Bonarda dell'Oltrepò Pavese Doc

Documento
Regione

Ministero delle politiche agricole
alimentari e forestali
DIPARTIMENTO DELLE POLITICHE COMPETITIVE,
DELLA QUALITÀ AGROALIMENTARE, IPPICHE E DELLA PESCA
DIREZIONE GENERALE PER LA PROMOZIONE DELLA QUALITÀ AGROALIMENTARE E DELL’IPPICA
UFFICIO PQAI IV
DISCIPLINARE DI PRODUZIONE DEI VINI A DENOMINAZIONE DI ORIGINE
CONTROLLATA
“BONARDA DELL’OLTREPÒ PAVESE”
Decisione di approvazione o modifica Pubblicazione
Approvata come tipologia della DOC
“Oltrepò Pavese” con D.P.R. 06.08.1970 G.U. n. 273 - 27.10.1970
Approvato DOC con D.M. 03.08.2010 G.U. 193 – 19.08.2010
Modificato con D.M. 03.11.2010 G.U. 269 – 17.11.2010
Modificato con D.M. 30.11.2011 G.U. 295 – 20.12.2011
Sito ufficiale Mipaaf - Qualità - Vini DOP e IGP
Modificato con D.M. 7.03.2014 Sito ufficiale Mipaaf - Qualità - Vini DOP e IGP
Articolo 1
Denominazione e vini
La Denominazione di Origine Controllata “Bonarda dell’Oltrepò Pavese” è riservata ai vini, anche
nella tipologia “frizzante”, che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal presente
disciplinare di produzione.
Articolo 2
Base ampelografica
I vini di cui all’art. 1 devono essere ottenuti dalle uve prodotte dai vigneti aventi, nell’ambito
aziendale, la seguente composizione ampelografica:

  • Croatina: dall’85% al 100%;
  • Barbera, Ughetta (Vespolina), Uva rara: congiuntamente o disgiuntamente, fino a un massimo
    del 15%.
    Articolo 3
    Zona di produzione delle uve
    La zona di produzione delle uve destinate alla produzione dei vini “Bonarda dell’Oltrepò Pavese"
    comprende la fascia vitivinicola collinare dell’“Oltrepò Pavese” per gli interi territori dei seguenti
    comuni in provincia di Pavia: Borgo Priolo, Borgoratto Mormorolo, Bosnasco, Calvignano,
    Canevino, Canneto Pavese, Castana, Cecima, Godiasco, Golferenzo, Lirio, Montalto Pavese,
    Montecalvo Versiggia, Montescano, Montù Beccaria, Mornico Losana, Oliva Gessi, Pietra de’
    Giorgi, Rocca de’ Giorgi, Rocca Susella, Rovescala, Ruino, San Damiano al Colle, Santa Maria
    1
    della Versa, Torrazza Coste, Volpara, Zenevredo e per parte dei territori di questi altri comuni:
    Broni, Casteggio, Cigognola, Codevilla, Corvino San Quirico, Fortunago, Montebello della
    Battaglia, Montesegale, Ponte Nizza, Redavalle, Retorbido, Rivanazzano, Santa Giuletta, Stradella,
    Torricella Verzate. Tale zona è così delimitata: parte dai km 136+150 della strada statale n. 10, la
    linea di delimitazione scende verso sud seguendo la strada provinciale Bressana-Salice Terme, sino
    al bivio di Rivanazzano. Qui si devia verso ovest lungo la strada che da Rivanazzano porta alla
    Cascina Spagnola, per piegare a quota 139 verso sud e raggiungere il confine provinciale e
    regionale Pavia-Alessandria, che segue fino a Serra del Monte. Da questo punto la linea di
    delimitazione raggiunge Casa Carlucci e prosegue in direzione sud, lungo il confine che divide i
    comuni di Ponte Nizza e Bagnaria fino al torrente Staffora, includendo San Ponzo Semola. Di qui la
    linea di delimitazione segue la statale Voghera-Varzi-Penice fino all’abitato di Ponte Nizza, indi
    devia a est-nord-est seguendo la provinciale di fondo valle per Val di Nizza. Prosegue quindi in
    direzione nord lungo il confine comunale tra ponte Nizza, Val di Nizza e Montesegale sino al Rio
    Albaredo e con esso raggiunge il torrente Ardivestra, con il quale si identifica risalendo verso est a
    raggiungere la Cascina della Signora. Da questo punto la linea di delimitazione prosegue in
    direzione nord seguendo la strada provinciale Godiasco-Borgoratto Mormorolo, a incontrare il
    confine dei comuni Fortunago e Ruino. Prosegue sul confine comunale meridionale di Ruino a
    raggiungere il confine provinciale tra Pavia-Piacenza.
