Tarquinia Doc

Documento
Regione

Ministero delle politiche agricole
alimentari e forestali
DIPARTIMENTO DELLE POLITICHE COMPETITIVE,
DELLA QUALITÀ AGROALIMENTARE, IPPICHE E DELLA PESCA
DIREZIONE GENERALE PER LA PROMOZIONE DELLA QUALITÀ AGROALIMENTARE E DELL’IPPICA
UFFICIO PQAI IV
DISCIPLINARE DI PRODUZIONE DEI VINI A DENOMINAZIONE DI ORIGINE
CONTROLLATA
«TARQUINIA»
Decisione di approvazione o modifica Pubblicazione
Approvato con DM 09.08.1996 G.U. 201 - 28.08.1996
Modificato con DM 05.11.1996 G.U. 269 - 16.11.1996
Modificato con DM 30.11.2011 G.U. 295 - 20.12.2011
Sito ufficiale Mipaaf - Qualità - Vini DOP e IGP
Modificato con DM 07.03.2014 Sito ufficiale Mipaaf - Qualità - Vini DOP e IGP
Articolo 1
Denominazione e vini
La denominazione di origine controllata «Tarquinia» è riservata ai vini ottenuti in conformità alle
condizioni ed ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare di produzione per le seguenti tipologie:
«Tarquinia» bianco, anche nella tipologia amabile e frizzante;
«Tarquinia» rosso, anche nella tipologia amabile e novello;
«Tarquinia» rosato.
Articolo 2
Base ampelografica
I vini a denominazione di origine controllata «Tarquinia» devono essere ottenuti esclusivamente
mediante la vinificazione delle uve prodotte da vigneti situati nella zona indicata nel successivo art.
3 e che, nell’ambito aziendale, abbiano la seguente composizione ampelografica:
«Tarquinia» bianco:
Trebbiano toscano (localmente detto Procanico) e Trebbiano giallo, da soli e congiuntamente,
almeno per il 50%;
Malvasia di Candia e Malvasia del Lazio, da soli o congiuntamente, fino ad un massimo del 35%.
Possono concorrere alla produzione di detto vino anche le uve a bacca bianca provenienti da vitigni

  • ad eccezione del Pinot grigio - idonei alla coltivazione per la Regione Lazio, iscritti nel registro
    nazionale delle varietà di vite per uve da vino approvato con D.M. 7 maggio 2004 e successivi
    aggiornamenti, riportati nell’allegato 1 del presente disciplinare fino ad un massimo del 30%.
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    «Tarquinia» rosso:
    Sangiovese e Montepulciano congiuntamente in misura non inferiore al 60%, con un minimo di
    presenza dell’uno o dell’altro vitigno non inferiore al 25%.
    Cesanese comune fino al 25%.
    Possono concorrere alla produzione di detto vino anche le uve a bacca rossa provenienti da vitigni,
    idonei alla coltivazione per la Regione Lazio, iscritti nel registro nazionale delle varietà di vite per
    uve da vino approvato con D.M. 7 maggio 2004 e successivi aggiornamenti, riportati nell’allegato
    1 del presente disciplinare, da soli o congiuntamente, fino ad un massimo del 30%.
    Articolo 3
    Zona di produzione delle uve
    La zona di produzione delle uve ammessa alla produzione dei vini a denominazione di origine
    controllata «Tarquinia» è costituita dai territori:
    la provincia di Roma limitatamente agli interi territori amministrativi dei comuni di Allumiere,
    Tolfa, Bracciano, Cerveteri, Ladispoli, Civitavecchia, Santa Marinella, Canale Monterano,
    Manziana, Trevignano Romano, Anguillara ed, in parte, i territori amministrativi dei comuni di
    Campagnano Romano, Roma, Fiumicino e Formello;
    la provincia di Viterbo limitatamente agli interi territori amministrativi dei comuni di Montalto di
    Castro, Tarquinia, Blera, Oriolo Romano, Sutri, Bassano Romano, Villa San Giovanni in Tuscia,
    Barbarano Romano, Vejano e parte dei territori amministrativi dei comuni di Tessennano, Tuscania,
    Monteromano, Ronciglione, Arlena di Castro e Capranica.
