articolo 3
Zona di produzione delle uve
La zona di origine delle uve idonee a produrre il vino DOC “Casavecchia di Pontelatone”
comprende l’intero territorio amministrativo del comune di Liberi e Formicola e parte dei comuni di
Pontelatone, Caiazzo, Castel di Sasso, Castel Campagnano, Piana di Monte Verna e Ruviano, tutti
in provincia di Caserta.
Fisicamente i confini sono così individuati:
Partendo da nord dall’intersezione tra il limite amministrativo del comune di Ruviano e la strada
comunale San Domenico in località Composto, si prosegue in direzione Sud, fino al centro abitato
di Ruviano. Da qui si prosegue con la ex strada statale 87 e successivamente con la Strada
Provinciale Castel Campagnano – Piana di Monte Verna fino all’incrocio con la ex strada Statale
87. Da detto incrocio si prosegue verso Ovest con la Strada Provinciale 264 Piana di Monte Verna –
Trifilisco fino in località Barignano, Taverna Nuova, raggiungendo successivamente il confine
amministrativo dei comuni di Pontelatone, Formicola, di nuovo Pontelatone, Liberi, chiazzo e
Ruviano terminando con il ricongiungimento con la strada comunale San Domenico in località
Composto.
Articolo 4
Norme per la viticoltura
Condizioni naturali dell'ambiente.
Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione del vino “Casavecchia di
Pontelatone” devono essere quelle tradizionali della zona e comunque atte a conferire alle uve e al
vino derivato le specifiche caratteristiche di qualità.
Sono pertanto da considerarsi idonei i vigneti collinari o comunque di giacitura ed esposizioni
adatte, con esclusione di quelli impiantati su terreni di fondovalle e/o umidi e/o non
sufficientemente soleggiati.
Densita' di impianto.
I sesti d’impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura devono essere razionali e tali da
non modificare le caratteristiche peculiari dell’uva e del vino. I nuovi impianti e reimpianti devono
rispondere a moderne tecniche colturali e prevedere un numero di ceppi per ettaro non inferiore a
2.500 ceppi. Per I nuovi impianti e reimpianti è vietata l’adozione di forme di allevamento
orizzontali. E’ vietata ogni pratica di forzatura e altresì consentito effettuare irrigazioni di soccorso,
prevedendo impianti di irrigazione.
Resa a ettaro e gradazione minimale naturale.
La produzione massima di uve ammesse per i vini "Casavecchia di Pontelatone” per ettaro di
coltura specializzata, non deve essere superiore, e il titolo alcolometrico volumico naturale dei
mosti non deve essere inferiore ai sottoelencati limiti:
DENOMINAZIONE PROD. MAX TITOLO ALCOL.
CASAVECCHIA DI UVA/HA TON. MIN. NAT. (VOL%)
PONTELATONE
ROSSO 9 11,50
RISERVA 9 12,00
Nelle annate più favorevoli le quantità di uve destinante alla produzione dei vini a denominazione
di origine controllata Casavecchia di Pontelatone devono essere riportate ai limiti massimi di cui
sopra, purchè le resa unitaria non superi per più del 20 % i limiti stessi. Superata la percentuale del
20%, tutta la produzione decade dal diritto alla rivendicazione della denominazione di origine.
La Regione Campania, con proprio decreto, sentite le organizzazioni di categoria interessate, prima
della vendemmia può modificare i limiti massimi di resa unitaria ed il titolo alcolometrico volumico
minimo naturale in conformità alle norme di legge.
Articolo 5
Norme per la vinificazione
Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti, atte a conferire al
vino le sue peculiari caratteristiche varietali e territoriali.
Zona di vinificazione.
Le operazioni di vinificazione, di invecchiamento e di imbottigliamento dei vini a denominazione di
origine controllata “Casavecchia di Pontelatone” possono essere effettuate nell’ambito dell’intera
provincia di Caserta e nel territorio amministrativo del comune di Amorosi in provincia di
Benevento.
Conformemente all’art. 8 del Reg. CE n. 607/2009, l’imbottigliamento o il condizionamento deve
aver luogo nella predetta zona geografica delimitata per salvaguardare la qualità o la reputazione o
garantire l’origine o assicurare l’efficacia dei controlli.
