Pinot nero dell'Oltrepò Pavese Doc

Documento
Regione

Ministero delle politiche agricole
alimentari e forestali
DIPARTIMENTO DELLE POLITICHE COMPETITIVE,
DELLA QUALITÀ AGROALIMENTARE, IPPICHE E DELLA PESCA
DIREZIONE GENERALE PER LA PROMOZIONE DELLA QUALITÀ AGROALIMENTARE E DELL’IPPICA
UFFICIO PQAI IV
DISCIPLINARE DI PRODUZIONE DEI VINI A DENOMINAZIONE DI ORIGINE
CONTROLLATA
“PINOT NERO DELL’OLTREPÒ PAVESE”
Decisione di approvazione o modifica Pubblicazione
Approvata come tipologia della DOC
“Oltrepò Pavese” con D.P.R. 6.08.7190 G.U. 273 – 27.10.70
Approvato DOC con D.M. 3.08.2010 G.U. 192 – 18.08.2010
Modificato con D.M. 3.11.2010 G.U. 269 – 17.11.2010
Modificato con D.M. 30.11.2011 G.U. 295 – 20.12.2011
Sito ufficiale Mipaaf - Qualità - Vini DOP e IGP
Modificato con D.M. 7.03.2014 Sito ufficiale Mipaaf - Qualità - Vini DOP e IGP
Articolo 1
Denominazione e vini
La Denominazione di Origine Controllata “Pinot nero dell’Oltrepò Pavese” è riservata ai vini rossi,
anche nella tipologia “riserva”, che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal presente
disciplinare di produzione.
Articolo 2
Base ampelografica
Il vino di cui all’art. 1 deve essere ottenuto dalle uve prodotte dai vigneti aventi, nell’ambito
aziendale, la seguente composizione ampelografia:

  • Pinot nero: minimo 95 %;
  • altri vitigni a bacca rossa, non aromatici, idonei alla coltivazione nella Regione Lombardia,
    congiuntamente o disgiuntamente: fino a un massimo del 5%.
    Articolo 3
    Zona di produzione delle uve
    La zona di produzione delle uve destinate alla produzione del vino “Pinot nero dell’Oltrepò Pavese”
    comprende la fascia vitivinicola collinare dell’“Oltrepò Pavese" per gli interi territori dei seguenti
    comuni in provincia di Pavia: Borgo Priolo, Borgoratto Mormorolo, Bosnasco, Calvignano,
    Canevino, Canneto Pavese, Castana, Cecima, Godiasco, Golferenzo, Lirio, Montalto Pavese,
    Montecalvo Versiggia, Montescano, Montù Beccaria, Mornico Losana, Oliva Gessi, Pietra de’
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    Giorgi, Rocca de’ Giorgi, Rocca Susella, Rovescala, Ruino, San Damiano al Colle, Santa Maria
    della Versa, Torrazza Coste, Volpara, Zenevredo e per parte dei territori di questi altri comuni:
    Broni, Casteggio, Cigognola, Codevilla, Corvino San Quirico, Fortunago, Montebello della
    Battaglia, Montesegale, Ponte Nizza, Redavalle, Retorbido,Rivanazzano, Santa Giuletta, Stradella,
    Torricella Verzate.
    Tale zona e cosi delimitata:
    parte dai km 136+150 della strada statale n. 10, la linea di delimitazione scende verso sud seguendo
    la strada provinciale Bressana-Salice Terme, sino al bivio di Rivanazzano. Qui si devia verso ovest
    lungo la strada che da Rivanazzano porta alla Cascina Spagnola, per piegare a quota 139 verso sud e
    raggiungere il confine provinciale e regionale Pavia-Alessandria, che segue fino a Serra del Monte.