    Tale zona è così delimitata:
    partendo dall'intersezione fra le province di Viterbo e Grosseto con il mar Tirreno, la linea di
    demarcazione della zona segue questo confine regionale fino a incontrare, lungo la "strada
    dell'Abbadia", il confine del territorio comunale di Canino. Segue il confine comunale di Canino
    prima in direzione nord, poi verso sud e poi ancora verso sud- est e infine a nord- est, fino a
    intersecare la strada che da Canino conduce a Tessennano. Prosegue lungo questa strada passando
    per i centri abitati di Tessennano, Arlena di castro e Tuscania. Da qui prosegue sempre su questa
    strada, in direzione di Vetralla, fino a incrociare, in località "ponte della Leia", il confine comunale
    di Viterbo. Percorrendo la direzione sud- ovest questo confine, verso Monte Romano, arriva a
    intersecare il confine comunale di Vetralla. Segue ancora questo confine in direzione sud per poi
    risalire verso nord- est in direzione Villa San Giovanni in Tuscia. Continuando lungo il confine
    comunale di Vetralla, arriva a intersecare, in località "Madonna del Piano", la strada che da
    Capranica conduce a Ronciglione. Continua la suddetta strada incrociando la via Cassia Antica che
    percorre fino a intersecare il confine del comune di Sutri. Proseguendo a sud lungo detto confine
    arriva a intersecare il confine comunale di Trevignano Romano (confine di provincia), che segue
    fino a incrociare la S.S. n. 2 Cassia percorrendo la quale incontra il gran raccordo anulare di roma.
    Prosegue lungo il raccordo anulare in direzione ovest fino all'intersezione con il fiume Tevere, che
    prende come confine fino alla diramazione del "Canale di Porto", che passando per il centro abitato
    di Fiumicino, si immette nel mar Tirreno. Da qui segue la linea di costa fino a incontrare il confine
    regionale tra le province di Grosseto e Viterbo da dove era partita.
    Articolo 4
    Norme per la viticoltura
    Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini a denominazione
    di origine controllata «Tarquinia» devono essere quelle tradizionali della zona e comunque atte a
    conferire alle uve e al vino derivato le specifiche caratteristiche di qualità.
    Non sono ammessi i vigneti dei fondovalle umidi e quelli esposti su pendici ripide
    insufficientemente soleggiate.
    L’altitudine, massima e minima, è quella presente nella zona delimitata all’articolo 3.
    La densità dell’impianto minima deve essere di 2500 ceppi/ha, nei nuovi impianti e nei reimpianti.
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    La potatura può essere corta, media o lunga, purché assicuri le caratteristiche tradizionali delle uve
    e il rispetto delle rese massime consentite.
    Nei nuovi impianti e nei reimpianti i sistemi di allevamento devono essere a controspalliera, o ad
    altro sistema che assicuri le caratteristiche tradizionali delle uve, ma escluse le forme espanse.
    È vietata ogni pratica di forzatura. È ammessa l’irrigazione di soccorso.
    La resa massima uva/ettaro è di t 15 per il vino «Tarquinia» bianco e di t 14 per il vino «Tarquinia»
    rosso e rosato.
    Nella coltura promiscua la resa va calcolata, sulla superficie effettivamente impegnata dalla vite.
    Nelle annate favorevoli i quantitativi di uve ottenuti e da destinare alla produzione dei vini a
    denominazione di origine controllata «Tarquinia» devono essere riportati nei limiti di cui sopra
    purché la produzione globale non superi del 20% i limiti medesimi, fermi restando i limiti resa
    uva/vino per i quantitativi di cui trattasi.
    Le uve destinate alla vinificazione devono assicurare un titolo alcolometrico volumico naturale del
    vino non inferiore al 10,00% vol per i vini bianchi e al 10,50% vol per i vini rossi.
    La regione Lazio, sentite le organizzazioni di categoria interessate di anno in anno, tenuto conto
    dell’andamento stagionale, con proprio decreto da emanarsi prima dell’inizio della vendemmia può
    stabilire una resa massima unitaria delle uve minore da quella fissata dal presente disciplinare,
    dandone immediata comunicazione all’organismo di controllo incaricato.
    Articolo 5
    Norme per la vinificazione
    Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate all’interno della zona di produzione delle
    uve delimitata nel precedente art. 3.
    Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti, atte a conferire ai
    vini le loro peculiari caratteristiche.
    La resa massima dell’uva in vino non deve essere superiore al 70%.