Arricchimento.
L'aumento del titolo alcolometrico è consentito ai sensi delle norme vigenti e solo per la tipologia
rosso.
Resa uva/vino.
La resa massima delle uve in vino non deve essere superiore al 70%. Qualora la resa uva/vino
superi il limite di cui sopra, ma non oltre il 5% del vino totale finito, l’eccedenza non ha diritto alla
denominazione di origine controllata e garantita. Oltre detto limite del 5% sul vino totale finito,
decade il diritto alla denominazione di origine controllata e garantita per tutta la partita.
Invecchiamento.
lì vino a denominazione di origine controllata “Casavecchia di Pontelatone” deve essere sottoposto
a un periodo minimo di invecchiamento obbligatorio di due anni di cui almeno uno in legno. Per la
tipologia “riserva” l’invecchiamento deve essere di non meno di tre anni di cui almeno 18 mesi in
legno. Il periodo di invecchiamento decorre dal primo Novembre dell’anno della vendemmia.
Articolo 6
Caratteristiche al consumo
Il vino a denominazione di origine controllata “Casavecchia di Pontelatone” all’atto
dell’immissione al consumo deve rispondere alle seguenti caratteristiche:

  • colore: Rosso rubino più o meno intenso, tendente al granato con l’invecchiamento
  • odore: intenso, persistente, caratteristico
  • sapore: secco, sapido, giustamente tannico, morbido e di corpo
  • titolo alcolometrico volumico minimo totale: rosso 12,50% Vol, riserva 13,00%Vol.
  • acidità totale minima: 5,0 g/l;
  • estratto non riduttore minimo: 26,0 g/l.
    È facoltà del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, con proprio decreto, stabilire
    limiti minimi diversi per l’acidità totale e l’estratto non riduttore.
    Articolo 7
    Designazione e presentazione
    E’ vietato usare assieme alla denominazione di origine controllata “Casavecchia di Pontelatone”
    qualsiasi qualificazione aggiuntiva diversa da quelle previste nel presente disciplinare di
    produzione, ivi compresi gli aggettivi “superiore”, “extra”, “fine”, “selezionato” e similari.
    È consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati non
    aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno l’acquirente.
    Le indicazioni tendenti a specificare l’attività agricola dell’imbottigliatore quali “viticoltore”,
    “fattoria”, “tenuta”, “podere”, “masseria” ed altri termini similari sono consentite in osservanza
    delle disposizioni Comunitarie e Nazionali in materia.
    La menzione “vigna” o I suoi sinonimi, seguita dal relativo toponimo o nome tradizionale può
    essere utilizzata nella presentazione e designazione dei vini DOP ottenuti dalla superficie vitata che
    corrisponde al toponimo, purchè sia rivendicata nella denuncia annuale di produzione delle uve.
    Sulle bottiglie o altri recipienti contenenti il vino Doc “Casavecchia di Pontelatone” deve figurare
    obbligatoriamente l’indicazione dell’annata di produzione delle uve.
    Nella designazione e presentazione del vino Doc “Casavecchia di Pontelatone” la specificazione di
    tipologia “riserva” deve figurare al di sotto della dicitura “denominazione di origine controllata” ed
    essere scritta in caratteri di dimensioni non superiori a quelli utilizzati per la denominazione di
    origine “Casavecchia di Pontelatone”.
    Articolo 8
    Confezionamento
    Il vino a Doc “Casavecchia di Pontelatone” deve essere immesso al consumo in bottiglia o altri
    recipienti di vetro di capacità non superiore a 5 litri. I recipienti devono essere di forma bordolese,
    di vetro scuro, chiusi con tappo di sughero e, per quanto riguarda l’abbigliamento, confacenti ai
    tradizionali caratteri di un vino di particolare pregio.
    E’ ammesso per le bottiglie di contenuto inferiore e/o uguale a 0.200 litri il tappo a vite e/o strappo.
