Emilia-Romagna Doc

Documento
Regione

Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
DIQPAI
DGPQA – Uff. Pqa 4
DISCIPLINARE DI PRODUZIONE DELLA DENOMINAZIONE DI ORIGINE
CONTROLLATA
“EMILIA-ROMAGNA”
Decisione di approvazione o modifica Pubblicazione
Approvato con Reg. UE di esecuzione G.U.U.E. – Serie L del 18/12/2023
n.2023/2824 del 11/12/2023
Articolo 1
Denominazione e vini

  1. La Denominazione di Origine Controllata “Emilia-Romagna” è riservata ai vini che rispondono alle
    condizioni e ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:
    “Emilia-Romagna” Pignoletto (categoria vino)
    “Emilia-Romagna” Pignoletto frizzante (categoria vino frizzante)
    “Emilia-Romagna” Pignoletto spumante (categorie vino spumante, vino spumante di qualità);
    “Emilia-Romagna” Pignoletto passito (categoria vino);
    “Emilia-Romagna” Pignoletto vendemmia tardiva (categoria vino).
    Articolo 2
    Base ampelografica
  2. I vini a Denominazione di Origine Controllata “Emilia-Romagna” devono essere ottenuti da uve
    provenienti da vigneti costituiti dal vitigno Pignoletto almeno per l’85%.
    Possono concorrere alla produzione di detti vini anche le uve dei vitigni a bacca di colore analogo,
    idonei alla coltivazione nella regione Emilia-Romagna, presenti nei vigneti in ambito aziendale, da soli
    o congiuntamente, fino ad un massimo del 15%; in tale ambito del 15% possono concorrere le uve dei
    vitigni Pinot nero e/o Pinot grigio vinificate in bianco.
    Articolo 3
    Zona di produzione delle uve
  3. La zona di produzione delle uve della DOC “Emilia Romagna” comprende l’intero territorio
    amministrativo dei Comuni sotto indicati:
    Provincia di Bologna:
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    Anzola dell’Emilia, Argelato, Bentivoglio, Bologna, Borgo Tossignano, Budrio, Calderara di Reno,
    Casalecchio di Reno, Casalfiumanese, Castel Guelfo di Bologna, Castel Maggiore, Castel San Pietro
    Terme, Castello D’Argile, Castenaso, Crevalcore, Dozza, Fontanelice, Granarolo dell’Emilia, Imola,
    Loiano, Marzabotto, Medicina, Minerbio, Monte San Pietro, Monterenzio, Monzuno, Mordano,
    Ozzano dell’Emilia, Pianoro, Pieve di Cento, Sala Bolognese, San Giorgio di Piano, San Giovanni in
    Persiceto, San Lazzaro di Savena, San Pietro in Casale, Sant’Agata Bolognese, Sasso Marconi,
    Valsamoggia, Zola Predosa.
    Provincia di Modena:
    Bastiglia, Bomporto, Campogalliano, Camposanto, Carpi, Castelfranco Emilia, Castelnuovo Rangone,
    Castelvetro di Modena, Cavezzo, Concordia sul Secchia, Finale Emilia, Fiorano Modenese, Formigine,
    Guiglia, Maranello, Marano sul Panaro, Medolla, Mirandola, Modena, Nonantola, Novi di Modena,
    Prignano sul Secchia, Ravarino, S. Cesario sul Panaro, S. Felice sul Panaro, S. Possidonio, S.Prospero
    sul Secchia, Sassuolo, Savignano sul Panaro, Serramazzoni, Soliera, Spilamberto, Vignola, Zocca.
    Provincia di Ravenna:
    Faenza, Brisighella, Riolo Terme, Castel Bolognese.
    Articolo 4
    Norme per la viticoltura
  4. Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini a Denominazione
    di Origine Controllata “Emilia-Romagna” devono essere quelle tipiche della zona di produzione, e
    comunque atte a conferire alle uve ed ai vini le specifiche caratteristiche di qualità.
  5. I sesti di impianto ed i metodi di potatura devono essere quelli tradizionali della zona e comunque
    atti a non modificare le caratteristiche delle uve e dei vini.
  6. È vietata ogni pratica di forzatura ed è consentita l’irrigazione di soccorso.
  7. La produzione massima di uva per ettaro dei vigneti in coltura specializzata destinati alla produzione
    dei vini a Denominazione di Origine Controllata “Emilia-Romagna” non deve essere superiore a 21
    t/ha ed il rispettivo titolo alcolometrico volumico naturale minimo deve essere del 9% vol.
  8. Nelle annate favorevoli i quantitativi di uve ottenuti e da destinare alla produzione dei vini a
    Denominazione di Origine Controllata “Emilia-Romagna” devono essere riportati nei limiti di cui al
    precedente comma purché la produzione globale non superi del 20% i limiti medesimi. Oltre detto
    limite percentuale decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutte le uve prodotte.
    Tale supero potrà essere impiegato per la produzione dei vini IGT di ricaduta, se ne possiede le
    caratteristiche.
  9. Per la gestione della denominazione si applicano le vigenti disposizioni nazionali.
    Articolo 5
    Norme per la vinificazione
    1 Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche locali, leali e costanti atte a
    conferire al vino le sue peculiari caratteristiche.
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  10. Le operazioni di vinificazione delle uve destinate alla produzione dei vini a Denominazione di
    Origine Controllata “Emilia-Romagna”, ivi comprese le operazioni di elaborazione dei vini spumanti
    e frizzanti, devono essere effettuate nella zona di cui all’art. 3. Tuttavia, tenuto conto delle situazioni
    tradizionali di produzione, è consentito che tali operazioni siano effettuate in stabilimenti situati
    nell’intero territorio amministrativo delle Provincie di Modena, Bologna, Ravenna, Forlì-Cesena,
    Reggio Emilia.
  11. Conformemente alla normativa nazionale e dell’Unione europea l’imbottigliamento dei vini a
    Denominazione di Origine Controllata “Emilia-Romagna” deve essere effettuato all’interno del
    territorio delimitato di cui al precedente capoverso, ed è motivato dall’esigenza di salvaguardare la
    qualità dei vini, garantire l’origine ed assicurare la tempestività, l’efficacia ed economicità dei controlli.