    Qualora superi detto limite, ma non oltre il 75%, l’eccedenza non ha diritto ad alcuna
    denominazione di origine controllata. Oltre il 75% decade il diritto alla denominazione di origine
    controllata per tutto il prodotto.
    I prodotti utilizzabili per la correzione dei mosti e dei vini dovranno provenire esclusivamente dalle
    uve prodotte nei vigneti iscritti allo schedario viticolo della denominazione di origine controllata
    «Tarquinia» ad esclusione del mosto concentrato rettificato
    Articolo 6
    Caratteristiche al consumo
    I vini a denominazione di origine controllata «Tarquinia», all’atto dell’immissione al consumo,
    devono presentare i seguenti requisiti minimi:
    «Tarquinia» bianco secco:
  • colore: giallo paglierino più o meno intenso;
  • odore: vinoso, gradevole, delicato;
  • sapore: secco, pieno, armonico;
  • titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50%vol;
  • acidità totale minima: 4,5 g/l;
  • estratto non riduttore minimo: 14,0 g/l.
    «Tarquinia» rosso secco:
  • colore: rosso rubino più o meno intenso;
  • odore: vinoso;
  • sapore: secco, sapido, armonico di giusto corpo;
  • titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol;
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  • acidità totale minima: 5,0 g/l;
  • estratto non riduttore minimo: 18,0 g/l.
    «Tarquinia» bianco frizzante:
  • colore: giallo paglierino;
  • odore: gradevole, delicato;
  • sapore: vivace, vinoso, morbido, talvolta abboccato;
  • titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol;
  • acidità totale minima: 4,5 g/l;
  • estratto non riduttore minimo: 14,0 g/l.
    «Tarquinia» rosso novello:
  • colore: rosso più o meno intenso;
  • odore: vinoso, lievemente fruttato;
  • sapore: vinoso, armonico, talvolta vivace;
  • titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol;
  • acidità totale minima: 5,0 g/l;
  • estratto non riduttore minimo: 18,0 g/l.
    «Tarquinia» rosato:
  • colore: rosa più o meno intenso;
  • odore: fruttato, gradevole;
  • sapore: fine, delicato, armonico;
  • titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol;
  • acidità totale minima: 5,0 g/l;
  • estratto non riduttore minimo: 15,0 g/l.
    «Tarquinia» bianco amabile:
  • colore: giallo paglierino;
  • odore: fruttato gradevole, delicato;
  • sapore: amabile;
  • titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol;
  • acidità totale minima: 5,0 g/l;
  • estratto non riduttore minimo: 14,0 g/l.
    «Tarquinia» rosso amabile:
  • colore: rosso intenso;
  • odore: vinoso, gradevole;
  • sapore: amabile, vinoso, vellutato;
  • titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol;
  • acidità totale minima: 5,0 g/l;
  • estratto non riduttore minimo: 18,0 g/l.
    È facoltà del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali di modificare, con proprio
    decreto i limiti minimi sopra indicati relativi all’acidità totale e all’estratto non riduttore minimo.
    Articolo 7
    Designazione e presentazione
    Alla denominazione di origine controllata «Tarquinia» è vietata l’aggiunta di qualsiasi
    qualificazione non prevista dal presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi extra, fine, superiore,
    scelto, selezionato e simili.
    È consentito l’uso di indicazioni di nomi, ragioni sociali, marchi privati purché non aventi
    significato laudativo e non suscettibili di indurre in errore l’acquirente.
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    È consentito indicare l’attività dell’imbottigliatore o del produttore agricolo e dell’azienda, purché
    in osservanza delle vigenti norme comunitarie o nazionali.
    Nella designazione dei vini a denominazione di origine controllata «Tarquinia» può essere
    utilizzata la menzione “vigna” a condizione che sia seguita dal relativo toponimo o nome
    tradizionale, che la vinificazione e la conservazione del vino avvengano in recipienti separati e che
    tale menzione venga riportata sia nella denuncia delle uve, sia nei registri e nei documenti di
    accompagnamento e che figuri nell’apposito elenco regionale ai sensi dell’art. 6 comma 8, del
    decreto legislativo n. 61/2010.
    Articolo 8
    Confezionamento
    I vini a denominazione di origine controllata «Tarquinia», qualora confezionati in recipienti di
    capacità uguale o inferiore a cinque litri devono essere imbottigliati in recipienti di vetro di forma
    consona all’immagine di un vino di qualità e aventi le capacità previste dalle normative comunitarie
    e nazionali vigenti in materia.