    La delimitazione orientale del comprensorio é costituita dal confine provinciale Pavia-Piacenza sino
    al suo incontro con la strada statale n. 10, per raggiungere la strada provinciale Bressana-Salice
    Terme che incrocia al km 136+150 del comprensorio, punto di partenza della delimitazione.
    Articolo 4
    Norme per la viticoltura
    4.1) Condizioni naturali dell’ambiente
    Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini a
    Denominazione di Origine Controllata “Bonarda dell’Oltrepò Pavese” devono essere quelle
    tradizionali della zona di produzione e, comunque, atte a conferire alle uve e ai vini le specifiche
    tradizionali caratteristiche di qualità.
    I vigneti devono essere posti su terreni di natura calcarea o calcareo-argillosa e su pendici collinari
    ben soleggiate escludendo comunque i fondovalle e i terreni di pianura.
    4.2) Densità di impianto
    Per i nuovi impianti ed i reimpianti la densità dei ceppi per ettaro non può essere inferiore a 3.200.
    4.3) Sesti d’impianto e forme d’allevamento
    I sesti d’impianto, le forme di allevamento (controspalliera) e i sistemi di potatura devono essere
    quelli di tipo tradizionale e, comunque, i vigneti devono essere governati in modo da non
    modificare le caratteristiche dell’uva, del mosto e del vino. Per i vigneti esistenti alla data di
    pubblicazione del presente disciplinare sono consentite le forme di allevamento già usate nella
    zona, con esclusione delle forme di allevamento espanse.
    4.4) Irrigazione
    É consentita l’irrigazione di soccorso.
    4.5) Rese ad ettaro e gradazione minima naturale
    Le produzioni massime di uva per ettaro in coltura specializzata dei vigneti destinati alla
    produzione dei vini a denominazione di origine controllata “Bonarda dell’Oltrepò Pavese” ed i
    titoli alcolometrici volumici naturali minimi devono essere i seguenti:
    Tipologia Produzione massima Titolo alc. vol. nat. min.
    (t/ha) (% vol)
  1. Bonarda 12,50 10,50
  2. Bonarda frizzante 12,50 10,50
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    Anche in annate eccezionalmente favorevoli, la resa uva ad ettaro dovrà essere riportata nei limiti
    di cui sopra purché la produzione globale non superi del 20% i limiti medesimi, ferma restando la
    resa uva/vino per i quantitativi di cui trattasi. Oltre detto limite del 20% decade il diritto alla
    Denominazione di Origine Controllata “Bonarda dell’Oltrepò Pavese” per tutta la partita.
    La Regione Lombardia, con proprio decreto, su proposta del Consorzio di tutela, sentite le
    organizzazioni di categoria interessate, ogni anno prima della vendemmia può, in relazione
    all'andamento climatico ed alle altre condizioni di coltivazione, stabilire un limite massimo di
    produzione inferiore a quello fissato, dandone immediata comunicazione all’organismo di
    controllo.
    Articolo 5
    Norme per la vinificazione
    5.1) Zona di vinificazione
    Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate nella zona di produzione delimitata dall’art.
  3. Tenuto conto delle situazioni tradizionali di produzione é consentito che tali operazioni siano
    effettuate nell’intero territorio della provincia di Pavia, nonché nelle frazioni di Vicobarone e Casa
    Bella nel comune di Ziano Piacentino in provincia di Piacenza.
    Sono altresì ammesse per l’intero territorio delle Regioni Lombardia e Piemonte le operazioni atte
    all’elaborazione delle tipologie di vini frizzanti previste dal presente disciplinare.
    5.2) Resa massima uva/vino
    Le rese massime dell’uva in vino devono essere le seguenti:
    Tipologia Resa uva/vino
  4. Bonarda 70%
  5. Bonarda frizzante 70%
    Qualora la resa uva/vino superi i limiti sopra riportati, ma non oltre il 5%, l’eccedenza non avrà
    diritto alla denominazione di origine controllata; oltre tale limite decade il diritto alla
    denominazione di origine per tutta la partita.
    5.3) Modalità di vinificazione e di elaborazione
    Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche corrispondenti agli usi locali,
    leali e costanti, atte a conferire ai vini le loro rispettive caratteristiche.
    In particolare é ammessa la vinificazione congiunta o disgiunta delle uve che concorrono alla
    denominazione “Bonarda dell’Oltrepò Pavese”.
    Nel caso della vinificazione disgiunta, il coacervo dei vini, facenti parte della medesima partita,
    deve avvenire nella cantina del vinificatore entro il periodo di completo affinamento e comunque
    prima della richiesta della certificazione della relativa partita prevista dalla vigente normativa o
    prima della eventuale commercializzazione, all’ interno della zona contemplata dall’art. 5.1, come
    vino atto a “Bonarda dell’Oltrepò Pavese”.