    Infatti, il trasporto e l’imbottigliamento al di fuori della zona di produzione possono compromettere la
    qualità del vino a Denominazione di Origine Controllata “Emilia-Romagna”, che viene esposto a
    fenomeni di ossidoriduzione, sbalzi di temperatura e contaminazioni microbiologiche, che possono
    generare effetti negativi sulle caratteristiche chimico-fisiche (acidità totale minima, estratto non
    riduttore minimo, ecc.) e organolettiche (colore, odore e sapore).
    Detti rischi sono tanto maggiori quanto più grande è la distanza percorsa.
    L’imbottigliamento nella zona di origine, con l’assenza di spostamenti delle partite di vino, o con
    minimi spostamenti, consente invece di mantenere inalterate le caratteristiche e le qualità del prodotto.
    Questi aspetti, associati all’esperienza e la profonda conoscenza tecnico-scientifica delle qualità
    particolari dei vini, maturata negli anni dai produttori della Denominazione di Origine Controllata
    “Emilia-Romagna”, consentono di effettuare l’imbottigliamento nella zona di origine con le migliori
    accortezze tecnologiche, volte a preservare tutte le caratteristiche fisiche, chimiche e organolettiche dei
    vini previste dal disciplinare.
    L’imbottigliamento in zona di produzione si prefigge altresì di assicurare il controllo, da parte del
    competente Organismo, con la massima efficienza, efficacia ed economicità; requisiti che non possono
    essere forniti in egual misura al di fuori della zona di produzione.
    Infatti, l’Organismo di controllo può programmare, nella zona di produzione, con la massima
    tempestività, le visite ispettive presso tutte le Ditte interessate al momento dell’imbottigliamento del
    vino a Denominazione di Origine Controllata “Emilia-Romagna”, in conformità al relativo piano dei
    controlli. Ciò al fine di accertare in maniera sistematica che soltanto le partite di vino a Denominazione
    di Origine Controllata “Emilia-Romagna”, siano effettivamente imbottigliate, conseguendo così i
    migliori risultati in termini di efficacia dei controlli, nonché ad un costo contenuto a carico dei
    produttori, con il fine di offrire al consumatore la massima garanzia in merito all’autenticità del vino
    confezionato.
    Inoltre, ai sensi della vigente normativa nazionale, a salvaguardia dei diritti precostituiti, è consentito
    che le imprese imbottigliatrici interessate possono ottenere la deroga per continuare l'imbottigliamento
    nei propri stabilimenti siti al di fuori della zona delimitata, a condizione che presentino apposita istanza
    al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, allegando idonea documentazione atta a
    comprovare l'esercizio dell'imbottigliamento del vino in questione per almeno due anni, anche non
    continuativi, nei cinque anni precedenti l’approvazione della Denominazione di Origine Controllata
    “Emilia-Romagna”.
  12. Fatta eccezione per la tipologia “Emilia-Romagna” Pignoletto passito e vendemmia tardiva, la resa
    massima dell’uva in vino finito non deve essere superiore al 70% per tutti i vini a Denominazione di
    Origine Controllata “Emilia-Romagna”. Qualora la resa uva/vino superi detto limite ma non il 75%,
    l’eccedenza non avrà diritto alla Denominazione di Origine Controllata “Emilia-Romagna” e potrà
    essere rivendicata a IGT. Oltre il 75% decade il diritto alla denominazione di origine controllata per
    tutto il prodotto.
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  13. Per le tipologie “Emilia-Romagna” Pignoletto passito e “Emilia-Romagna” Pignoletto vendemmia
    tardiva la produzione massima di uva per ettaro non deve essere superiore a 9 t/ha, ottenute dalla cernita
    delle uve destinate alla produzione del vino “Emilia-Romagna” in possesso dei requisiti prescritti per
    tale tipologia. Il rimanente quantitativo di uva per ettaro, fino al massimo consentito per la tipologia
    “Emilia-Romagna” Pignoletto può essere destinato alla produzione delle diverse tipologie del vino
    “Emilia-Romagna”.
  14. La vinificazione dell’uve destinate alla produzione del vino a Denominazione di Origine Controllata
    “Emilia-Romagna” Pignoletto passito può avvenire solo dopo che le stesse siano state sottoposte ad
    appassimento naturale avvalendosi anche di sistemi o tecnologie comunque operanti a temperature
    analoghe rispetto al processo naturale. Al termine dell’appassimento dette uve devono assicurare un
    titolo alcolometrico volumico naturale minimo di 15% vol e la loro resa massima in vino non deve
    essere superiore al 50%. Qualora la resa uva/vino superi detto limite ma non il 55%, l'eccedenza non
    avrà diritto alla denominazione di origine controllata “Emilia-Romagna” e potrà essere rivendicata a
    IGT. Oltre il 55% decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutto il prodotto.
  15. La vinificazione dell’uve destinate alla produzione del vino a Denominazione di Origine Controllata
    “Emilia-Romagna” vendemmia tardiva può avvenire solo dopo che le stesse siano state sottoposte a
    surmaturazione sulla pianta o ad appassimento naturale avvalendosi anche di sistemi o tecnologie
    comunque operanti a temperature analoghe rispetto al processo naturale. Al termine dell’appassimento
    dette uve devono assicurare un titolo alcolometrico volumico naturale minimo di 14% vol e la loro resa
    massima in vino non deve essere superiore al 60%. Qualora la resa uva/vino superi detto limite ma non
    il 65%, l'eccedenza non avrà diritto alla denominazione di origine controllata “Emilia-Romagna” e
    potrà essere rivendicata a IGT. Oltre il 65% decade il diritto alla denominazione di origine controllata
    per tutto il prodotto.
  16. Le operazioni di elaborazione dei vini spumanti sono eseguite in osservanza alle disposizioni previste
    dai regolamenti unionali e dalla legislazione nazionale per le categorie “vino spumante” e “vino
    spumante di qualità”.
  17. È consentito l’arricchimento alla condizione e nelle modalità previste dalle normative nazionali e
    comunitarie fermo restando che i quantitativi impiegati non aumentino le rese massime di
    trasformazione di cui al precedente comma 4.