    I recipienti di capacità nominale da 0,5 a 1,5 litri devono essere muniti di una chiusura con tappo di
    sughero o con tappo a vite.
    Per tutti i recipienti è esclusa la tappatura con capsula a strappo o tappo a corona.
    È obbligatorio indicare in etichetta l’annata di produzione delle uve tranne per la tipologia frizzante.
    Articolo 9
    Legame con l’ambiente geografico
    A) Informazioni sulla zona geografica.
  1. Fattori naturali rilevanti per il legame.
    La zona geografica delimitata ricade nella parte centrosettentrionale della regione Lazio parte in
    provincia di Roma e parte in provincia di Viterbo: si estende su una superficie di circa 245.000
    ettari e comprende la parte litoranea dell’Agro romano ed il litorale laziale centro settentrionale con
    le colline retrostanti.
    L’andamento del territorio retrostante il litorale, che si estende dal tarquiniese al ceretano, è
    caratterizzato da un aspetto collinare, ma spesso addolcito da grandi pianori tufacei, dovuti ad una
    attività eruttiva di tipo lineare del sistema sabatino, che ha dato luogo a pareti scoscese con declivi e
    versanti alquanto arrotondati che si raccordano in valli poco solcate ed incise da fossi o torrenti.
    Conseguentemente la genesi del territorio è segnata da una lunga vicenda geologica scandita da tre
    fasi di vulcanesimo che risalgono rispettivamente all’Eocene, al Miocene e al Quaternario: queste
    hanno originato nel medesimo comprensorio tre settori a caratteristiche morfologiche differenziate e
    quindi tre tipi di terreni. Una serie di picchi quasi tutti di tipo trachitico rappresentano i punti più
    alti (e geologicamente più antichi) dove le cime più elevate possono talora superare i 600 m s.l.m.
    (M. delle Grazie, M. della Frombola e M. Sassicari), al contrario la Montagnola e la Tolfaccia
    rappresentano due cupole laviche isolate, mentre il pianoro di Pian Sultano risulta composto,
    almeno superficialmente da un grande piastrone di travertino. Si riscontrano di conseguenza: terreni
    del Pliocene Superiore e Pleistocene composti da prodotti tardovulcanici (lave in domi, ignimbriti e
    tufi); terreni del Miocene Superiore – Pliocene composti da argille grigie e sabbie argillose: questi
    terreni sono sovrastati da quattro piccole acropoli (i “Piani”) del Quaternario (ignimbriti e tufi)
    riferibili all’apparato vulcanico sabatino; terreni che risalgono al Cretaceo Superiore composto da
    argilliti brune con alternanze di calcari (marnosi e silice). Nel litorale, di origine alluvionale ed
    interessato parzialmente dalle formazioni vulcaniche sono presenti: terreni derivanti da dune antiche
    e dune costiere di sabbie consolidate (sabbie di litorale marino o di litorale lacustre); terreni
    composti da sabbie con marne ed argille, depositi alluvionali antichi con ghiaia e sabbie più o meno
    argillose con depositi palustri e lacustri; terreni derivanti da depositi vulcanici come le piroclastici,
    le pozzolane nere e le pozzolane rosse. Sono presenti anche terreni costituiti da sedimenti marini di
    natura argillosa che rappresentano il lito-tipo più antico affiorante nell’area romana e che emergono
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    nelle aree più depresse e lungo le principali incisioni vallive. Al colmo dei rilievi collinari affiorano,
    invece, prodotti vulcanici quali i tufi stratificati, provenienti dall’apparato dei monti Sabatini.
    L’altitudine dei terreni coltivati a vite è compresa tra i 2 e i 663 m s.l.m.: l’esposizione generale è
    orientata verso ovest, sudovest.
    Il clima dell’area è di tipo mediterraneo ed è caratterizzato da precipitazioni medie annue scarse
    comprese tra i 593 ed i 940 mm, con aridità estiva intensa e prolungata per 4 mesi da maggio ad
    agosto (pioggia 71-112 mm). Temperatura media piuttosto elevata compresa tra i 15,0 ed i 16,4°C:
    freddo poco sensibile, concentrato nel periodo invernale, tuttavia presente anche a novembre ed
    aprile, con temperatura media inferiore ai 10°C per 2-3 mesi l’anno e temperatura media minima
    del mese più freddo dell’anno che oscilla tra 2,9 e 6,8° C.