    Articolo 6
    Caratteristiche dei vini al consumo
    I vini a Denominazione di Origine Controllata “Bonarda dell’Oltrepò Pavese” devono rispondere,
    all’atto dell’immissione al consumo, alle seguenti caratteristiche:
  1. “Bonarda dell’Oltrepò Pavese”:
  • colore: rosso rubino intenso;
  • odore: profumo intenso e gradevole;
  • sapore: secco, abboccato, amabile talvolta vivace, leggermente tannico;
  • titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol;
  • acidità totale minima: 4,50 g/l;
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  • estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.
  1. “Bonarda dell’Oltrepò Pavese” frizzante:
  • colore: rosso rubino intenso;
  • odore: profumo intenso e gradevole;
  • sapore: secco o abboccato o amabile, leggermente tannico, fresco;
  • spuma: vivace, evanescente;
  • titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol, di cui almeno 9,00% vol effettivo;
  • acidità totale minima: 4,50 g/l;
  • estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.
    In relazione all’eventuale conservazione in recipienti di legno, il sapore dei vini può rilevare lieve
    sentore di legno.
    E’ facoltà del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, con proprio decreto,
    modificare per i vini di cui sopra i limiti indicati per l’acidità totale e l’estratto non riduttore.
    Articolo 7
    Designazione e presentazione
    7.1) Qualificazioni
    Alla Denominazione di Origine Controllata “Bonarda dell’Oltrepò Pavese”, anche nella tipologia
    frizzante, è vietata l’aggiunta di qualsiasi menzione diversa da quelle previste dal presente
    disciplinare ivi compresi gli aggettivi superiore, extra, fine, scelto, selezionato, vecchio, riserva e
    similari.
    E’ tuttavia consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi o ragioni sociali o
    marchi privati, purché non abbiano significato laudativo e non siano tali da trarre in inganno il
    consumatore.
    7.2) Etichettatura
    Sulle bottiglie o altri recipienti contenenti “Bonarda dell’Oltrepò Pavese” deve essere riportata
    l’indicazione dell’annata di vendemmia da cui il vino deriva. Tale indicazione è facoltativa per la
    tipologia frizzante.
    7.3) Caratteri e posizioni in etichetta
    La denominazione “Bonarda dell’Oltrepò Pavese” deve essere indicata nella designazione del
    prodotto in maniera consecutiva, anche su più righe, seguita immediatamente al di sotto dalla
    menzione specifica tradizionale “denominazione di origine controllata”.
    Le menzioni facoltative, escluse i marchi e i nomi aziendali, possono essere riportate
    nell’etichettatura soltanto in caratteri tipografici non più grandi o evidenti di quelli utilizzati per la
    denominazione di origine del vino, salvo le norme generali più restrittive.
    E’ altresì consentito l’uso della menzione tradizionale “vivace” per i vini che si presentano
    effervescenti a causa dell’anidride carbonica in essi contenuta, risultato di un processo di
    fermentazione esclusivo e naturale, secondo quanto previsto dalla vigente normativa comunitaria.
    7.4) Marchio collettivo
    La Denominazione di Origine Controllata “Bonarda Oltrepò Pavese” è contraddistinta
    obbligatoriamente dal marchio collettivo espresso nella forma grafica e letterale allegata al presente
    disciplinare, in abbinamento inscindibile con la denominazione. L’utilizzo del marchio collettivo è
    curato direttamente dal Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese che deve distribuirlo anche ai non
    associati, alle medesime condizioni di utilizzo riservate ai propri associati.
    Articolo 8
    Confezionamento
    I vini a Denominazione di Origine Controllata “Bonarda dell’Oltrepò Pavese” di cui all’art. 1
    devono essere immessi al consumo in bottiglie di vetro di capacità non superiore a litri 1,5.
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    Articolo 9
    Legame con l’ambiente geografico
    A) Informazioni sulla zona geografica
  1. Fattori naturali rilevanti per il legame
    L’area di produzione del vino “Bonarda dell’Oltrepò Pavese”, si colloca all’interno del bacino
    padano, delimitato dalle catene alpina ed appenninica e con una apertura principale verso est; in
    particolare la fascia collinare pavese si inserisce nella fascia appenninica che dal Piemonte si spinge
    verso l’Emilia. L’area è caratterizzata da solchi vallivi con direzione prevalente da sud verso nord.
    Analisi pedopaesaggistica
    L’Oltrepò Pavese, in larga misura, presenta un’orografia preappenninica. Il paesaggio è quello
    preappenninico con fenomeni di dissesto franoso e grandi aree di erosione in cui affiorano
    formazioni costituite da marne, calcari arenacei, galestri e gessi.