    Articolo 6
    Caratteristiche al consumo
  18. I vini a Denominazione di Origine Controllata “Emilia-Romagna”, all’atto dell’immissione al
    consumo, devono rispondere alle seguenti caratteristiche:
    “Emilia-Romagna” Pignoletto
    colore: giallo paglierino più o meno intenso, talvolta con riflessi verdognoli;
    odore: floreale di fiori bianchi, talvolta biancospino o gelsomino, fine;
    sapore: da secco ad abboccato, fruttato di frutta gialla matura (pera, mela), armonico, talvolta
    leggermente amarognolo;
    titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,5% vol;
    acidità totale minima: 4 g/l;
    estratto non riduttore minimo: 14 g/l.
    “Emilia-Romagna” Pignoletto frizzante
    spuma: fine ed evanescente;
    colore: giallo paglierino più o meno intenso;
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    odore: floreale di fiori bianchi, talvolta biancospino o gelsomino, leggermente aromatico;
    sapore: da secco ad abboccato, fruttato di frutta gialla poco matura (mela), armonico, talvolta
    leggermente amarognolo;
    titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,5% vol;
    acidità totale minima: 4 g/l;
    estratto non riduttore minimo: 14 g/l.
    “Emilia-Romagna” Pignoletto spumante (VS e VSQ)
    spuma: fine e persistente;
    colore: giallo paglierino più o meno intenso;
    odore: floreale di fiori bianchi, talvolta biancospino o gelsomino, leggermente aromatico;
    sapore: sapido, fruttato di frutta gialla poco matura (mela), armonico, da brut nature a dry;
    titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,5% vol;
    acidità totale minima: 4 g/l;
    estratto non riduttore minimo: 14 g/l.
    “Emilia-Romagna” Pignoletto passito
    colore: giallo dorato tendente all’ambrato con l’invecchiamento;
    odore: fine, intenso, floreale di fiori bianchi, talvolta biancospino, con eventuali note di mandorla e
    peperone giallo, delicato;
    sapore: da amabile a dolce, morbido, fruttato di frutta gialla matura (pera, mela);
    titolo alcolometrico volumico totale minimo: 15% vol di cui almeno 12% vol effettivo;
    acidità totale minima: 4 g/l;
    estratto non riduttore minimo: 24 g/l.
    “Emilia-Romagna” Pignoletto vendemmia tardiva
    colore: giallo dorato tendente all’ambrato con l’invecchiamento;
    odore: intenso, floreale di fiori bianchi, talvolta biancospino, con eventuali note di mandorla e peperone
    giallo;
    sapore: da amabile a dolce, fruttato di frutta gialla matura (pera, mela), morbido, delicato;
    titolo alcolometrico volumico totale minimo: 14% vol di cui almeno 12% vol effettivo;
    acidità totale minima: 4 g/l;
    estratto non riduttore minimo: 23 g/l.
  19. Nelle tipologie frizzanti prodotte tradizionalmente per fermentazione in bottiglia, è possibile la
    presenza di una velatura.
  20. In relazione all’eventuale conservazione in recipienti di legno, il sapore dei vini “Emilia-Romagna”
    può rilevare lieve sentore di legno.
    Articolo 7
    Etichettatura e presentazione
  21. Nella designazione dei vini a Denominazione di Origine Controllata “Emilia-Romagna” è vietata
    l’aggiunta di qualsiasi specificazione diversa da quelle previste dal presente disciplinare di produzione
    ivi compresi gli aggettivi, “extra”, “fine”, “scelto”, “selezione” e similari. È tuttavia consentito l’uso
    di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati o di consorzi, purché non
    abbiano significato laudativo e non siano tali da trarre in inganno il consumatore.
  22. Le indicazioni tendenti a qualificare l’attività agricola dell’imbottigliamento quali “viticoltore”,
    “fattoria”, “tenuta”, “podere”, “cascina” ed altri termini similari sono consentite in osservanza delle
    norme comunitarie e nazionali.
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  23. Per i vini designati con la Denominazione di Origine Controllata “Emilia-Romagna” è consentito
    l’uso della menzione “vigna” alle condizioni previste dalla normativa vigente.
  24. Nelle tipologie frizzanti prodotte tradizionalmente con rifermentazione in bottiglia, è obbligatorio
    riportare in etichetta la dicitura “rifermentazione in bottiglia”.
  25. Nella presentazione e designazione dei vini di cui all’art. 1, con esclusione delle tipologie spumante
    e frizzante, è obbligatoria l’indicazione dell’annata di produzione delle uve.
    Articolo 8
    Confezionamento
  26. I vini a Denominazione di Origine Controllata “Emilia-Romagna” devono essere immessi al
    consumo utilizzando i seguenti contenitori:
  • per tutte le tipologie previste: bottiglie di vetro di forma tradizionale, esclusa la “dama”, fino alla
    capacità di litri 12,
  • per la sola tipologia “Emilia-Romagna” Pignoletto: contenitori alternativi al vetro costituiti da un
    otre in materiale plastico pluristrato di polietilene e poliestere racchiuso in un involucro di cartone
    o di altro materiale rigido, nei volumi da 2 a 6 litri.
  • per le tipologie “Emilia-Romagna” Pignoletto e “Emilia-Romagna” Pignoletto frizzante: fusti di
    acciaio inox o altri materiali idonei a venire a contatto con gli alimenti per le capacità da litri 10 a
    litri 60.
    Inoltre, in considerazione della consolidata tradizione è consentita la commercializzazione del vino
    “Emilia-Romagna” Pignoletto confezionato in contenitori non a tenuta di pressione della capacità da
    10 a 60 litri.
  1. I vini a Denominazione di Origine Controllata “Emilia-Romagna” possono essere immessi al
    consumo utilizzando qualsiasi tipo di chiusura consentita, con esclusione del tappo a corona. Il tappo
    a vite deve essere a vestizione lunga.