    Articolo 9
    Legame con l’ambiente geografico
    A) Informazioni sulla zona geografica
    Fattori storici
    La storia popolare, molto diffusa nelle persone del luogo, vuole che il Casavecchia abbia avuto
    origine da seme, nei pressi di un antico rudere del quale esistono ancora oggi i muri perimetrali, sito
    nei pressi della vecchia masseria denominata “Ciesi”, nel comune di Pontelatone a pochi passi dal
    braccio entroterra dell’antichissima via latina che dall’antica Capua portava ad Alife.
    Secondo il detto popolare fu un certo Scirocco Prisco, nato a Pontelatone nel 1875 e ivi morto nel
    1962 (Archivio dell’Interdiocesi di Caiazzo) a rinvenire verso la fine del XIX secolo, nei pressi del
    citato rudere (di sua proprietà) la prima vite di Casavecchia. Egli stesso iniziò a riprodurla per
    propaggine e da qui si diffuse nei vicini comuni di Castel di Sasso, Formicola e Liberi. Sembra che
    la gente del posto iniziò a dire in gergo dialettale “l’uva e chella casa vecchia” da cui derivò il
    toponimo Casavecchia.
    Da colloqui con i due figli ancora in vita del Prisco Scirocco, Guarino e Giuseppina, nati
    rispettivamente nel 1930 e nel 1923 a Pontelatone, sembra che suo padre trovò all’età di circa 25
    anni, (quindi intorno al 1900) realmente la prima vite di Casavecchia nel posto indicato dalla
    leggenda e che al momento del rinvenimento avesse già un’età consistente (diametro del fusto di
    almeno 40 cm). Le testimonianze di Scirocco Giuseppina e di Scirocco Guarino mettono fortemente
    in discussione l’attendibilità del detto popolare, proprio perché secondo loro, il padre trovò la prima
    vite Casavecchia che aveva già un’età consistente, pertanto non si può essere certi del fatto che sia
    nata effettivamente da seme, per la mancanza di documenti storici e di testimonianze attendibili in
    merito.
    Le ipotesi alternative al detto popolare potrebbero essere diverse, si potrebbe pensare realmente ad
    una vite nata da seme molto tempo prima del suo rinvenimento, ma anche all’ipotesi secondo la
    quale una popolazione del vitigno Casavecchia già era diffusa nella zona e che nei pressi del
    vecchio rudere un unica pianta sia sfuggita all’abbandono e alla successiva estinzione.
    La seconda delle suddette ipotesi sembra trovare un importantissimo riscontro con avvenimenti
    storici accuratamente documentati. Secondo le ricerche dei geologi, infatti, oltre al periodo freddo
    umido del tardo-antico tra V e VIII sec., il bacino del mediterraneo sarebbe stato interessato da un
    altro grande ciclo freddo-umido tra il XVI e la metà del XIX sec.; in Campania questo secondo
    ciclo si può ritenere concluso dalla epidemia di oidio che nel 1851 colpì la viticoltura,
    danneggiando e talvolta distruggendo vigneti ed arbusteti, non solo in una vasta area intorno al
    golfo di Napoli, le isole, il Vesuvio e la pianura campana, ma dilagando anche nelle limitrofe aree
    regionali (Guadagno G., 1997).
    Come recita la relazione presentata alla Reale Accademia delle Scienze nel 1851 dalla commissione
    appositamente costituita «... in provincia di terra di lavoro... Il male passava di là dai monti che
    circondano la pianura campana alle provincie limitrofe…».
    Se si fa riferimento alla predetta relazione che rappresenta l’area interessata dalla epidemia oidica
    che nel 1851 colpì la Campania, si nota che la zona in cui oggi è diffuso il vitigno Casavecchia fu
    interessata da tali vicende storiche. Valutando le testimonianze dei due figli del Prisco Scirocco, tra
    l’altro molto più attendibili del detto popolare, si capisce che le origini di quella prima vite di
    Casavecchia sono antecedenti all’infestazione oidica del 1851. Appare chiaro che esiste una
    indubbia ed inequivocabile collimazione geografica oltre che temporale tra la documentata
    relazione sull’infestazione oidica del 1851 e i fatti emersi dalle testimonianze dei due figli del
    Prisco Scirocco, per questo è possibile quanto spontaneo rafforzare l’ipotesi secondo la quale una
    popolazione del vitigno Casavecchia già era diffusa nell’area in studio o addirittura in Terra di
    lavoro ancor prima del XIX secolo e che il periodo di freddo umido prima e l’infestazione oidica
    del 1851 poi, abbiano portato ad una sua estinzione; così la pianta (già vecchia) trovata verso la fine
    del XIX secolo sarebbe stata l’unica superstite di quella popolazione per cause ancora tutte da
    chiarire.
