Lizzano Doc

Documento
Regione

Ministero delle politiche agricole
alimentari e forestali
DIPARTIMENTO DELLE POLITICHE COMPETITIVE,
DELLA QUALITÀ AGROALIMENTARE, IPPICHE E DELLA PESCA
DIREZIONE GENERALE PER LA PROMOZIONE DELLA QUALITÀ AGROALIMENTARE E DELL’IPPICA
UFFICIO PQAI IV
DISCIPLINARE DI PRODUZIONE DEI VINI A DENOMINAZIONE DI ORIGINE
CONTROLLATA
“LIZZANO”
Decisione di approvazione o modifica Pubblicazione
Approvato con DPR 21.12.1988 GU n. 144 - 22.06.1989
Modificato con DM 04.10.2001 GU n. 240 -15.10.2001
Modificato con DM 30.11.2011 GU n. 295 -20.12.2011
Sito ufficiale Mipaaf - Qualità - Vini DOP e IGP
Modificato con DM 07.03.2014 Sito ufficiale Mipaaf - Qualità - Vini DOP e IGP
Articolo 1
Denominazione e vini
La denominazione di origine controllata “Lizzano” è riservata ai vini bianchi, rossi e rosati che
rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione per le
seguenti tipologie:
“Lizzano” Rosso, anche nelle tipologie Novello e frizzante;
“Lizzano” Rosato, anche nelle tipologie Novello, Spumante e frizzante;
“Lizzano” Bianco, anche nelle tipologie Spumante e frizzante;
“Lizzano” Negroamaro Rosso e Rosato;
“Lizzano” Malvasia nera.
Articolo 2
Base ampelografica
I vini DOC “Lizzano” devono essere ottenuti da uve provenienti da vigneti aventi, nell’ambito
aziendale, la seguente composizione varietale:
“Lizzano” Rosso e Rosato: Negroamaro dal 60 all’80%, Montepulciano, Sangiovese, Bombino
nero, Pinot nero, da soli o congiuntamente sino ad un massimo del 40%.
Possono inoltre concorrere le uve dei vitigni: Malvasia nera di Brindisi e/o di Lecce fino ad un
massimo del 10%.
“Lizzano” Bianco: Trebbiano toscano dal 40 al 60% Chardonnay e/o Pinot bianco almeno il 30%.
Possono inoltre concorrere le uve presenti nei vigneti dei vitigni: Malvasia lunga bianca massimo
10%, Sauvignon e/o Bianco d’Alessano con un massimo del 25%.
1
“Lizzano” Negroamaro: Negroamaro minimo 85%. Possono inoltre concorrere le uve dei vitigni:
Malvasia nera di Brindisi e/o di Lecce, Montepulciano, Sangiovese, Pinot nero, da soli o
congiuntamente fino ad un massimo del 15%.
“Lizzano” Malvasia Nera: Malvasia nera di Brindisi e/o di Lecce almeno 85%. Possono inoltre
concorrere le uve dei vitigni: Negroamaro, Montepulciano, Sangiovese, Pinot nero, da soli o
congiuntamente fino ad massimo del 15%.
Articolo 3
Zona di produzione delle uve
Le uve della denominazione di origine controllata “Lizzano” devono essere prodotte nella zona di
produzione che comprende tutto il territorio amministrativo dei comuni di: Lizzano, Faggiano e le
isole amministrative del comune di Taranto individuate con la lettera A e C. in provincia di Taranto.
Articolo 4
Norme per la viticoltura
Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini a DOC “Lizzano”
devono essere quelle già affermatesi da lungo tempo nella zona e, comunque atte a conferire alle
uve e ai vini derivati le specifiche caratteristiche di qualità. I
n particolare, per ciò che concerne i nuovi impianti, le forme di allevamento saranno di media
espansione, preferibilmente su tetto verticale, con sistema di potatura di tipo speronato e con un
investimento minimo per ettaro di almeno 3500 ceppi.
I sesti di impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura devono essere quelli
generalmente usati e comunque atti a non modificare le caratteristiche delle uve e dei vini.
E’ vietata ogni pratica di forzatura.
La resa massima di uva ammessa per la produzione dei vini a DOC “Lizzano” in coltura
specializzata è la seguente:
Lizzano bianco 16,00 t/ettaro
Lizzano rosso e rosato 14,00 t/ettaro
Lizzano Malvasia nera 14,00 t/ettaro
Lizzano Negroamaro rosso o rosato 14,00 t/ettaro
A tali limiti, anche in annate eccezionalmente favorevoli, la resa dovrà essere riportata attraverso
un’accurata cernita delle uve, purché la produzione globale non superi del 20% i limiti sopra
indicati.