    Tuttavia, per il vino “Emilia-Romagna” Pignoletto frizzante sono ammesse anche le seguenti chiusure:
  • tappo “a fungo” ancorato, di sughero o di materiale sintetico ammesso, pieno (tipo “elastomero”),
    tradizionalmente utilizzato nella zona, con eventuale capsula di copertura della chiusura di altezza
    non superiore a 7 cm;
  • tappo cilindrico di sughero o altro materiale inerte trattenuto dalla tradizionale chiusura in spago;
  • tappo a corona, unicamente per la versione prodotta tradizionalmente per rifermentazione in
    bottiglia.
    Il vino “Emilia-Romagna” Pignoletto spumante deve essere confezionato utilizzando le chiusure
    previste delle norme dell’Unione europea e nazionali, con esclusione dei tappi con un contenuto in
    sughero inferiore al 51% in peso e, comunque, la parte del tappo che va a contatto con il vino non deve
    avere una percentuale di sughero inferiore al 51% in peso. Tuttavia per le bottiglie di capacità inferiore
    a 200 ml è consentito anche l’uso del tappo a vite, eventualmente con sovratappo a fungo, oppure a
    strappo in plastica.
    Articolo 9
    Legame con l’ambiente geografico
    “Emilia-Romagna” categorie: “vino” (1), “vino spumante” (4), “vino spumante di
    qualità” (5), “vino frizzante” (8).
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  1. Fattori naturali rilevanti per il legame.
    La zona geografica relativa alla Denominazione di Origine Controllata “Emilia-Romagna”,
    interessa la parte centrale della regione Emilia-Romagna. La zona delimitata, che, a partire
    dall’estremità ovest, interessa tre province, ripartite quasi egualmente tra ambienti di pianura
    e di rilievo appenninico. Tale zona rappresenta caratteristiche ambientali diverse a seconda
    dell’altitudine, individuate, sinteticamente, con una divisione tra zona pianeggiante e zona
    collinare.
    La pianura, con un’altitudine compresa tra i 2 ed i 70 metri s.l.m., occupa un’area continua,
    tra la valle del fiume Secchia e quella del torrente Sillaro interessando agli ampi fondovalle
    appenninici, dove si raggiungono quote anche di 150 metri s.l.m. Nella piana pedemontana
    e nella piana alluvionale a crescita verticale, i sedimenti provengono principalmente dai
    fiumi e torrenti appenninici. Il rilievo appenninico interessa un’area continua che si estende
    dalle prime colline fino al crinale appenninico, compresa una area di pianura di transizione,
    morfologicamente mossa, quasi assente nella zona sud est della regione esclusa dalla
    delineazione.
    Le quote variano da 100 a 2.200 metri, ma il vigneto interessa prevalentemente quote
    inferiori ai 700 metri. Predominano le rocce sedimentarie, con litotipi molto vari (arenarie,
    argille, calcari, gessi, sabbie, conglomerati). I suoli sono distribuiti secondo mosaici
    complessi, per la varietà dei fattori orografici locali, e dei condizionamenti dovuti ai processi
    morfogenetici, per la complessità dell’assetto geologico strutturale e della distribuzione dei
    litotipi, per la diversità del clima, della vegetazione, e dell’intervento umano.
    A seconda della zona e della tradizione viticola ed enologica, il vigneto è presente a differenti
    altitudini, a partire dalla pianura; l’area meno vitata risulta quella dell’alto appennino,
    caratterizzato da climi eccessivamente freddi.
    Il regime delle temperature dell’area è caratterizzato da un’elevata variabilità, passando dal
    temperato sub continentale (più importante relativamente all’area vitata) al temperato fresco.
    In pianura, il clima assume maggiori caratteri continentali, con valori medi annui intorno a
    14–16°C.
    Le precipitazioni variano da 600 a 800 mm annui, concentrate maggiormente nel periodo
    autunnale e secondariamente primaverile. Le piovosità minime sono localizzate nell’area
    nord–orientale. Le condizioni di deficit idrico avvengono principalmente nel periodo estivo,
    attenuate dall’elevata umidità relativa dell’aria e dalle dotazioni idriche superficiali. Salendo
    di altitudine la piovosità aumenta, variando da circa 800 m (margine appenninico
    prospiciente la pianura) ad oltre i 2000 mm dell’alto Appennino, parallelamente ad un
    aumento dei giorni di pioggia. Il bilancio idro-climatico segue il medesimo andamento della
    piovosità con valori variabili da circa –400 mm della pianura più interna fino a raggiungere
    lo 0 sul medio Appennino e valori positivi a maggiori altitudini.
    Tuttavia, dall'inizio degli anni Novanta la regione, come tutta l'Italia e l'Europa, ha subito un
    sensibile mutamento del proprio clima, con aumenti significativi delle temperature medie
    (+1,1 °C) ed estreme (in particolare durante la stagione estiva, + 2 °C) uniti a cambiamenti
    nei regimi stagionali e di intensità delle precipitazioni, vedendo una certa diminuzione delle
    stesse soprattutto in Appennino che in certe annate ha causato fenomeni di siccità e calo
    delle rese produttive dei vigneti.
    In generale, le condizioni d’illuminazione e calore della zona geografica delimitata, in
    riferimento all’area vitata, assicurano alle uve di raggiungere un adeguato grado di
    maturazione. Le sommatorie termiche più elevate si raggiungono in pianura con 2400 gradi
    (Indice di Winkler), che decrescono salendo di altitudine.
    Nell’area collinare, sono tradizionalmente vitate le aree con le condizioni climatiche
    migliori, su versanti ben esposti o valli maggiormente protette da correnti di aria fredda,
    dove si ottengono vini di elevato pregio. Più diffusa la viticoltura collinare nelle province di
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    Bologna e Modena. Ad altitudini più elevate, dove il vigneto è più marginale, con suoli poco
    profondi, soggetti a intensi fenomeni erosivi, trovano un ambiente particolarmente
    favorevole vitigni a ciclo breve.