    I terreni collinari, nei quali si trova la maggior parte della superficie coltivata a vite dell’Oltrepò
    Pavese, appartengono al Cenozoico e si presentano in fasce assai svariate. Quelli del Pliocene si
    limitano a pochi conglomerati che affiorano tra le marne sabbiose nei dintorni di Montebello della
    Battaglia, Torrazza Coste, Casteggio e in alcune zone più orientali (Montù Beccaria). Le formazioni
    mioceniche sono più complesse ed importanti, presentano cinque piani diversi per un’estensione di
    oltre 16.000 ettari compresi nelle colline e nelle prime montagne. Il piano più recente è dato dal
    Messiniano, caratterizzato da marne gialle chiare, con lenti calcaree in una continuità molto precisa.
    Appartengono a questa formazione i terreni di Montù Beccaria, Rovescala, Montescano, Castana,
    Canneto Pavese, Pietra de’ Giorgi, Cigognola, Redavalle, Santa Giuletta, Torricella Verzate e in
    piccola parte i territori dei comuni di Corvino S. Quirico, Casteggio, Torrazza Coste, Codevilla e
    Godiasco. Le zone intorno a Montalto Pavese, Calvignano, Rocca Susella e Godiasco fanno parte
    del Langhiano, costituito da uno strato massiccio di marne, depositatesi in un mare assai profondo. I
    terreni si presentano in prevalenza sotto forma di marne bianco-azzurrognole, talvolta giallastre, in
    strati di spessore vario, alternate talora con strati arenacei o calcarei. Il passaggio all’Oligocene
    avviene per gradazioni insensibili attraverso un complesso di strati arenacei, scistosi, ma
    prevalentemente marnosi formanti l’Aquitaniano, che ha notevoli estensioni nei dintorni di Rocca
    Susella, Borgo Priolo e Calvignano. L’Oligocene, che forma un periodo di transizione fra Eocene e
    Miocene, non ha limiti ben definiti: si estende per circa 13.000 ettari su un vasto territorio di collina
    e si rinviene specialmente a Rocca de’ Giorgi, a Montecalvo Versiggia, a Ruino e a Varzi. Le
    formazioni eoceniche dell’Oltrepò si limitano ad una prima vasta area di terreni costituiti da argille
    scagliose, da galestri, con affioramenti ofiolitici, misti a gabbri e da uno strato sovrastante di calcare
    marnoso. Gli scisti galestrini e le argille scagliose si estendono su circa 19.000 ettari coprendo
    estese superfici dell’alta collina. Il piano più recente dell’Eocene, formato in prevalenza dal calcare
    marnoso, comprende 16.000 ettari ricchissimi di calcare e i terreni del triangolo di media e bassa
    collina con vertici a Mornico Losana, San Damiano al Colle e Casa Calatroni.
    Geologicamente i terreni dell’Oltrepò presentano una grande varietà, mentre dal punto di vista
    agronomico le differenze sono meno sensibili. Le zone viticole con caratteristiche litologiche
    omogenee sono:
    • Depositi alluvionali terrazzati: si sviluppano principalmente lungo la fascia pedecollinare dal
    confine con il Piemonte fino a Verzate e da Broni al confine con la provincia di Piacenza,
    inserendosi lungo l’alveo dei principali corsi d’acqua. Questi depositi formano i primi dolci rilievi
    costituendo il raccordo tra la pianura e l’area collinare. Si tratta di depositi elastici incoerenti a
    granulometria eterogenea, generalmente ricoperti da una coltre di alterazione di varia potenza e
    colore.
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    • Alternanze eterogenee di conglomerati, arenarie, siltiti e argille: unità che raggruppa tutte quelle
    formazioni caratterizzate da una estrema variabilità litologica di cui è difficile la suddivisione in
    litofacies. È costituita da arenaria, brecce, calcari, calcari cariati, marne, conglomerati gessiferi,
    conglomerati e argille, che generalmente costituiscono corpi lentiformi variamente interstratificati.
    Affiora estesamente nella parte collinare della zona occidentale tra i confini est e ovest del comune
    di Retorbido e prosegue ad est comprendendo quasi interamente la superficie dei comuni di Corvino
    San Quirico, Torricella Verzate e parte di quelli di Santa Giuletta e Mornico Losana. Un altro
    affioramento si ritrova nella zona di Pietra de’ Giorgi che continua tra i comuni di Montescano e
    Montù Beccaria e tra Montù Beccaria, Broni e Stradella.
    • Alternanze a dominante arenacea: litofacies caratterizzata da alternanze più o meno regolari di
    arenarie variamente cementate, sabbie, marne-siltose e argille, generalmente di colore grigio.