La regione Puglia, con proprio decreto, sentite le organizzazioni di categoria interessate, di anno in
anno, prima della vendemmia, tenuto conto delle situazioni di coltivazione può stabilire il limite
massimo di produzione di uva per ettaro inferiore a quelli fissati dal presente disciplinare di
produzione, dandone immediata comunicazione al competente organismo di controllo.
Le uve destinate alla produzione dei vini a DOC “Lizzano” devono assicurare un titolo
alcolometrico volumico naturale minimo di:
“Lizzano” Rosso : 11,00% vol;
“Lizzano” Rosato: 11,00% vol;
“Lizzano” Bianco: 10,00% vol;
“Lizzano” Negroamaro Rosso: 11,50% vol;
“Lizzano” Negroamaro Rosato: 11,50% vol;
“Lizzano” Malvasia nera: 11,50% vol;
2
Articolo 5
Norme per la vinificazione
Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate all’interno dei territori amministrativi dei
comuni di: Lizzano Faggiano Taranto In provincia di Taranto.
Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche locali, leali e costanti atte a
conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche.
La resa massima dell’uva in vino non deve essere superiore al:
“Lizzano” Rosso 70%;
“Lizzano” Negroamaro 70%;
“Lizzano” Malvasia nera 70%;
“Lizzano” Rosato 65%;
“Lizzano” Negroamaro Rosato 65%;
“Lizzano” Bianco 65%.
L’eventuale eccedenza non avrà diritto alla denominazione di origine controllata.
La tipologia “Lizzano” Rosso può essere ottenuta con macerazione carbonica delle uve; in tal caso è
designata in etichetta con il termine “novello”.
La commercializzazione del vino a DOC “Lizzano” Rosso Novello non può essere anteriore al 6
Novembre dell’anno di produzione delle uve
Le tipologie “Lizzano” Rosato e “Lizzano” Negroamaro Rosato debbono essere prodotte con
tecnologie di vinificazione che assicurino limitato contatto tra mosto in fermentazione e parti solide.
Articolo 6
Caratteristiche al consumo
I vini della DOC “Lizzano” all’atto dell’immissione al consumo devono rispondere alle seguenti
caratteristiche:
“Lizzano” Rosso:
colore: rosso rubino sino a rosso granata;
profumo: vinoso, gradevole, caratteristico;
sapore: asciutto, armonico;
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol;
acidità totale minima: 5,0 g/l;
estratto non riduttore minimo: 20,0 g/l;
“Lizzano” Rosato:
colore: tendente al rubino chiaro;
profumo: lievemente vinoso, caratteristico di fruttato se giovane;
sapore: asciutto, fresco, armonico;
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol;
acidità totale minima: 5,5 g/l;
estratto non riduttore minimo: 18,0 g/l;
“Lizzano” Negroamaro Rosso:
colore: rubino tendente al granata;
profumo: vinoso, caratteristico;
sapore: asciutto, armonico;
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol;
acidità totale minima: 5,0 g/l;
estratto non riduttore minimo: 20,0 g/l;
3
“Lizzano” Negroamaro Rosato:
colore: rosato tenue con riflessi purpurei;
profumo: fragrante, caratteristico;
sapore: asciutto, delicato;
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol;
acidità totale minima: 5,5 g/l;
estratto non riduttore minimo: 18,0 g/l;
“Lizzano” Malvasia Nera:
colore: rosso rubino tendente al granata;
profumo: caratteristico, lievemente aromatico;
sapore: asciutto, vellutato, lievemente aromatico;
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol;
acidità totale minima: 5,0 g/l;
estratto non riduttore minimo: 20,0 g/l.
“Lizzano” Bianco:
colore: giallo paglierino scarico;
profumo: gradevole, caratteristico di fruttato, delicato;
sapore: secco, fresco, armonico;
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol;
acidità totale minima: 5,5 g/l);
estratto non riduttore minimo: 18,0 g/l.
“Lizzano” Bianco Spumante:
spuma: vivace e fine;
perlate: fine, regolare e persistente;
colore: giallo paglierino tenue;
profumo: gradevole, con caratteristiche di fruttato. Delicato;
sapore: secco, fresco, armonico;
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol;
acidità totale minima: 5,5 g/l;
estratto non riduttore minimo: 18,0 g/l.