    Il clima sub continentale, garantisce una adeguata piovosità durante l’anno, mentre i
    fenomeni di siccità estiva, sono mitigati in pianura dalla presenza di corsi d’acqua e terreni
    profondi e da una migliore entità e distribuzione delle piogge in collina, rendendo tali
    ambienti favorevoli alla coltura della vite. Non mancano fenomeni locali particolari, come
    ad esempio, in pianura, nei pressi del confine tra la Provincia di Bologna e quella di Ferrara,
    la presenza di suoli deltilizi e della pianura costiera, con altitudini inferiori al livello del
    mare, ad idromorfia poco profonda, ma la cui disponibilità idrica del suolo è contrastata da
    un bilancio idroclimatico molto negativo.
    Il vitigno Pignoletto è per circa il 60% localizzato in pianura e il 38% in collina; marginale
    la montagna (Istat, 2000). I vini rispecchiano le due macrozone viticole della DOP “Emilia-
    Romagna”, perché la pianura produce vini più freschi e beverini, mentre la collina ha spesso
    vini più strutturati, eleganti e persistenti all’olfatto e al gusto.
    Infatti, le differenti giaciture ed esposizioni dei terreni vitati, le diverse brezze notturne, i
    diversi sistemi di allevamento e le minori rese rispetto alla pianura, conferiscono alle uve di
    collina delle proprietà organolettiche superiori a quelle che si riscontrano in terreni
    pianeggianti.
    In generale, comunque, la presenza di elevate escursioni termiche tra notte e giorno nel
    periodo di maturazione delle uve, abbinate a terreni prevalentemente sub alcalini o alcalini,
    a tessitura fine o moderatamente fine, determinano l’ottenimento di vini profumati e dall’alto
    contenuto in polifenoli, da cui derivano le caratteristiche organolettiche tipiche dei vini.
    L’importanza della viticoltura di questa area viticola è comprovata dall’importante
    diffusione del vigneto all’interno dell’area delimitata e dalle centinaia di migliaia di ettolitri
    di vino ottenuto da uve della varietà Pignoletto e commercializzato ogni anno nel mondo.
  2. Fattori storici ed umani rilevanti per il legame
    Quando i romani, circa due secoli prima della nascita di Cristo, sottomisero ed unificarono
    sotto il segno della lupa i territori dell’attuale Emilia-Romagna abitati dalle tribù dei galli
    boi, avevano probabilmente mille motivi per farlo, non esclusi quelli legati alle ricchezze
    agricole di tali zone. I filari di vite erano maritati ad alberi vivi, secondo l’uso introdotto
    dagli etruschi e sviluppato successivamente dai galli. Tale metodo infatti, lo si chiama
    “arbustum gallicum”, particolarmente adatto alle terre basse e umide della pianura, ma poi
    diffusosi notevolmente nelle zone collinari. È accertato che da tali terreni, soprattutto quelli
    collinari posti a sud di Bononia, i nostri antenati latini producevano vini che li
    appassionavano moltissimo. Le terre dell’agro bononiense erano coltivate dai veterani di
    tante campagne militari in tutto il mondo allora conosciuto, per cui il vino era diffusamente
    bevuto e gustato; vi si produceva un vino frizzante ed albano, cioè biondo, molto particolare
    ma non abbastanza dolce per essere piacevole e quindi non tanto apprezzato, poiché è
    risaputo che durante l’epoca imperiale era gradito il vino dolcissimo, speziato ed
    aromatizzato con innumerevoli essenze.
    Riprendendo il cammino alla ricerca di tracce che ci possano condurre ai vini che oggi
    degustiamo, ci imbattiamo nelle biografie frutto dell’operosità di tali monaci-agresti che
    sono giunte fino ai giorni nostri, in cui si menzionano i notevoli impulsi dati per lo sviluppo
    della vite. I monaci si sparsero in tutte le regioni italiane e nel migrare verificarono che sulle
    colline bolognesi si produceva un buon vinello dorato e mordace, appunto frizzante.
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    OMNIA ALLA VINA IN BONITATE EXCEDIR - decisamente “… un vino superiore per
    bontà a tutti gli altri…” e bevuto non solo durante le pratiche liturgiche, ma anche con gioia
    alla tavola del nobile e del volgo.
    I secoli che da allora sono trascorsi per giungere fino ai giorni nostri, sono stati indiscussi
    testimoni di innumerevoli vicende e citazioni riguardanti il vino ottenuto in questo territorio.
    A testimonianza dell’antica coltivazione della vite sono state ritrovate antiche olle di
    conservazione del vino nella zona della località di Mercatello, posta al confine tra le località
    di Monteveglio e Castello di Serravalle dell’attuale Comune di Valsamoggia. Della vite
    coltivata sulle colline di Monteveglio, nelle adiacenze della monumentale Abbazia
    omonima, ne parla il documento risalente al 973 d.C. in cui il Vescovo di Bologna Alberto
    concedeva al Vescovo di Parma, insieme all’Abbazia stessa, circa trenta tornature di vigneti.
    All’Alto Medioevo risalgono le testimonianze dei monaci-agresti nello sviluppo della vite:
    il monaco Donizone racconta che per tre mesi nel banchetto nuziale del marchese Bonifacio,
    padre di Matilde di Canossa si attingeva vino a due pozzi con secchie. Il giurista bolognese
    Odofredo (XIII secolo) ricorda che gli studenti in prossimità delle festività natalizie, erano
    soliti ripetere: “Andiamo a comprare il vino per l’estate (perciò bianco) a Castel del Vescovo
    (oggi Sasso Marconi)”.
    Di vigne su tutto l’arco collinare a sud di Bologna si ha menzione già sul finire dell’VIII
    secolo e sul finire del X si trovano vigne anche a Musiano, presso Pianoro, e poi a Iola,
    Oliveto, Monteveglio, Crespellano, San Lorenzo in Collina, Elle, Grizzana, Monte Cerere,
    dove prevaleva il vigneto specializzato a ceppo basso.
    Nel 1250 la città di Bologna (ora capoluogo della regione Emilia-Romagna) ordina la
    costruzione della “Strada dei vini” per trasportare con sicurezza verso la città i vini ottenuti
    nelle colline a sud. Il fatto che le uve venissero portate a Bologna dalla collina indica come
    le uve di pregio avessero origine pedecollinare. A questo periodo risalgono i primi estimi
    del comprensorio vitivinicolo. Nel 1300 Pier de’ Crescenzi citava una trentina di tipologie
    di vini, prodotti in questa regione, tra le quali il Trebbiano, il “Pignuolo” (Pignoletto) e le
    Lambrusche.