    Da questo punto la linea di delimitazione raggiunge Casa Carlucci e prosegue in direzione sud,
    lungo il confine che divide i comuni di Ponte Nizza e Bagnaria fino al torrente Staffora, includendo
    San Ponzo Semola. Di qui la linea di delimitazione segue la statale Voghera-Varzi-Penice fino
    all’abitato di Ponte Nizza, indi devia a est-nord-est seguendo la provinciale di fondo valle per Val di
    Nizza. Prosegue quindi in direzione nord lungo il confine comunale tra ponte Nizza, Val di Nizza e
    Montesegale sino al Rio Albaredo e con esso raggiunge il torrente Ardivestra, con il quale si
    identifica risalendo verso est a raggiungere la Cascina della Signora. Da questo punto la linea di
    delimitazione prosegue in direzione nord seguendo la strada provinciale Godiasco-Borgoratto
    Mormorolo, a incontrare il confine dei comuni Fortunago e Ruino. Prosegue sul confine comunale
    meridionale di Ruino a raggiungere il confine provinciale tra Pavia-Piacenza.
    La delimitazione orientale del comprensorio é costituita dal confine provinciale Pavia-Piacenza sino
    al suo incontro con la strada statale n. 10, per raggiungere la strada provinciale Bressana-Salice
    Terme che incrocia al km 136+150 del comprensorio, punto di partenza della delimitazione.
    Articolo 4
    Norme per la viticoltura
    4.1) Condizioni naturali dell’ambiente
    Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini a denominazione
    di origine controllata “Pinot nero dell’Oltrepò Pavese” devono essere quelle tradizionali della zona
    di produzione e, comunque, atte a conferire alle uve e ai vini le specifiche tradizionali
    caratteristiche di qualità.
    I vigneti devono essere posti su terreni di natura calcarea o calcareo-argillosa e su pendici collinari
    escludendo comunque i fondovalle e i terreni di pianura.
    4.2) Densità di impianto
    Per i nuovi impianti ed i reimpianti la densità dei ceppi per ettaro non può essere inferiore a 4.000.
    4.3) Sesti d’impianto e forme d’allevamento
    I sesti d’impianto, le forme di allevamento (controspalliera) e i sistemi di potatura devono essere
    quelli di tipo tradizionale e, comunque, i vigneti devono essere governati in modo da non
    modificare le caratteristiche dell’uva, del mosto e del vino. Per i vigneti esistenti alla data di
    pubblicazione del presente disciplinare sono consentite le forme di allevamento già usate nella
    zona, con esclusione delle forme di allevamento espanse.
    4.4) Irrigazione
    É consentita l’irrigazione di soccorso.
    4.5) Rese ad ettaro e gradazione minima naturale
    Le produzioni massime di uva per ettaro in coltura specializzata dei vigneti destinati alla
    produzione dei vini a Denominazione di Origine Controllata “Pinot nero dell’Oltrepò Pavese” ed i
    titoli alcolometrici volumici naturali minimi devono essere i seguenti:
    Tipologia Produzione massima Titolo alc. vol. nat. min.
    (t/ha) (% Vol.)
  1. Pinot nero 12,00 12,00
  2. Pinot nero riserva 12,00 12,00
    2
    Anche in annate eccezionalmente favorevoli, la resa uva ad ettaro dovrà essere riportata nei limiti
    di cui sopra purché la produzione globale non superi del 20% i limiti medesimi, ferma restando la
    resa uva/vino per i quantitativi di cui trattasi.
    Oltre detto limite del 20% decade il diritto alla Denominazione di Origine Controllata “Pinot nero
    dell’Oltrepò Pavese” per tutta la partita.
    La Regione Lombardia, sentito il parere del Consorzio di Tutela, annualmente, con proprio
    decreto, tenuto conto delle condizioni ambientali di coltivazione, può fissare produzioni massime
    per ettaro inferiori a quelle stabilite dal presente disciplinare di produzione, o limitare, per talune
    zone geografiche, l’utilizzo delle menzioni aggiuntive di cui all’art. 1, dandone immediata
    comunicazione all’organismo di controllo.
    Articolo 5
    Norme per la vinificazione
    5.1) Zona di vinificazione
    Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate nella zona di produzione delimitata dall’art.
  3. Tenuto conto delle situazioni tradizionali di produzione é consentito che tali operazioni siano
    effettuate nell’intero territorio della provincia di Pavia, nonché nelle frazioni di Vicobarone e Casa
    Bella nel comune di Ziano Piacentino in provincia di Piacenza.