“Lizzano” Rosato Spumante:
spuma: vivace, fine;
perlate: fine, regolare e persistente;
colore: lievemente vinoso, caratteristico di fruttato;
profumo: gradevole, con caratteristiche di fruttato. Delicato;
sapore: secco, fresco, armonico;
titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol;
acidità totale minima: 5,5 g/l;
estratto non riduttore minimo: 18,0 g/l;
E’ in facoltà del Ministero per le politiche agricole alimentari e forestali modificare, con proprio
decreto, i limiti sopra indicati per l’acidità totale e l’estratto secco netto.
Articolo 7
Designazione e presentazione
Le tipologie “Lizzano” Negroamaro e “Lizzano” Malvasia Nera ottenute da uve che assicurino un
titolo alcolometrico volumico naturale minimo di 12,50% vol. e che siano immessi al consumo con
4
un titolo alcolometrico totale minimo di: 13,00% non prima del 30 Novembre dell’anno successivo
a quello di produzione, possono portare in etichetta la menzione “superiore”.
Le tipologie “Lizzano” Rosso e Rosato immesse al consumo in data non anteriore al 6 Novembre
dell’anno di produzione delle uve possono portare in etichetta la designazione “novello”. Le
tipologie “Lizzano bianco, Lizzano rosso e rosato” possono essere prodotte nella versione
“frizzante”, avente le stesse caratteristiche dei tipi tranquilli e con sovrappressione non inferiore ad
un bar a 20° C. e non superiore a tre bar a 20° C. in recipienti chiusi.
Le tipologie “Lizzano bianco e Lizzano rosato” possono essere utilizzate per la produzione di vini
“spumanti” secondo le norme generali di spumantizzazione da effettuarsi nell’ambito della zona
prevista nel precedente art. 5.
Alla denominazione di origine controllata “Lizzano” è vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione
non prevista dal presente disciplinare di produzione ivi compresi gli aggettivi: extra, fine, scelto,
riserva, selezionato e similari.
Le specificazioni di colore “rosso, rosato e bianco” o di vitigno “Negroamaro e Malvasia nera” in
aggiunta alla DOC “Lizzano” debbono figurare immediatamente al di sotto dell’indicazione
“denominazione di origine controllata” ed in caratteri le cui dimensioni non superino i due terzi di
quelli usati per indicare la denominazione di origine controllata stessa.
I vini della DOC “Lizzano” designati con le menzioni “novello” e “superiore” devono riportare in
etichetta l’annata di produzione delle uve, per le altre tipologie tale indicazione è
consentita.
I caratteri utilizzati per indicare le menzioni aggiuntive non devono superare, in dimensione, quelli
utilizzati per indicare la denominazione di origine controllata.
E’ consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali e marchi privati
non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno l’acquirente.
Articolo 8
Legame con l’ambiente geografico
A) Informazioni sulla zona sulla zona Geografica.

  1. I Fattori Naturali rilevanti
    Il territorio in cui ricade l’areale di produzione della D.O.C. Lizzano è essenzialmente quello
    dell’Arco Jonico.
    L’Arco Jonico interessa maggiormente la zona quasi costiera e comprende i comuni di
    Lizzano, Faggiano e le isole amministrative del comune di Taranto individuate con la lettera A e C.
    in provincia di Taranto. Il clima è di tipo mediterraneo con inverni abbastanza miti (temperatura
    minima media 6-7°C) ed estati calde (temperatura massima media 25-26°C). La piovosità si attesta
    attorno ai 650 mm di pioggia annui concentrati prevalentemente nel periodo invernale.
    In tutto il territorio della D.O.C.G. l’uso del suolo è mosaicato con vigneti alternati a
    seminativi ed oliveti radi. Un’analisi più dettagliata dei suoli porta a considerare che nella parte
    occidentale dell’area di produzione predominano i suoli franco-argillosi profondi che diventano
    sabbiosi e sottili scendendo lungo la zona costiera permettendo quindi solo un ridotto
    approfondimento radicale.
    Sulla base delle caratteristiche podologiche non esistono particolari fattori limitanti alla
    coltivazione della vite anzi l’intero areale ed i suoi terreni sono considerati estremamente vocati ad
    una viticoltura di elevata qualità. Considerando il territorio essenzialmente pianeggiante e
    notevolmente omogeneo dal punto di vista climatico, non esistono e conseguentemente non sono
    riportate nel disciplinare di produzione particolari requisiti ed indicazioni sull’attitudine,
    esposizione e giacitura dei vigneti.
    Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per
    consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino “Lizzano”.
    L’orografia del territorio di produzione e l’esposizione prevalente dei vigneti, e localizzati in zone
    particolarmente vocate alla coltivazione della vite, concorrono a determinare un ambiente
    5
    adeguatamente ventilato, luminoso, favorevole all’espletamento di tutte le funzioni vegeto-
    produttive della pianta.