    Per secoli a Bologna la produzione e il commercio erano strettamente controllati: l’uva
    veniva pigiata sul posto e poi portata in città con grosse botti dette “castellate”. Presso la
    curia di Sant’Ambrogio, l’attuale via de’ Pignattari a fianco alla Basilica di San Petronio,
    particolari figure detti “brentatori” dovevano assaggiare il prodotto e certificare che non
    fosse adulterato o di scarsa qualità e quindi determinarne la quantità tramite apposite misure
    vinarie (la “quartarola” e i suoi sottomultipli). Le tecniche enologiche resero sempre migliore
    la produzione dei vini fino a quando persino Agostino Gallo ne “Le venti giornate
    dell’agricoltura” del 1567, sollecitava di piantare le uve pignole, per la notevole produzione
    che ne favoriva il commercio e perché ricercate. Medico e botanico di Papa Sisto V, il Bacci,
    nel personale trattato del 1596 “De naturalis vinarium istoria de vitis italiane”, asseriva le
    “...rare et optime...” qualità intrinseche delle uve pignole.
    A metà del Seicento il marchese bolognese Vincenzo Tanara, autore del trattato di agronomia
    “Economia del Cittadino in Villa” (1644), riporta che i nobili bolognesi amavano i vini
    toscani e francesi ma anche l’Albana e il Trebbiano. Anche Soderini, noto agronomo
    fiorentino, ne confermava le caratteristiche mentre il Trinci - 1726 – illustrò le peculiarità
    che ora si riscontrano nell’odierno vino Pignoletto.
    Ulteriori conferme sono riportate nel “Bullettino Ampelograficho” del 1881, in cui è
    nominata l’uva coltivata nelle colline poste a sud di Bologna, la cui somiglianza con l’attuale
    Pignoletto è stupefacente.
    Più recentemente l’articolo “La Viticoltura del bolognese” di Mario Grilli su la Mercanzia
    nel 1970 emerge il valore enologico e commerciale del prodotto ottenuto nell’area dei
    comuni della media pianura del Reno In quella zona i vigneti di Montuni, Trebbiano
    romagnolo, Pinot bianco emergeva un cosiddetto “clone di Riesling”, con il nome di
    Alioncino2. In seguito alle ricerche effettuate da Faccioli e Marangoni dell’Università di
    Bologna, il “clone di Riesling” o Pignolo o Pignolino o Alionzina o Alioncino2 fu
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    classificato come vitigno autonomo e denominato Pignoletto Bolognese con la
    pubblicazione su “La Mercanzia” n. 2 del 1978 e poi sulla Rivista di Viticoltura e di Enologia
    di Conegliano n.8, sempre nel 1978.
    Da questa ricerca, commissionata dalla Regione Emilia-Romagna proprio per affrancarlo
    dalle erronee denominazioni di Pinot bianco o Riesling Italico, risulta che esso è diffuso da
    oltre un secolo nella pianura bolognese nei terreni di proprietà dei Principi Hercolani presso
    Bentovoglio, maritato all’olmo nelle tradizionali alberate bolognesi.
    Oggi nelle terre che furono degli Hercolani e dei Bentivoglio la coltura di questo vitigno è
    molto diffusa e si è estesa, anche oltre i confini provinciali, nelle province di Modena e
    Ravenna, ed è tuttora in espansione.
    Con il passare dei secoli l’operato dell’uomo ha inciso profondamente nelle coltivazione
    della vite e nella produzione dei vini.
    I viticoltori hanno affinato le tecniche agronomiche di allevamento basate sulla regimazione
    delle acque nei terreni di pianura, dapprima attraverso le tradizionali “alberate” che
    delimitavano gli appezzamenti ben drenati da fossi perimetrali, mentre in collina la
    coltivazione della vite è da sempre basata su vigneti specializzati.
    Al riguardo è essenziale la presenza dei Consorzi di bonifica (Consorzio Bonifica Renana,
    Consorzio della Bonifica Burana, Consorzio di bonifica della Romagna Occidentale) che
    garantiscono la regimazione delle acque e la loro distribuzione nel territorio.
    Le forme d’allevamento e i sesti d’impianto dei vigneti si sono storicamente evoluti nella
    zona a seguito dell’attività e delle sperimentazioni dei viticoltori e sono volti a contenere le
    rese di uva per ettaro ed ottenere le qualità desiderata tenendo conto delle caratteristiche
    all’ambiente pedoclimatico favorevole per un naturale accrescimento della vite.
    I viticoltori, nel tempo, hanno optato per forme di allevamento a cordone permanente con
    tralci ricadenti capaci di contenere la vigoria delle piante, di consentire un’adeguata
    distribuzione spaziale delle gemme, esprimere la potenzialità produttiva, permettere la
    captazione dell’energia radiante, assicurare sufficiente aerazione e luminosità ai grappoli.
    Le forme di allevamento più diffuse sono il cordone libero, il cordone speronato, il GDC, il
    guyot, il sylvoz. La densità d’impianto varia dai 2500 - 3000 ceppi/ettaro nei terreni di
    pianura ai 3000 - 4000 ceppi/ettaro nei terreni del margine appenninico e collinari del basso-
    medio Appennino associati a calanchi.
    Anche la produzione enologica del territorio e le pratiche di elaborazione dei vini si sono
    evolute nel tempo e fanno riferimento alla tradizione consolidata nella zona di produzione.
    In particolare, l’Emilia-Romagna, con riferimento alle province che ricadono nell’area di
    produzione – Bologna, Modena e Ravenna – è notoriamente zona di vini frizzanti e spumanti,
    frutto di una lunga tradizione locale, caratteristica che accomuna molti vini di pianura e di
    collina. L’elaborazione dei vini frizzanti veniva effettuata mediante rifermentazione in
    bottiglia fino agli anni ’70 del secolo scorso per poi evolversi con l’utilizzo di moderne
    autoclavi secondo il metodo Martinotti-Charmat.