    5.2) Resa massima uva/vino
    Le rese massime dell’uva in vino devono essere le seguenti:
    Tipologia Resa uva/vino
  4. Pinot nero 70%
  5. Pinot nero riserva 70%
    Qualora la resa uva/vino superi i limiti sopra riportati, ma non oltre il 5%, l’eccedenza non avrà
    diritto alla denominazione di origine controllata; oltre tale limite decade il diritto alla
    denominazione di origine per tutta la partita.
    5.3) Modalità di vinificazione e di elaborazione
    Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche corrispondenti agli usi locali,
    leali e costanti, atte a conferire ai vini le loro rispettive caratteristiche.
    5.4) Invecchiamento
    La denominazione “Pinot nero dell’Oltrepò Pavese” riserva é riservata ai vini sottoposti a un
    periodo di invecchiamento di almeno ventiquattro mesi a partire dal 1° novembre dell’anno di
    produzione delle uve, di cui almeno 6 in legno.
    Articolo 6
    Caratteristiche dei vini al consumo
    Il vino a Denominazione di Origine Controllata di “Pinot nero dell’Oltrepò Pavese” deve
    rispondere, all’atto dell’immissione al consumo, alle seguenti caratteristiche:
  1. “Pinot nero dell’Oltrepò Pavese”:
  • colore: rosso rubino anche scarico con possibili sfumature aranciate;
  • odore: etereo, gradevole, caratteristico;
  • sapore: secco, morbido o pieno con retrogusto amarognolo, ma armonico;
  • titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol;
  • acidità totale minima: 4,00 g/l;
  • estratto non riduttore minimo: 20,00 g/l.
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  1. “Pinot nero dell’Oltrepò Pavese” riserva:
  • colore: rosso anche scarico con possibili riflessi aranciati;
  • odore: etereo, gradevole, caratteristico;
  • sapore: secco, caldo, leggermente tannico;
  • titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,50% vol;
  • acidità totale minima: 4,00 g/l;
  • estratto non riduttore minimo: 23,00 g/l.
    In relazione all’eventuale conservazione in recipienti di legno, il sapore dei vino può rilevare lievi
    sentori di legno.
    E’ facoltà del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, con proprio decreto,
    modificare per i vini di cui sopra i limiti indicati per l’acidità totale e l’estratto non riduttore.
    Articolo 7
    Designazione e presentazione
    7.1) Qualificazioni
    Alla Denominazione di Origine Controllata “Pinot nero dell’Oltrepò Pavese”, anche nella tipologia
    riserva, è vietata l’aggiunta di qualsiasi menzione diversa da quelle previste dal presente
    disciplinare ivi compresi gli aggettivi superiore, extra, fine, scelto, selezionato, vecchio e similari.
    E’ tuttavia consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi o ragioni sociali o
    marchi privati, purché non abbiano significato laudativo e non siano tali da trarre in inganno il
    consumatore.
    7.2) Etichettatura
    Sulle bottiglie o altri recipienti contenenti “Pinot nero dell’Oltrepò Pavese”, anche nella tipologia
    riserva è obbligatoria l’indicazione dell’annata di vendemmia da cui il vino deriva.
    7.3) Caratteri e posizioni in etichetta
    La denominazione “Pinot nero dell’Oltrepò Pavese” deve essere indicata nella designazione del
    prodotto in maniera consecutiva, anche su più righe, seguita immediatamente al di sotto dalla
    menzione specifica tradizionale “denominazione di origine controllata”. Le menzioni facoltative,
    escluse i marchi e i nomi aziendali, possono essere riportate nell’etichettatura soltanto in caratteri
    tipografici non più grandi o evidenti di quelli utilizzati per la denominazione di origine del vino,
    salvo le norme generali più restrittive.
    7.4) Marchio collettivo
    La Denominazione di Origine Controllata “Pinot nero dell’Oltrepò Pavese” è contraddistinta
    obbligatoriamente dal marchio collettivo espresso nella forma grafica e letterale allegata al presente
    disciplinare, in abbinamento inscindibile con la denominazione. L’utilizzo del marchio collettivo è
    curato direttamente dal Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese che deve distribuirlo anche ai non
    associati, alle medesime condizioni di utilizzo riservate ai propri associati.