    Nella scelta delle aree di produzione vengono privilegiati i terreni con buona esposizione
    adatti ad una viticoltura di qualità.
    2 Fattori umani rilevanti per il legame.
    Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, infatti il fattore
    antropico nella zona è intervenuto in maniera significativa a modificare le tecniche colturali e di
    produzione e ad esaltare le caratteristiche pedologiche, climatiche ed agronomiche dei territori;
    così, ad esempio, i viticoltori del Lizzano nelle operazioni agronomiche hanno effettuato operazioni
    di scasso e frantumazione sul crostone roccioso, andando a trovare il terreno di ottima qualità e
    freschezza che si trova al di sotto di esso; in alcune sottozone i viticoltori hanno utilizzato la
    presenza di pietre per la costruzione dei famosi “muretti a secco” e, in tutta l’area il clima, con forti
    escursioni termiche ed il terreno ricco di scheletro ha favorito il riaffermarsi delle produzioni
    vitivinicole nel rispetto della tradizione del territorio Tarantino. Infatti l’introduzione delle pratiche
    vitivinicole nel Tarantino si deve, probabilmente, ai coloni spartani che fondarono la città greca.
    Della viticoltura di epoca coloniale sappiamo molto poco, ma è molto probabile che essa rivestisse
    un ruolo molto importante all'interno delle aziende medio-piccole proliferate all'interno della chora
    nei secoli V-III a.C.. Questa specificità la si riscontra in parte anche oggi e non è un caso se fin dal
    ‘700 il sistema della masseria, personificazione della grande proprietà (feudale, laica o
    ecclesiastica) si contrapponeva a quello del semplice vigneto, espressione invece del piccolo
    possesso contadino; non è un caso, quindi, che ben di rado il peso economico del vigneto all'interno
    della masseria risultasse consistente, nonostante il suo pur articolato corredo di funzioni produttive.
    Fu nell’800, a seguito della nascita di una nuova forma insediativa delle elite borghesi, che
    prese le mosse dalla trasformazione delle strutture produttive deputate alla vite (i palmenti, con gli
    ambienti che ospitavano il custode del vigneto) in casini di campagna, dove le antiche funzioni
    convivevano con le nuove, residenziali e di rappresentanza insieme, che si realizzò uno sviluppo
    importante della viticoltura anche per il fatto che la popolazione contadina, per emulazione,
    cominciò a risiedere in campagna per periodi prolungati favorendo così la nascita di veri villaggi
    rurali. Sorse così una miriade di microaziende viticole che giunsero a colonizzare finanche la duna
    costiera, mentre i moltissimi trulli eretti nelle campagne divennero un inequivocabile segno di
    nuovo, seppure stagionale, modello di popolamento rurale.
    Comunque, anche in tale contesto, il vigneto continuava a costituire il nucleo della pur grama
    proprietà contadina, fermo restando la condizione di esigua produzione
    commercializzabile. Contemporaneamente i grossi proprietari terrieri, grazie a finalmente
    importanti investimenti, impiantarono estesi vigneti la cui produzione poteva finalmente essere
    destinata ad un mercato più ampio; iniziava così una pratica: l'impiego del vino pugliese per
    migliorare le prestazioni delle più celebrate produzioni del Centro e Nord italiane.
    La viticoltura ha sempre rappresentato la pratica agricola più redditizia e, al tempo stesso, però
    quella più onerosa ed il binomio vite-vino, sebbene racchiuda gran parte della storia della
    viticoltura tarantina, non lo esaurisce, infatti nella zona pianeggiante dell’arco jonico si è sviluppata
    la coltura della vite da tavola e si è consolidata, con alti e bassi, quella da vino. Tutto ciò può
    trovare una spiegazione sia nella tipologia pedoclimatiche dell’area che nella tradizione. Infatti
    alcune varietà di vite (come il moscatellone e la duraca) erano considerate di elevato pregio, per cui
    si preferiva allevarle all'interno dei giardini, mentre la vite destinata alla produzione di vino era
    allevata senza sostegni (ad alberello), le pregiate varietà di uva da tavola necessitavano di
    irrigazioni e di sostegni. Tale funzione avevano, all'interno dei giardini, gli scenografici pergolati,
    costituiti da colonnati, gli antesignani dei moderni tendoni, come pure nelle aree orticole (come le
    Paludi del Tara), dalla abbondante disponibilità idrica, veniva coltivata, invece, l'uva in impalata:
    si trattava in genere di una varietà da tavola (l'uva lunga o cornola) allevata con sostegni fatti di
    canna.