    La combinazione tra natura del terreno e fattori climatici fanno della zona delimitata come DOC
    Tarquinia un territorio altamente vocato alla produzione di vini di pregio.
  2. Fattori umani rilevanti per il legame.
    Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata
    tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino “Tarquinia”.
    La coltivazione della vite in Lazio ha origini antichissime, iniziata sicuramente dagli Etruschi,
    raggiunse un notevole progresso, favorito anche da evolute conoscenze tecniche e da materiale
    ampelografico di varia origine, raccolto attraverso gli ampi rapporti commerciali di questo popolo.
    Presso gli Etruschi la coltivazione della vite raggiunse un notevole progresso, favorito anche da
    evolute conoscenze tecniche e da materiale ampelografico di varia origine, raccolto attraverso gli
    ampi rapporti commerciali di questo popolo. Per quanto riguarda le zone e i vitigni coltivati dagli
    Etruschi, alcuni scritti di Plinio testimoniano in modo abbastanza preciso la produzione vitivinicola
    in Etruria. A Gravisca (antico porto di Tarquinia) e nell'antica Statonia (nel territorio di Vulci) già
    nel 540-530 a.C. i vigneti erano in grado di fornire una produzione sufficiente ad alimentare un
    rilevante commercio esterno.
    Le fonti letterarie ed archeologiche testimoniano l’esistenza di una importante e rinomata
    produzione vitivinicola nel territorio ceretano: la scoperta del relitto di una nave etrusca nelle acque
    antistanti Marsiglia risalente al VI secolo a.C. racconta del ruolo di esperti viticoltori e grandi
    commercianti svolto dagli Etruschi di Cerveteri.
    I georgici latini citano più volte il vino del Ceretano: Marziale ricorda il vino caeretanus come
    ottimo e che assomigliava al Setino vecchio e di buona qualità, e anche Columella celebra l’antica
    Cere per il suo vino squisito.
    Gli Statuti della città di Civitavecchia emanati nel 1451 contenevano ben 20 capitoli che
    regolamentavano la produzione ed il commercio del vino, ed in particolare prevedevano l’epoca
    della vendemmia, pene per i danneggiatori delle vigne e le misure che dovevano usare i Tavernari
    per la vendita.
    In tempi più recenti, nel 1761, il Marchese Frangiapani nella Istoria dell’antichissima città di
    Civitavecchia, riporta in un passo la vigna del Sig. Malacrosta, e anche un passo del Muratori che
    nell’ Antichità Italiane del mezzo tempo, descrivendo la vita di Cola di Rienzo (1327-1354) riporta
    intorno a Civitàvecchia: “guastaro vigne, oliveta, arvori: ogni cosa messe in ruina”.
    Nell’Inchiesta Jacini, Atti della Giunta per la Inchiesta Agraria e sulle condizioni della classe
    agricola (1883), si riportano aumenti di superfici a vigneto nei comuni di Cerveteri con varietà
    principali Uva Grassa, Buccia dura, Verdello, Spagnuola e Procanico e Tolfa (Pergolese e
    Aleatico).
    Nei corso dei secoli la viticoltura ha mantenuto il ruolo importante nell’economia agricola del
    territorio contribuendo allo sviluppo sociale ed economico dell’area come testimonia la Sagra
    dell’uva e del vino dei Colli Ceriti giunta alla cinquantesima edizione.
    Grazie alle loro peculiarità, numerosi sono i riconoscimenti che hanno ricevuto e continuano a
    ottenere, i vini a DOC Cerveteri sia in ambito locale, nazionale che internazionale; ben figurano
    inoltre sulle principali guide nazionali.
    L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è in particolare riferita alla puntuale
    definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente
    disciplinare di produzione:
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  • base ampelografica dei vigneti: i vitigni idonei alla produzione del vino in questione, sono quelli
    tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata: il Trebbiano toscano, localmente detto
    Procanico, il Trebbiano giallo, la Malvasia di Candia e la Malvasia del Lazio per i vini bianchi ed il
    Montepulciano, il Sangiovese ed il Cesanese comune per quelli rossi;
  • le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti,
    sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle
    viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione
    della chioma, permettendo di ottenere una adeguata superficie fogliare ben esposta e di contenere le
    rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare (105 hl/ha per la tipologie bianche e
    98 hl/ha per le tipologie rosse e rosate);
  • le pratiche relative all’elaborazione dei vini, che sono quelle tradizionalmente consolidate in zona
    per la vinificazione di vini bianchi complessi ed equilibrati ed in rosso di vini tranquilli e
    strutturati, adeguatamente differenziate per le tipologie ferme e le tipologie frizzanti.