    Articolo 8
    Confezionamento
    I vini a Denominazione di Origine Controllata “Pinot nero dell’Oltrepò Pavese”, di cui all’art. 1
    devono essere immessi al consumo in bottiglie di vetro di capacità non superiore a litri 5.
    Articolo 9
    Legame con l’ambiente geografico
    A) Informazioni sulla zona geografica
  1. Fattori naturali rilevanti per il legame
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    L’area di produzione del “Pinot nero dell’Oltrepò Pavese” si colloca all’interno del bacino padano,
    delimitato dalle catene alpina ed appenninica e con una apertura principale verso est; in particolare
    la fascia collinare pavese si inserisce nella fascia appenninica che dal Piemonte si spinge verso
    l’Emilia. L’area è caratterizzata da solchi vallivi con direzione prevalente da sud verso nord.
    Analisi pedopaesaggistica
    L’Oltrepò Pavese, in larga misura, presenta un’orografia preappenninica. Il paesaggio è quello
    preappenninico con fenomeni di dissesto franoso e grandi aree di erosione in cui affiorano
    formazioni costituite da marne, calcari arenacei, galestri e gessi.
    I terreni collinari, nei quali si trova la maggior parte della superficie coltivata a vite dell’Oltrepò
    Pavese, appartengono al Cenozoico e si presentano in fasce assai svariate. Quelli del Pliocene si
    limitano a pochi conglomerati che affiorano tra le marne sabbiose nei dintorni di Montebello della
    Battaglia, Torrazza Coste, Casteggio e in alcune zone più orientali (Montù Beccaria). Le formazioni
    mioceniche sono più complesse ed importanti, presentano cinque piani diversi per un’estensione di
    oltre 16.000 ettari compresi nelle colline e nelle prime montagne. Il piano più recente è dato dal
    Messiniano, caratterizzato da marne gialle chiare, con lenti calcaree in una continuità molto precisa.
    Appartengono a questa formazione i terreni di Montù Beccaria, Rovescala, Montescano, Castana,
    Canneto Pavese, Pietra de’ Giorgi, Cigognola, Redavalle, Santa Giuletta, Torricella Verzate e in
    piccola parte i territori dei comuni di Corvino S. Quirico, Casteggio, Torrazza Coste, Codevilla e
    Godiasco. Le zone intorno a Montalto Pavese, Calvignano, Rocca Susella e Godiasco fanno parte
    del Langhiano, costituito da uno strato massiccio di marne, depositatesi in un mare assai profondo. I
    terreni si presentano in prevalenza sotto forma di marne bianco-azzurrognole, talvolta giallastre, in
    strati di spessore vario, alternate talora con strati arenacei o calcarei. Il passaggio all’Oligocene
    avviene per gradazioni insensibili attraverso un complesso di strati arenacei, scistosi, ma
    prevalentemente marnosi formanti l’Aquitaniano, che ha notevoli estensioni nei dintorni di Rocca
    Susella, Borgo Priolo e Calvignano. L’Oligocene, che forma un periodo di transizione fra Eocene e
    Miocene, non ha limiti ben definiti: si estende per circa 13.000 ettari su un vasto territorio di collina
    e si rinviene specialmente a Rocca de’ Giorgi, a Montecalvo Versiggia, a Ruino e a Varzi. Le
    formazioni eoceniche dell’Oltrepò si limitano ad una prima vasta area di terreni costituiti da argille
    scagliose, da galestri, con affioramenti ofiolitici, misti a gabbri e da uno strato sovrastante di calcare
    marnoso. Gli scisti galestrini e le argille scagliose si estendono su circa 19.000 ettari coprendo
    estese superfici dell’alta collina. Il piano più recente dell’Eocene, formato in prevalenza dal calcare
    marnoso, comprende 16.000 ettari ricchissimi di calcare e i terreni del triangolo di media e bassa
    collina con vertici a Mornico Losana, San Damiano al Colle e Casa Calatroni.