    Solitamente hanno maggiore diffusione le fitte sequenze di straterelli arenacei, marno-siltosi e
    argillosi, ma localmente si può avere predominanza della parte psamamitica o di quella pelitica. Nel
    primo caso gli strati arenacei assumono spessori intorno a 80-100 cm; nel secondo si hanno spessori
    di pochi centimetri. La morfologia dei rilievi, costituita da questa unità, è assai varia con pareti
    verticali e pendii a modesta acclività ove si possono accumulare spessori anche notevoli di coltre
    eluvio-colluviale. Frequenti in questa unità sono i fenomeni di scoscendimento al contatto con
    formazioni argillose. Questa tipologia è presente lungo le valli di quasi tutti i torrenti oltre padani,
    in particolare modo in quelli della zona centro-occidentale, dove riveste una certa importanza
    viticola.
    • Alternanze a dominante marnoso-calcareo-argilloso: costituita da alternanze ritmiche di calcari-
    marnosi di spessore variabile tra i 30 e i 250 cm e argille in strati da 5 a 70 cm. Dal punto di vista
    morfologico forma rilievi con pendenze modeste. La facile degradabilità dei litotipi più fini
    favorisce la formazione di un’estesa coltre eluvio-colluviale che su pendii meno accentuati può
    assumere anche spessori notevoli. Sono frequenti fenomeni di scoscendimento e smottamento lungo
    i versanti più in pendio. Affiora estesamente occupando l’area compresa tra Rovescala, Oliva Gessi
    fino alle sorgenti del torrente Versa al confine con la provincia di Piacenza. Un’altra striscia
    importante e intensamente vitata, come la precedente, va da Montalto Pavese a Canevino
    attraversando trasversalmente la Valle Scuropasso.
    • Gessi: unità costituita da corpi lentiformi di gessi cristallini a grana da media a grossa, che affiora
    su estensioni areali molto limitate anche se intensamente coltivata a vite. Si riscontrano queste zone
    nei pressi di Garlassola, Mondondone, Corvino S. Quirico, Montepezzata e Cà Bianca.
    La radiazione solare
    La radiazione solare che giunge su un terreno in piano è funzione della latitudine, mentre nelle zone
    collinari bisogna considerare anche gli effetti della pendenza, dell’esposizione e dell’orizzonte
    orografico tipico di ciascun vigneto.
    L’Oltrepò è caratterizzato da un’estrema disomogeneità della distribuzione della radiazione sul
    territorio collinare, disomogeneità che rappresenta una chiave di lettura importante per individuare
    le diverse vocazionalità del territorio per la coltura della vite. Mediamente l’area orientale si
    presenta caratterizzata da una maggiore omogeneità di valore di radiazione solare, compresa tra
    2.250 e 3.000 MJ/m2 all’anno, mentre l’aria occidentale si contraddistingue per avere un andamento
    collinare est-ovest con i versanti rivolti verso sud molto assolati, che raggiungono spesso, valori di
    radiazione solare superiori a 2.750 MJ/m2 all’anno.
    La temperatura dell’aria
    Nella fascia compresa fra la base delle colline ed i 600 m di quota la temperatura media annua
    presenta valori di circa 11/12°C e la temperatura media del mese più freddo (gennaio) è di circa
    1/2°C. L’isoterma di 0°C che corre a circa 800 m di quota può essere considerata il limite fra la
    fascia di collina e quella più propriamente montana. La media delle minime è per lo più inferiore a
    0°C con la particolarità che i valori delle località a quota inferiore a 400 m sono inferiori a quelli
    delle località poste fra 400 e 600 m come conseguenza di un tipico effetto di inversione termica.
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    Le temperature medie del mese più caldo (luglio o agosto) sono relativamente omogenee (22/24°C),
    così come le minime, che si verificano nei mesi di gennaio o febbraio e sono comprese fra i –8 e i –
    13°C. Sono invece poco omogenee le massime mensili: a quote inferiori ai 500 m (circa 28/30°C)
    sono sensibilmente diverse da quelle fra 500 e 600 m (25/27°C).
    Le precipitazioni
    La distribuzione media delle precipitazioni nel corso dell’anno è caratterizzata da un massimo ed un
    minimo rispettivamente nei mesi di novembre (143 mm) e di luglio (47 mm). In media il mese più
    piovoso nella stagione primaverile risulta essere maggio (121 mm).
    La distribuzione spaziale delle precipitazioni mostra un gradiente altitudinale, con piogge che
    aumentano al crescere della quota e con una diminuzione progressiva da est verso ovest che indica
    l’approssimarsi dei minimi precipitativi ai confini con l’alessandrino (556 mm/anno).
  2. Fattori umani rilevanti per il legame
    Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata
    tradizione hanno contribuito ad ottenere i vini a Denominazione di Origine “Bonarda dell’Oltrepò
    Pavese”.
    Considerato, sin dai tempi di Strabone, una zona di produzione di vini di qualità, l'Oltrepò Pavese è
    quel lembo di terra collinoso a sud della Lombardia noto per essere il punto d'incontro di quattro
    regioni: Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia Romagna. Tale peculiare caratteristica rende
    l'Oltrepò Pavese ricco di culture, lingue, tradizioni e cucine differenti, ma ben integrate tra loro.