    Fattori naturali
    Risalendo il fiume Volturno, appena a nord di Capua, la piatta morfologia della Conca Campana è
    interrotta da una serie di rilievi che possono essere raggruppati in due gruppi montuosi, culminanti a
    nord nel Monte Maggiore (m 1037 s.l.m.) ed a sud nel Monte Tifata (m 602 s.l.m.). Questi, separati
    tra loro dal corso del fiume Volturno, si elevano dalla piana casertana con un contrasto morfologico
    che è reso ancor più evidente dall’assenza quasi totale di coltre detritica pedemontana.
    I rilievi settentrionali, di grossolana forma quadrangolare, presentano una tettonica plio-quaternaria,
    caratterizzata da faglie dirette con prevalente orientamento appenninico ed è l’elemento
    morfogenetico più importante dell’area.
    Il territorio in studio è compreso proprio tra il massiccio del Monte Maggiore e i Monti tifatini.
    I suoli agricoli pianeggianti dei comuni di Pontelatone e di Castel di Sasso (comuni confinanti),
    sono chiusi ad ovest da una monoclinale costituita dal Monte Pozzillo (m 535 s.l.m.) e dal Monte
    grande (m 367 s.l.m.) che dal M. Maggiore in direzione appenninica raggiunge il M. Tifata,
    separata da quest’ultimo solo dal corso del fiume Volturno. A nord-est i suoli in oggetto sono chiusi
    da un’altra dorsale, costituita principalmente dal Monte Maiulo (m 430 s.l.m.), dal M. Fallano (m
    318 s.l.m.) e dal M. Friento (m 730 s.l.m.) (foglio n° 172 della carta d’Italia. I.G.M.)
    A nord-est dei Monti tifatini, in corrispondenza della zona collinare del comune di Castel di Sasso,
    la morfologia si fa più dolce: trattasi di tipi litologici poco coerenti che subiscono intensamente
    l’azione erosiva delle acque superficiali (Celico et al., 1977). Sia nel comune di Castel di Sasso che
    in quello di Pontelatone, i suoli agricoli presenti possono essere distinti in tre tipi principali: suoli
    detritici alluvionali; suoli di natura piroclastica; suoli arenaceo-argillosi. Nei primi, a ridosso del
    Fiume Volturno, si ha una disordinata alternanza di terreni ad eterogenea granulometria, costituiti
    da sabbie, limi, lenti di ghiaie poligeniche e da minuto detrito calcareo in vicinanza dei rilievi.
    Presentano permeabilità per porosità, globalmente bassa, ma puntualmente variabile in funzione
    della granulometria (Celico et al., 1977).
    I suoli piroclastici, occupano la parte valliva e pianeggiante dei rispettivi comuni di Pontelatone e di
    Castel di Sasso, dai terreni alluvionali a ridosso del fiume Volturno si spingono fino alla parte
    collinare, occupando così un’area abbastanza estesa. In profondità presentano Ignimbrite
    Trachifonolitica, costituita da un compatto ammasso di pomici, scorie e lapilli, in prevalente matrice
    cineritica, in superficie piroclastiti sciolte (Celico et al., 1977).
    La parte collinare del comune di Pontelatone che abbraccia il Monte Friento con le comunicanti
    colline di Castel di Sasso che a partire dalla parte valliva si spingono fino a Piana di Monte Verna e
    a Caiazzo, presentano suoli di tipo arenaceo-argillosi, costituiti da argille, arenarie arcosico-litiche,
    ricche di frammenti argillosi, lembi di argille varicolori, frequenti e, talvolta voluminosi, esotici
    carbonatici. Questi suoli hanno una bassa permeabilità per l’esiguo lume dei pori; solo nei terreni
    arenacei sussiste una modesta permeabilità per fratture (Celico et al., 1977).