    Geologicamente i terreni dell’Oltrepò presentano una grande varietà, mentre dal punto di vista
    agronomico le differenze sono meno sensibili. Le zone viticole con caratteristiche litologiche
    omogenee sono:
    • Depositi alluvionali terrazzati: si sviluppano principalmente lungo la fascia pedecollinare dal
    confine con il Piemonte fino a Verzate e da Broni al confine con la provincia di Piacenza,
    inserendosi lungo l’alveo dei principali corsi d’acqua. Questi depositi formano i primi dolci rilievi
    costituendo il raccordo tra la pianura e l’area collinare. Si tratta di depositi elastici incoerenti a
    granulometria eterogenea, generalmente ricoperti da una coltre di alterazione di varia potenza e
    colore.
    • Alternanze eterogenee di conglomerati, arenarie, siltiti e argille: unità che raggruppa tutte quelle
    formazioni caratterizzate da una estrema variabilità litologica di cui è difficile la suddivisione in
    litofacies. È costituita da arenaria, brecce, calcari, calcari cariati, marne, conglomerati gessiferi,
    conglomerati e argille, che generalmente costituiscono corpi lentiformi variamente interstratificati.
    Affiora estesamente nella parte collinare della zona occidentale tra i confini est e ovest del comune
    di Retorbido e prosegue ad est comprendendo quasi interamente la superficie dei comuni di Corvino
    San Quirico, Torricella Verzate e parte di quelli di Santa Giuletta e Mornico Losana. Un altro
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    affioramento si ritrova nella zona di Pietra de’ Giorgi che continua tra i comuni di Montescano e
    Montù Beccaria e tra Montù Beccaria, Broni e Stradella.
    • Alternanze a dominante arenacea: litofacies caratterizzata da alternanze più o meno regolari di
    arenarie variamente cementate, sabbie, marne-siltose e argille, generalmente di colore grigio.
    Solitamente hanno maggiore diffusione le fitte sequenze di straterelli arenacei, marno-siltosi e
    argillosi, ma localmente si può avere predominanza della parte psamamitica o di quella pelitica. Nel
    primo caso gli strati arenacei assumono spessori intorno a 80-100 cm; nel secondo si hanno spessori
    di pochi centimetri. La morfologia dei rilievi, costituita da questa unità, è assai varia con pareti
    verticali e pendii a modesta acclività ove si possono accumulare spessori anche notevoli di coltre
    eluvio-colluviale. Frequenti in questa unità sono i fenomeni di scoscendimento al contatto con
    formazioni argillose. Questa tipologia è presente lungo le valli di quasi tutti i torrenti oltre padani,
    in particolare modo in quelli della zona centro-occidentale, dove riveste una certa importanza
    viticola.
    • Alternanze a dominante marnoso-calcareo-argilloso: costituita da alternanze ritmiche di calcari-
    marnosi di spessore variabile tra i 30 e i 250 cm e argille in strati da 5 a 70 cm. Dal punto di vista
    morfologico forma rilievi con pendenze modeste. La facile degradabilità dei litotipi più fini
    favorisce la formazione di un’estesa coltre eluvio-colluviale che su pendii meno accentuati può
    assumere anche spessori notevoli. Sono frequenti fenomeni di scoscendimento e smottamento lungo
    i versanti più in pendio. Affiora estesamente occupando l’area compresa tra Rovescala, Oliva Gessi
    fino alle sorgenti del torrente Versa al confine con la provincia di Piacenza. Un’altra striscia
    importante e intensamente vitata, come la precedente, va da Montalto Pavese a Canevino
    attraversando trasversalmente la Valle Scuropasso.
    • Gessi: unità costituita da corpi lentiformi di gessi cristallini a grana da media a grossa, che affiora
    su estensioni areali molto limitate anche se intensamente coltivata a vite. Si riscontrano queste zone
    nei pressi di Garlassola, Mondondone, Corvino S. Quirico, Montepezzata e Cà Bianca.
    La radiazione solare
    La radiazione solare che giunge su un terreno in piano è funzione della latitudine, mentre nelle zone
    collinari bisogna considerare anche gli effetti della pendenza, dell’esposizione e dell’orizzonte
    orografico tipico di ciascun vigneto.