    Questa terra è anche, anzi soprattutto, antica dimora della vite. Un'importante testimonianza arriva
    dal reperto di un tralcio di vite, risalente ai tempi preistorici, trovato nei pressi di Casteggio, un
    tempo detta Clastidium. Strabone, nel I secolo a.C., attribuì all'Oltrepò Pavese l'invenzione della
    botte. Nei suoi testi fu descritta di dimensioni più grandi delle case. Nei secoli successivi
    s’incontrano poi altre testimonianze. Andrea Bacci, per esempio, nel XVI secolo, descrisse i vini di
    tale zone con il termine “eccellentissimi”.
    L'Oltrepò Pavese vitivinicolo attuale trova le sue radici nel secolo scorso, come conseguenza dei
    danni portati dalla fillossera, e nel rinnovamento globale del mondo vinicolo italiano di quel
    periodo. E' sufficiente ricordare che nel 1884 l'Oltrepò Pavese vantava ben 225 vitigni autoctoni.
    Oggi sono circa una dozzina quelli di maggior diffusione, di cui il più diffuso è sicuramente la
    croatina con i suoi 3.900 ha sui 13.300 totali.
    Nel corso dei decenni la viticoltura ha mantenuto il ruolo di coltura principale del territorio, tanto
    che nel 1970 il vino Oltrepò Pavese, e con esso la tipologia “Bonarda”, è stato riconosciuto come
    DOC con DPR del 6 agosto.
    L’incidenza dei fattori umani nel corso della storia è in particolare riferita alla puntuale definizione
    dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del presente disciplinare di
    produzione:
     la base ampelografica dei vigneti: il vitigno idoneo alla produzione dei vini in questione è quello
    tradizionalmente coltivato nell’area geografica considerata, la Croatina;
     le forme di allevamento, i sesti d’impianto ed i sistemi di potatura, anche per i nuovi impianti:
    sono quelli tradizionali e permettono la migliore e più razionale disposizione delle viti, sia per
    agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della
    chioma, permettendo di ottenere una adeguata e bene esposta superficie fogliare e di contenere le
    rese di produzione entro i limiti fissati dal presente disciplinare;
     le pratiche relative all’elaborazione dei vini: sono quelle tradizionalmente consolidate in zona
    per la vinificazione in rosso di vini tranquilli, vivaci e frizzanti.
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    B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente
    attribuibili all’ambiente geografico
    La DOC “Bonarda dell’Oltrepò Pavese” è riferita a due tipologie di vino rosso: fermo e frizzante.
    Dal punto di vista analitico ed organolettico ciascuna presenta caratteristiche molto evidenti e
    peculiari (descritte all’Articolo 6), che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione
    legata all’ambiente geografico.
    Entrambe presentano caratteristiche chimico-fisiche equilibrate. Visivamente sono limpidi, di
    colore rubino carico con riflessi violacei, brillanti e di medio-buona consistenza; l’olfatto è fine,
    intenso, franco, penetrante e vinoso e si riscontrano aromi prevalenti tipici del vitigno Croatina: in
    particolare cadenze fruttate di marasca e mora; al gusto vi è equilibrio tra le sensazioni di asciutto e
    di rotondo e risulta leggermente tannico e di medio-lunga persistenza aromatica.
    C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla
    lettera B)
    Grazie alle indagini condotte sul territorio dell’Oltrepò Pavese iniziate con lo studio di zonazione
    realizzato a partire dal 1999 con il contributo dell’Amministrazione provinciale di Pavia, coordinato
    dall’Università di Milano e con la collaborazione dell’Università di Piacenza e dell’ERSAF e
    conclusesi con esperienze di monitoraggio del territorio condotte dall’Università di Milano e dal
    Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese, è stato possibile ottenere una mappa delle unità territoriali
    che rappresenta la sintesi delle informazioni scientifiche raccolte.
    L’intero areale oltrepadano si presta alla coltivazione dell’uva Croatina per la produzione del vini
    “Bonarda dell’Oltrepò Pavese”. Nonostante questo esistono delle differenti vocazionalità
    territoriali. Le varie delimitazioni sono state create analizzando i parametri climatici, pedologici e
    morfologici.
    Esistono per esempio zone particolarmente vocate per la coltivazione della Croatina, come i territori
    compresi fra i comuni di Rovescala, San Damiano al Colle, Montù Beccaria e Pietra de’ Giorgi,
    fino a Montalto Pavese e Borgo Priolo, le quali risultano essere molto assolate e calde con versanti
    orientati prevalentemente verso sud/ovest. Le altitudini sono in media comprese tra i 150 e i 350 m,
    con ottime esposizioni anche ad altitudini superiori (350 – 450 m). Le temperature risultano
    sostenute nelle ore centrali della giornata e specialmente nelle aree più elevate si riscontrano forti
    abbassamenti durante le ore serali e notturne spesso accompagnati dalla presenza di brezze serali.