    La temperatura media annua è di 15,6°C, la media annua delle minime è di 10,93°C, mentre la
    media annua delle massime è di 20,21°C. I mesi più freddi sono gennaio e febbraio con temperature
    medie delle minime di 4,8°C e di 4,7°C, quello più caldo è agosto con una temperatura media delle
    massime di 30,17°C. L’escursione termica diurna è massima nel mese di luglio (11,45°C), minima
    nel mese di dicembre (6,28°C).
    La precipitazione media annua è di 970 mm; nei mesi autunno-invernali-primaverili si ha la
    massima concentrazione delle piogge: da ottobre a marzo ne cadono infatti mediamente ben 736,6
    mm sui 970 totali (il 76 %). Il mese più piovoso è novembre con una piovosità media di 148,3 mm,
    quello meno piovoso è agosto con una media di 15,9 mm di pioggia caduta.
    Per quanto riguarda l’umidità relativa la media annua delle minime mensili è del 52,37 %, la media
    annua delle massime mensili è del 91,48 %, la media annua è del 66,11 %. I mesi più umidi sono
    novembre e dicembre con le rispettive umidità relative medie del 76,8 % e del 76,3 %, quelli meno
    umidi sono giugno e agosto con le rispettive umidità relative medie del 67,57 % e del 67,56%.
    Si noti che nel periodo coincidente con la fase finale della maturazione dell’uva “Casavecchia”
    (settembre-ottobre), si ha un notevole livello di umidità relativa: del 74,15 % nel mese di settembre;
    del 73 % nel mese di ottobre.
    Fattori umani
    Le diverse etnie e popoli che in esso si sono succedute, hanno avuto sicuramente i loro effetti sul
    tipo di viticoltura esistente. L’intera area ha conservato una base ampelografica molto interessante,
    come è interessante notare che l’Aglianico pur essendo il vanto della odierna viticoltura campana,
    sia poco diffuso. Probabilmente nella zona considerata ci sono sempre stati antichi vitigni autoctoni
    della Campania come il Casavecchia o anche il Piedirosso, che hanno costituito sin dall’antichità la
    vera base ampelografica locale, alla quale la gente del posto è stata sempre molto legata. Anche
    nell’ottica di una modernizzazione e razionalizzazione della viticoltura esistente, non si deve
    assolutamente compiere l’errore di stravolgere il quadro ampelografico della zona, perché frutto di
    scelte e di esperienze ultrasecolari.
    B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente
    attribuibili all'ambiente geografico.
    I vini di cui al presente disciplinare di produzione presentano, dal punto di vista analitico ed
    organolettico, caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6, che ne permettono
    una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.
    In particolare tutti i vini presentano caratteristiche chimico-fisiche equilibrate in tutte le tipologie,
    mentre al sapore e all’odore si riscontrano aromi prevalenti tipici dei vitigni prevalentemente
    autoctoni.
    C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla
    lettera B).
    L’orografia del territorio di produzione e l’esposizione prevalente dei vigneti, localizzati in zone
    particolarmente vocate alla coltivazione della vite, concorrono a determinare un ambiente
    adeguatamente ventilato, luminoso, favorevole all’espletamento di tutte le funzioni vegeto-
    produttive della pianta.
    Nella scelta delle aree di produzione vengono privilegiati i terreni con buona esposizione adatti ad
    una viticoltura di qualità.
    Articolo 10
    Riferimenti alla struttura di controllo
    Agroqualità S.p.A.
    Viale Cesare Pavese, 305 - 00144 ROMA
    Telefono +39 06 54228675
    Fax +39 06 54228692
    Website: www.agroqualita.it
    e-mail: agroqualita@agroqualita.it
    La Società Agroqualità è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle politiche agricole
    alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 64 della legge n. 238/2016, che effettua la verifica
    annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 19, par.
    1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 20 del Reg. UE n. 34/2019, per i prodotti beneficianti
    della DOP, mediante una metodologia dei controlli combinata (sistematica ed a campione) nell’arco
    dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato
    articolo 19, par. 1, 2° capoverso.
    In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli,
    approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 agosto 2018, pubblicato nella
    G.U. n. 253 del 30.10.2018.