    B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente
    attribuibili all'ambiente geografico.
    La DOC “Tarquinia” è riferita a tre tipologie di vino bianco (“bianco secco”, “bianco amabile”,
    “bianco frizzante), a tre tipologie di vino rosso (“rosso secco”, “rosso amabile”, “rosso novello”) ed a
    una tipologia di vino rosato (“rosato”) che dal punto di vista analitico ed organolettico presentano
    caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono
    una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.
    Nello specifico le singole tipologie di vino si caratterizzano:
  • “Tarquinia” bianco secco: vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino più o
    meno intenso, odore gradevole e delicato, sapore secco, pieno e armonico.
  • “Tarquinia” bianco amabile: vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino, odore
    fruttato gradevole, delicato, sapore amabile ed equilibrato.
  • “Tarquinia” bianco frizzante: vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino con
    perlage vivace ed evanescente, odore gradevole e delicato, sapore vivace, morbido, talvolta
    abboccato.
  • “Tarquinia” rosso secco: buona struttura e presenza di buone dotazioni polifenoliche e
    tanniche polimerizzate, che conferiscono al vino carattere di pienezza di corpo e assenza di
    ruvidezza. Il vino presenta un colore rosso rubino più o meno intenso, odore vinoso con sentori
    fruttati e floreali, sapore secco armonico di giusto corpo.
  • “Tarquinia” rosso amabile: buona struttura con un modesto tenore di acidità, il colore è
    rosso intenso, con aromi floreali e fruttati, amabile e vellutato.
  • “Tarquinia” rosso novello: buona struttura e giusto tenore di acidità. Il colore è rosso più o
    meno intenso, odore con sentori fruttati, sapore fresco, armonico, rotondo, talvolta vivace.
  • “Tarquinia” rosato: leggero di corpo, fresco, vivace, con colore rosa più o meno intenso,
    odore fruttato gradevole e sapore fine, delicato, armonico.
    Al sapore tutti i vini presentano un’acidità normale, un amaro poco percepibile, poca astringenza e
    buona struttura, che contribuiscono al loro equilibrio gustativo.
    C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera
    B).
    L’orografia pianeggiante o dolcemente collinare dell’areale di produzione, nel litorale laziale
    centrosettentrionale, e l’esposizione ad ovest e sudovest, concorrono a determinare un ambiente arioso
    e luminoso, particolarmente vocato per la coltivazione dei vigneti del “Tarquinia”.
    Anche la tessitura e la struttura chimico-fisica dei terreni interagiscono in maniera determinante con la
    coltura della vite, contribuendo all’ottenimento delle peculiari caratteristiche fisico chimiche ed
    organolettiche del “Tarquinia”.
    In particolare, i terreni, di origini vulcanica derivanti da depositi vulcanici come le piroclastici, le
    pozzolane nere e le pozzolane rosse o di origine alluvionale ed interessati parzialmente dalle
    formazioni vulcaniche con presenza di dune antiche e dune costiere di sabbie consolidate (sabbie di
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    litorale marino o di litorale lacustre) e di terreni composti da sabbie con marne ed argille, oppure da
    depositi alluvionali antichi con ghiaia e sabbie più o meno argillose con depositi palustri e lacustri,
    presentano caratteristiche tali da renderli idonei ad una vitivinicoltura di qualità.
    Anche il clima dell’areale di produzione, caratterizzato da precipitazioni normali (mediamente 832
    mm), con scarse piogge estive (90 mm) ed aridità nei mesi estivi, da una buona temperatura media
    annuale (15.6 °C), unita ad una temperatura elevata ed a una ottima insolazione, consente alle uve di
    maturare completamente.
    In particolare, la combinazione tra le caratteristiche del terreno ed i fattori climatici, determina per i
    vini bianchi, la produzione di significative quantità di precursori aromatici che consentono di esaltare
    le caratteristiche organolettiche e i sentori tipici dei diversi vitigni e per i vini rossi un’ottimale
    maturazione fenolica, che unita ad un ottimale rapporto tra zuccheri e acidi permette di ottenere vini
    caratterizzati da elevata struttura, un grande equilibrio fra le diverse componenti.