    La produzione dei vini spumanti è la naturale evoluzione della versione frizzante sfruttando
    l’esperienza acquisita nel tempo nella produzione dei vini frizzanti.
    Tuttavia, rimane attuale la tradizionale produzione dei vini frizzanti e vini spumanti
    mediante seconda fermentazione alcolica in bottiglia.
    “Emilia-Romagna” categorie: “vino spumante” (4), “vino spumante di qualità” (5), “vino
    frizzante” (8).
    Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente attribuibili
    all’ambiente geografico.
    I vini "Emilia-Romagna" nella categoria “vino frizzante” costituiscono la tipologia di
    maggiore produzione e rispecchiano la tradizione emiliano-romagnola che è incentrata sulla
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    preparazione di vini frizzanti, mentre le tipologie nelle categorie “vino spumante” e “vino
    spumante di qualità” sono meno prodotte, ma in forte crescita nell’ultimo decennio.
    Questi vini si presentano di colore giallo paglierino di tonalità più o meno intensa con
    sfumature dorate e a volte verdognole.
    All’olfatto propongono sentori freschi e floreali di fiori bianchi (biancospino, mughetto,
    gelsomino) caratteristici della varietà.
    Il gusto è mediamente aromatico, fruttato di frutta bianca poco matura (mela) ed una
    apprezzabile acidità. Sovente il finale è amarognolo, qualità che deriva dai terreni locali
    spesso ricchi di argille e arenarie e rivela la stretta relazione con il territorio.
    Interazione causale fra gli elementi della zona geografica e la qualità/le caratteristiche
    del prodotto essenzialmente attribuibili all’ambiente geografico:
    Le peculiarità dei vini frizzanti e dei vini spumanti, vini spumanti di qualità sopra descritte
    sono il risultato delle condizioni pedoclimatiche della zona di produzione combinate con i
    fattori umani che tradizionalmente hanno inciso sulle proprietà enologiche intrinseche delle
    uve e sulle tecnologie di elaborazione. In particolare, l’ambiente geografico della zona di
    produzione è caratterizzato da un clima continentale e sufficientemente ventilato e da terreni
    ben drenanti per effetto delle tecniche agronomiche consolidate nel tempo che determinano
    una disponibilità idrica adeguata tale da consentire una ottimale maturazione dei grappoli.
    Le escursioni termiche notte-giorno durante la maturazione dei grappoli concorrono a
    mantenere il patrimonio aromatico ed acido dell’uva che assicura la conseguente freschezza
    dei vini.
    Inoltre, i viticoltori con l’esperienza hanno affinato tecniche di conduzione dei vigneti atte
    a mitigare gli eccessi di calore e le variabilità della disponibilità idrica che si sono verificate
    nell’ultimo decennio, al fine di ottenere uve innanzitutto di ottima qualità e con il giusto
    equilibrio tra le componenti zuccherine e aromatiche, tenendo in considerazione l’esigenza
    di effettuare la successiva elaborazione per la produzione di vini frizzanti e vini spumanti,
    vini spumanti di qualità che siano in possesso di contenuto acido adeguato. Dunque, la
    competenza del viticoltore locale risulta determinante nella gestione del vigneto, dalla scelta
    del portainnesto al sistema di allevamento, dalla gestione della chioma alla regolamentazione
    degli apporti idrici. Tutto questo è essenziale per ottenere uve idonee alla costituzione delle
    partite di vini da destinare alla successiva elaborazione per la produzione di vini frizzanti o
    vini spumanti, vini spumanti di qualità che presentino le proprietà organolettiche tipiche
    della varietà Pignoletto. Inoltre, l’elaborazione dei vini frizzanti e vini spumanti, vini
    spumanti di qualità “Emilia-Romagna” rappresentano il risultato dell’innovazione
    tecnologica nel processo di elaborazione che, partendo dall’ancestrale rifermentazione in
    bottiglia applicata fino al secolo scorso, si è poi evoluta verso l’elaborazione in autoclave.
    Ciò ha contribuito a rendere più efficiente il processo di selezione dei lieviti e la pulizia dei
    vini, migliorando così il quadro olfattivo e la piacevolezza dei prodotti ottenuti. Tutto ciò
    permette di esaltare le peculiarità organolettiche dei vini, valorizzando in particolare la
    freschezza e le note floreali che derivano principalmente dalle uve e che sono l’espressione
    di un ambiente ideale alla produzione dei vini.
    Con l’esperienza maturata in questi untimi decenni nell’elaborazioni in grandi recipienti
    secondo le più moderne tecniche enologiche, recentemente il metodo di rifermentazione in
    bottiglia sta vivendo una nuova ripresa e si presenta sul mercato in una veste rinnovata che
    coniuga la migliore tecnica enologica con la tradizione secolare del territorio
    In conclusione, le caratteristiche di unicità e di tipicità dei vini “Emilia-Romagna” frizzanti
    e spumanti elaborati nella zona di vinificazione della DOC sono il risultato della sinergia tra
    le caratteristiche del vitigno, del territorio e del lavoro dell’esperienza dell’uomo, e
    determinano la piacevolezza olfattiva e l’eleganza complessiva dei vini.
    “Emilia-Romagna” categoria: “vino” (1).
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    Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente attribuibili
    all’ambiente geografico.
    I vini “Emilia-Romagna" nella categoria “vino” sono prodotti prevalentemente nell’area
    collinare della zona di produzione che per caratteristiche pedo-climatiche è più vocata alla
    produzione di uve aventi un contenuto in zuccheri più elevato e una acidità meno
    pronunciata.
    Inoltre, nell’ultimo decennio è stata riscontrata la vocazione delle uve della varietà
    Pignoletto all’appassimento o alla surmaturazione sulla pianta per produrre le versioni
    “passito” e “vendemmia tardiva”.
    I vini “Emilia-Romagna” nella categoria “vino” si presentano di colore giallo paglierino con
    riflessi verdognoli caratteristici della varietà Pignoletto.
    Il profumo è delicato di fiori bianchi (biancospino, mughetto, gelsomino) e talvolta note di
    mandorla e peperone giallo.