    L’esposizione dei versanti è principalmente verso sud/ovest (80%) con pendenze medie del 20%.
    Sono aree con ottime potenzialità per la produzione di uve per una vinificazione in rosso
    Altre aree adatte ad un obiettivo enologico in rosso partendo da uve Croatina, si estendono nella
    prima fascia collinare tra Torrazza Coste e Zenevredo e sono costituite da valli che si aprono a
    ventaglio sulla Pianura Padana, caratterizzate da ripidi versanti e fitti crinali con substrati rocciosi
    relativamente soffici, che risultano in buona parte lavorabili. Si contraddistinguono per avere
    tessiture più sciolte, suoli meno fertili, meno profondi e con una maggior capacità di allontanamento
    delle acque in eccesso. Le fasce vocate sono quelle più calde a ridosso della pianura e poste ad
    altitudini comprese tra 100 e 300 m. I versanti sono prevalentemente esposti verso sud/ovest, con
    pendenze anche sostenute e regimi idrici inferiori.
    Queste aree conferiscono ai vini “Bonarda dell’Oltrepò Pavese” colore e complessità. Le
    temperature permettono di ottenere vini rossi di buona struttura, equilibrati, il cui profilo è esaltato
    dalle note fruttate di ciliegia e frutti rossi e in cui non manca uno spiccato sentore di viola e
    speziato. Al gusto il vino si presenta con discreta struttura, abbastanza acido e astringente.
    La Croatina è il vitigno simbolo dell'Oltrepò Pavese, poliedrico, versatile, può dare ottimi vini
    vivaci e grandi vini importanti. Le prime citazioni concrete del vitigno Croatina risalgono alla
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    seconda metà dell'800, quando vari ampelografi hanno provato a "mettere ordine" nei vigneti, in
    particolare tra Croatina, Uva rara, Bonarda Piemontese e altri vitigni.
    Se solo in quel periodo si va a concretizzare una scheda ampelografia della Croatina, la cui
    etimologia deriverebbe da “croatta” – “cravatta” e starebbe a indicare che il vino ottenuto da
    Croatina si beveva nei giorni di festa, quando appunto veniva indossata la cravatta, è pur vero che il
    passaparola generazionale locale identifica questo vitigno come simbolo viticolo dell'Oltrepò
    Pavese. Il vitigno Croatina è a tutti gli effetti il vessillo della produzione vitivinicola dell'Oltrepò
    Pavese, diffuso in modo abbastanza omogeneo in tutto il territorio.
    Ben presente da tempo in molte colline oltrepadane, il vino ottenuto viene chiamato Bonarda fin
    dall'800. Alla fine del XIX secolo, dopo l'avvento della filossera, molti produttori preferiscono
    puntare nei reimpianti post-filosserici, sul vitigno Barbera, più costante e produttivo rispetto alla
    Croatina. Bisogna aspettare la fine degli anni 60 del 1900 perché i produttori locali capiscano
    l'enorme potenzialità di questo vitigno, aiutati anche dalla ricerca e dalla sperimentazione che hanno
    individuato cloni di Croatina più consoni alle esigenze dei produttori.
    Il 1961 segna l'anno della svolta con la nascita dell'attuale Consorzio, ancor prima della legge
    istituzionale delle Denominazioni di Origine Controllata, con il fine di promuovere e far crescere
    l'immagine dei vini tipici prodotti in questa terra. Il Consorzio, con il passare degli anni, assume un
    ruolo sempre più fondamentale legato alla tutela e alla promozione del vino e in particolare del vino
    “Bonarda”. In particolare agisce in difesa del nome stesso Bonarda: attorno alla Croatina infatti
    nascono molti equivoci con altre zone di produzione. Solo in Oltrepò Pavese la Croatina può dar
    origine al vino Bonarda mentre in tutte le altre zone DOC per ottenere Bonarda occorre coltivare il
    vitigno Bonarda piemontese che nulla c’entra con la Croatina e con il vino “Bonarda dell’Oltrepò
    Pavese”.
    Di seguito si riporta una descrizione della vitivinicoltura dall’800 ai primi del ‘900, ricavata dal
    testo di Fabrizio Bernini “Che cos’è la vita se non spumeggia il vino – storia della vitivinicoltura in
    Oltrepò Pavese” edito nel 2001 da Ponzio Olona servizi grafici.
    Capitolo XVI - Uomini, colture, vigneto e vino oltrepadano nell’ottocento e la prima classificazione
    ufficiale della varietà Croatina.