    La millenaria storia vitivinicola riferita alla terra dell’antica “Gravisca”, dagli Etruschi passando per i
    Romani, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, è la generale e
    fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e
    le peculiari caratteristiche del “Tarquinia”.
    Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei
    secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca
    moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico
    e tecnologico, fino ad ottenere i rinomati vini “Tarquinia”, le cui peculiari caratteristiche sono
    descritte all’articolo 6 del disciplinare.
    In particolare la presenza della viticoltura nella zona del “Tarquinia” è attestata fin dall’epoca degli
    Etruschi, in molti reperti dei georgici latini.
    Nel 1803, il Nicolaj nelle Memorie, leggi, ed osservazioni sulle campagne e sull’Annona di Roma
    riporta numerosi terreni vignati in località Castiglione, Carlotta di Ceri, San Martino di Ceri, Villa
    del Sasso, Santa Marinella (con annessa osteria), Santa Severa (Prato della rocca, Rimessone,
    Castello) ancora oggi interessati da viticoltura. La grande quantità di resti di antichi monumenti e di
    tombe estrusche ha dato vita a partire dall’ottocento ad imponenti campagne di scavi: infatti nel
    Bullettino dell’istituto di Corrispondenza Archeologica è riportata la relazione di un vaiggio fatto
    nell’antica Etruria e si citano scavi eseguiti nella vigna Argoli. Nel 1840 il Canina riferisce di aver
    eseguito uno scassato nella vigna di Paolo Calabresi in Cerveteri ed il Grifi, nel Giornale Arcadico
    in Atti della Pontificia Accademia Romana di Architettura, di aver scoperto dei monumenti antichi
    nei terreni dell’Arcipretura di Ceri, detti i Vignali. Nel 1833, il Bullettino di notizie statistiche ed
    economiche italiane e straniere riporta per Corneto, l’attuale Tarquinia, “..vi allignano
    mirabilmente le vigne”. Il Manzi, nel 1837 nell’opera Stato antico ed attuale del porto città e
    provincia di Civitavecchia, riporta la bontà di taluni vini e scrive “Dopo Corneto noi porremo la
    Tolfa e cita il Chiabrera che cantò: “Io sprono a tutta briglia in ver la Tolfa / là dove Bassareo
    manna distilla”. Nella Storia di Civitavecchia dalla sua origine fino all'anno 1848, Vincenzo
    Annovazzi scrive “non vè dubbio che il suo territorio sia molto acconcio per qualunque specie di
    coltura , ed in particolar modo per quella delle viti. Ne abbiamo infatti una prova chiarissima negli
    erbaggi ed ortaglie, che sono di particolar sapore , e negli ottimi vini , che ricavano i signori
    Guglielmotti dalle loro vigne coltivate all' uso di Spagna: nè vi può esser dubbio che in altri tempi
    l'industria vinicola sia stata molto estesa nel territorio Civitavecchiese, essendoché nell'antico
    statuto, da noi riportato per intiero all'appendice , sono comminate gravi pene contro di coloro che
    avessero ardito d'incominciare la vendemmia prima o senza le formalità richieste dalla legge. Infine
    nella Difesa del popolo romano sull'abbandono della campagna (1848) il De Giovanni scrive “La
    vite è pressochè indigena in tutte le provincie , e vi si fanno distinguere i vini di Orvieto,.. ed i
    nuovi.. di Civitavecchia prodotti da nuove specie di viti, e da nuovo genere di coltura”.
    La storia recente è caratterizzata da un’evoluzione positiva della denominazione, con l’impianto di
    nuovi vigneti, la nascita di nuove aziende e dalla professionalità degli operatori che hanno
    contribuito ad accrescere il livello qualitativo e la rinomanza del “Tarquinia”.
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    Articolo 10
    Riferimenti alla struttura di controllo
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    La Società Agroqualità è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle politiche
    agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 64 della legge n. 238/2016, che effettua la
    verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente
    all’articolo 19, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 20 del Reg. UE n. 34/2019, per i
    prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli combinata (sistematica ed
    a campione) nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento),
    conformemente al citato articolo 19, par. 1, 2° capoverso.
    In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli,
    approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 agosto 2018, pubblicato
    nella G.U. n. 253 del 30.10.2018.
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