    Anche la vinificazione delle uve, sia nei metodi che nelle procedure e tecnologie, ha radice
    consolidate nella tradizione. Il ciclo lavorativo annuale prevedeva due o tre zappature (o
    6
    conce:autunnale, primaverile e estiva), la mondatura e la probaginatura (con la quale si
    sostituivano, con il sistema delle propaggini,cioè della margotta, le piante venute meno per varie
    cause).
    La tipica azienda viticola medio-grande includeva anche gli edifici deputati alla trasformazione
    delle uve in mosti.
    Tipicamente essi consistevano in una casa di custodia che ospitava il conduttore della vigna (il
    vignaiolo,abitata in genere per il periodo della vendemmia e delle lavorazioni), in una rimessa, in
    alcuni pozzi per la fornitura della molta acqua necessaria, nelle vasche (pile) e nell'impianto di
    trasformazione vero e proprio, comprendente il palmento e le strutture annesse (caricaturi, palaci e
    palmentelli).
    Verso i palmenti venivano indirizzate anche le uve dei piccoli viticoltori circostanti, che in genere
    non avevano sui propri terreni tali strutture.
    Il mosto che si ricavava dalla pigiatura e dalla torchiatura veniva caricato su carri adeguatamente
    attrezzati per il trasporto di liquidi (le carrizze) e trasferito nelle cantine in città o in paese, ove
    veniva imbottato per essere poi sottoposto ai successivi travasi.
    Ed oggi, nel rispetto della tradizione, nell’areale interessato, tanti piccoli produttori conferiscono a
    sistemi cooperativi che hanno il compito di valorizzare e commercializzare il prodotto ed alcuni
    hanno cominciato a diversificare la loro attività completando la filiera e commercializzando
    direttamente le proprie produzioni di qualità.
    L’incidenza dei fattori umani, nel corso degli ultimi anni, in particolare riferita alla puntuale
    definizione degli aspetti tecnico produttivi ha modificato questo trend indirizzando le produzioni
    verso altri mercati che hanno saputo premiare gli sforzi, le caratteristiche e le specificità dell’intero
    territorio.
    Scelte produttive che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione:
  • le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi
    impianti, sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla
    superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la
    razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata superficie fogliare ben
    esposta e di contenere le rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare; è evidente
    in questi ultimi anni la trasformazione dei tendoni in impianti a filare proponendosi, così, sul
    mercato con obiettivi di valorizzazione della qualità e non della quantità;
  • le pratiche relative all’elaborazione dei vini, che sono quelle tradizionalmente consolidate in
    zona sia per la vinificazione dei bianchi e dei rosati che per la vinificazione in rosso dei vini,
    adeguatamente differenziate per la tipologia di base che la tipologia superiore, riferita quest’ultimi a
    vini rossi maggiormente strutturati, la cui elaborazione comporta determinati periodi di
    invecchiamento ed affinamento obbligatori.
    B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o
    esclusivamente attribuibili all’ambiente geografico.
    La DOC “Lizzano” è riferita a diverse tipologie di vino, bianco, rosato e rosso che dal punto di vista
    analitico ed organolettico presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari che ne permettono
    una chiara individuazione e tipicizzazione legata alla varietà e caratteristiche dell’ambiente
    pedoclimatico e geografico.
    C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla
    lettera B).
    L’orografia del territorio di produzione e l’esposizione prevalente dei vigneti, localizzati in zone
    particolarmente vocate alla coltivazione della vite, concorrono a determinare un ambiente
    adeguatamente ventilato, luminoso, favorevole all’espletamento di tutte le funzioni vegeto-
    produttive della pianta.
    Nella scelta delle aree di produzione vengono privilegiati i terreni con buona esposizione adatti ad
    una viticoltura di qualità.
    7
    La millenaria storia vitivinicola della regione, dalla Magna Grecia, al medioevo, fino ai giorni
    nostri, attestata da numerosi documenti, è la fondamentale prova della stretta connessione ed
    interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del vino “Lizzano”;
    ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso
    dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali
    nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso
    progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere gli attuali rinomati vini.
    Articolo 9
    Riferimenti alla struttura di controllo
    Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Taranto
    V.le Virgilio, 152
    74121 - Taranto
    La C.C.I.A.A. di Taranto è l’Autorità pubblica designata dal Ministero delle politiche agricole
    alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 64 della legge n. 238/2016, che effettua la verifica
    annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 19,
    par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 20 del Reg. UE n. 34/2019, per i prodotti
    beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli combinata (sistematica ed a
    campione) nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento),
    conformemente al citato articolo 19, par. 1, 2° capoverso.
    In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli,
    approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 agosto 2018, pubblicato
    nella G.U. n. 253 del 30.10.2018.
    8