    Con i primi decenni dell’800 l’Oltrepò vitivinicolo fu oggetto delle prime attenzioni da parte di
    scienziati, studiosi e ampelografi di chiara fama che avviarono la prima catalogazione delle
    principali qualità produttive esistenti, stimolando nel contempo l’impianto di nuove barbatelle
    meglio adattabili alle singole tipologie di terreno.
    Il conte Gallesio, nel primo stampato del 1817 della sua monumentale opera sul vino, accenna a
    vitigni coltivati con successo in Oltrepò e particolarmente si sofferma sull’Ughetta di “Caneto” o
    Vespolina (attualmente varietà ancora coltivate e autorizzate).
    Pochi anni dopo il Gallesio, nel 1825, il mantovano professor Giuseppe Acerbi, docente di botanica
    a Milano, pubblicava un saggio “Delle viti Italiane”. L’ Acerbi visitò i vigneti dei poderi che
    possedeva a Pietra de’ Giorgi il nobile Giacomo Pecoraia e il conte Carlo Giorgi di Vistarino,
    classificando ben 29 varietà, suddividendole in bianche e colorate. L’elenco comprende: S. Maria,
    Sgombera bianca, Malvasia, Mostrino, Brandolesa, Trebbiano, Cagnera, Grè, Uva grossa, Toppia,
    Gattombra, Barbisino, Pignolo, Ughetta di Caneto, Ciau, Uva d’oro, Sgombera o Croà, Nibiolo,
    (varietà tradizionali coltivate ancora ai nostri giorni) Bersegano, Monferrina, Pizzadella, Bonarda,
    Ugone, Coda di vacca.
    Compare quindi per la prima volta il Bonarda, che però, come affermava già Giuseppe di
    Rovasenda nel 1873 nel suo “Saggio di una Ampelografia universale”, la seconda qualità di
    Bonarda (delle due coltivate anche in Piemonte) si identificava in realtà con il vitigno della Croatina
    nera dell’Oltrepò Pavese che si ripartiva in due versioni, l’una a grandi grappoli, l’altra più piccoli.
    Dalmasso, Cacciatore e Corte, quasi un secolo dopo, non poterono che confermare le asserzioni di
    Rovasenda, osservando che: “le recenti indagini condotte da due di noi direttamente sui colli
    d’Oltrepò Pavese per la descrizione dei vitigni di quell’importante regione, hanno rilevato che là
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    realmente si coltivano due vitigni rispettivamente sotto i nomi di Bonarda grossa e Bonarda piccola.
    Ma essi sono risultati due semplici sottovarietà della tipica Croatina dell’Oltrepò Pavese (chiamata
    ivi anche Bonarda di Rovescala)”.
    Da una relazione trasmessa nel 1877 dal sindaco don Carlo Gallini al sottoprefetto di Voghera,
    risulta che l’estensione di terreno coltivato a vite era di ben 1.900 ettari solo nel Vogherese, e i
    vitigni maggiormente coltivati risultavano il Barbera, la Mortadella, il Lambrusco, la Croatina,
    “tanto per finezza quanto per l’abbondanza della loro produzione”. La media del prodotto in un
    quinquennio considerato era di 36 quintali d’uva per ettaro con una resa di 20 ettolitri di vino.
    E ancora nel 1896 nelle “Notizie e studi sui vini e sulle uve d’Italia” il Ministero dell’Agricoltura
    cita: “Sulla riva destra del Po, nei circondari di Voghera e Bobbio la vite si trova quasi ovunque,
    specie sulle colline ove è favorita dal clima, dal terreno argilloso feracissimo e dalla intelligenza dei
    viticoltori che hanno fatto sensibili progressi. Sulle amenissime colline di Casteggio, Broni, S.
    Giuletta, Stradella, Montalto, Codevilla, Varzi e Zerba trovansi i vitigni migliori: Croatina,
    Dolcetto, Lambrusca, Bonarda, Barbera, Grignolino, Ughetta, Neretto. Fra le uve bianche Malvasia,
    Trebbiano, Cortese e Moscato”.
    Il vino “Bonarda”, dapprima tipologia della DOC “Oltrepò Pavese”, nata nel 1970, ha mantenuto
    nel corso degli anni un ruolo fondamentale dal punto di vista storico ed economico per il territorio,
    tanto che nel 2010 è stato riconosciuto come Denominazione di Origine autonoma con DM del 3
    agosto.
    Articolo 10
    Riferimenti alla struttura di controllo
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    Valoritalia S.r.l. è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle politiche agricole
    alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 64 della legge n. 238/2016, che effettua la verifica
    annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 19, par.
    1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 20 del Reg. UE n. 34/2019, per i prodotti beneficianti
    della DOP, mediante una metodologia dei controlli combinata (sistematica ed a campione) nell’arco
    dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato
    articolo 19, par. 1, 2° capoverso.
    In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli,
    approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 agosto 2018, pubblicato nella
    G.U. n. 253 del 30.10.2018.
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