    Al sapore si presenta fruttato di frutta gialla matura (pera e mela) con contenuta acidità e
    giusta aromaticità, spesso con sentori amarognoli e una percettibile mineralità; tutti fattori
    fortemente legati alle caratteristiche del territorio ricco di argille e arenarie.
    Nelle versioni “passito” e “vendemmia tardiva”, il colore è giallo dorato, anche carico,
    tendente all’ambrato.
    All’olfatto rivelano profumi intensi floreali delicati di fiori bianchi e fruttati di frutta gialla
    matura
    Al gusto si presentano vini amabili o dolci, caldi, di alta alcolicità totale e moderata acidità,
    armonici e vellutati dove il finale amarognolo vene annullato dall’appassimento o
    surmaturazione delle uve.
    Interazione causale fra gli elementi della zona geografica e la qualità e le caratteristiche
    del prodotto essenzialmente attribuibili all’ambiente geografico:
    Le peculiarità dei vini “Emilia-Romagna” sono il risultato delle condizioni pedoclimatiche
    della zona di produzione combinate con i fattori umani che tradizionalmente hanno inciso
    sulle proprietà enologiche intrinseche delle uve e sulle tecnologie di elaborazione. In
    particolare, l’ambiente geografico della zona di produzione è caratterizzato da un clima
    continentale e sufficientemente ventilato e da terreni ben drenanti per effetto delle tecniche
    agronomiche consolidate nel tempo che determinano una disponibilità idrica adeguata tale
    da consentire una ottimale maturazione dei grappoli. Le escursioni termiche notte-giorno
    durante la maturazione dei grappoli e l’ottimale esposizione dei vigneti nei versanti collinari
    concorrono a mantenere il patrimonio aromatico dell’uva a ad assicurare una notevole
    capacità di accumulo degli zuccheri.
    Inoltre, i viticoltori con l’esperienza hanno affinato tecniche di conduzione dei vigneti atte a
    mitigare gli eccessi di calore e le variabilità della disponibilità idrica che si sono verificate
    nell’ultimo decennio, al fine di ottenere uve innanzitutto di ottima qualità e con il giusto
    equilibrio tra le componenti zuccherine e aromatiche.
    Le versioni “passito” e “vendemmia tardiva” sono vini ottenuti con le tecniche
    dell’appassimento o della surmaturazione sulla pianta che, unite all’origine geografica,
    determinano le peculiarità dei prodotti.
    Per questi vini vengono destinate le uve dei versanti meglio esposti, in vicinanza di corsi
    d’acqua che garantiscono un’umidità costante, soprattutto nelle ore notturne, e favoriscono
    lo sviluppo della muffa nobile determinando le condizioni ottimali per la produzione di vini
    ottenuti da uve botritizzate.
    Per il metodo dell’appassimento la raccolta delle uve viene fatta esclusivamente a mano,
    selezionando i grappoli migliori adatti a sostenere il periodo di appassimento, i quali
    vengono collocati in apposite cassette. Per la raccolta risulta importante non solo il grado
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    zuccherino ma anche la buona nota acida. L’uva intatta viene conservata in ambienti ben
    areati, controllandone periodicamente lo stato di sanità per alcuni mesi.
    In caso di surmaturazione sulla pianta, la raccolta delle uve viene ritardata fino al loro
    naturale appassimento che richiede grande attenzione da parte del viticoltore.
    Anche le fasi successive all’appassimento la pigiatura, la fermentazione lenta in botti di
    piccole dimensioni, la maturazione e l’affinamento in bottiglia richiedono ai produttori la
    massima esperienza ed impegno.
    Dunque, la competenza del viticoltore locale risulta determinante nella gestione del vigneto,
    dalla scelta del portainnesto al sistema di allevamento, dalla gestione della chioma alla
    regolamentazione degli apporti idrici. Tutto questo è essenziale per ottenere uve idonee alla
    costituzione dei vini che valorizzino le proprietà organolettiche tipiche della varietà
    Pignoletto.
    Anche l’esperienza enologica acquisita dei produttori influisce sulle caratteristiche dei vini
    fino all’entrata delle uve in cantina ed alle operazioni di vinificazione, che sono essenziali
    per mantenere le loro peculiarità organolettiche e ottenere così vini armonici con le tipiche
    note floreali che costituiscono lo stile distintivo dei vini della zona geografica delimitata
    «Emilia-Romagna».
    Per rispettare le specifiche caratteristiche organolettiche delle uve Pignoletto, nel processo
    di vinificazione i cicli di pressatura delle uve, nonché la temperatura e la durata delle
    fermentazioni sono sapientemente stabiliti e finalizzati all’ottenimento dei vini aventi le
    descritte caratteristiche. In particolare, la caratterizzazione organolettica dei vini “Emilia-
    Romagna”, consolidata nel territorio e riconosciuta dal consumatore, si basa sulla
    piacevolezza olfattiva e quindi sull’eleganza complessiva; ciò è il risultato dell’interazione
    tra i citati fattori ambientali ed il complesso dei fattori umani, come conseguenza
    dell’esperienza e della cultura maturate nel tempo dagli operatori vitivinicoli.
    Articolo 10
    Riferimenti alla struttura di controllo
    Nome e Indirizzo: VALORITALIA società per la certificazione delle qualità e delle produzioni
    vitivinicole italiane S.r.l.
    Via Piave n. 24 – 00187 ROMA
    Telefono 0039 0445 313088 Fax 0039 0445 313080
    mail: info@valoritalia.it;
    website www.valoritalia.it.
    Valoritalia S.r.l. è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle politiche agricole alimentari
    e forestali, ai sensi dell’articolo 64 della Legge 12/12/2016 n. 238, che effettua la verifica annuale del
    rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 19, par. 1, 1°
    capoverso, lettera b) e c), ed all’articolo 20, par. 1, del Reg. UE n. 34/2019, per i prodotti beneficianti
    della DOP, mediante una metodologia dei controlli combinata (sistematica ed a campione) nell’arco
    dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato
    articolo 25, paragrafo 1, 2° capoverso.
    In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato
    dal Ministero, conforme al modello approvato con il D.M. 2 agosto 2018, pubblicato in G.U. n. 253
    del 30.10.2018.
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