    L’Oltrepò è caratterizzato da un’estrema disomogeneità della distribuzione della radiazione sul
    territorio collinare, disomogeneità che rappresenta una chiave di lettura importante per individuare
    le diverse vocazionalità del territorio per la coltura della vite. Mediamente l’area orientale si
    presenta caratterizzata da una maggiore omogeneità di valore di radiazione solare, compresa tra
    2.250 e 3.000 MJ/m2 all’anno, mentre l’aria occidentale si contraddistingue per avere un andamento
    collinare est-ovest con i versanti rivolti verso sud molto assolati, che raggiungono spesso, valori di
    radiazione solare superiori a 2.750 MJ/m2 all’anno.
    La temperatura dell’aria
    Nella fascia compresa fra la base delle colline ed i 600 m di quota la temperatura media annua
    presenta valori di circa 11/12°C e la temperatura media del mese più freddo (gennaio) è di circa
    1/2°C. L’isoterma di 0°C che corre a circa 800 m di quota può essere considerata il limite fra la
    fascia di collina e quella più propriamente montana. La media delle minime è per lo più inferiore a
    0°C con la particolarità che i valori delle località a quota inferiore a 400 m sono inferiori a quelli
    delle località poste fra 400 e 600 m come conseguenza di un tipico effetto di inversione termica.
    Le temperature medie del mese più caldo (luglio o agosto) sono relativamente omogenee (22/24°C),
    così come le minime, che si verificano nei mesi di gennaio o febbraio e sono comprese fra i –8 e i –
    13°C. Sono invece poco omogenee le massime mensili: a quote inferiori ai 500 m (circa 28/30°C)
    sono sensibilmente diverse da quelle fra 500 e 600 m (25/27°C).
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    Le precipitazioni
    La distribuzione media delle precipitazioni nel corso dell’anno è caratterizzata da un massimo ed un
    minimo rispettivamente nei mesi di novembre (143 mm) e di luglio (47 mm). In media il mese più
    piovoso nella stagione primaverile risulta essere maggio (121 mm).
    La distribuzione spaziale delle precipitazioni mostra un gradiente altitudinale, con piogge che
    aumentano al crescere della quota e con una diminuzione progressiva da est verso ovest che indica
    l’approssimarsi dei minimi precipitativi ai confini con l’alessandrino (556 mm/anno).
  2. Fattori umani rilevanti per il legame
    Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata
    tradizione hanno contribuito ad ottenere i vini a Denominazione di Origine “Pinot nero dell’Oltrepò
    Pavese”.
    Considerato, sin dai tempi di Strabone, una zona di produzione di vini di qualità, l'Oltrepò Pavese è
    quel lembo di terra collinoso a sud della Lombardia noto per essere il punto d'incontro di quattro
    regioni: Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia Romagna. Tale peculiare caratteristica rende
    l'Oltrepò Pavese ricco di culture, lingue, tradizioni e cucine differenti, ma ben integrate tra loro.
    Questa terra è anche, anzi soprattutto, antica dimora della vite. Un'importante testimonianza arriva
    dal reperto di un tralcio di vite, risalente ai tempi preistorici, trovato nei pressi di Casteggio, un
    tempo detta Clastidium. Strabone, nel I secolo A.C., attribuì all'Oltrepò Pavese l'invenzione della
    botte. Nei suoi testi fu descritta di dimensioni più grandi delle case. Nei secoli successivi
    s’incontrano poi altre testimonianze. Andrea Bacci, per esempio, nel XVI secolo, descrisse i vini di
    tale zone con il termine “eccellentissimi”.
    L'Oltrepò Pavese vitivinicolo attuale trova le sue radici nel secolo scorso, come conseguenza dei
    danni portati dalla fillossera, e nel rinnovamento globale del mondo vinicolo italiano di quel
    periodo. E' sufficiente ricordare che nel 1884 l'Oltrepò Pavese vantava ben 225 vitigni autoctoni.
    Oggi sono circa una dozzina quelli di maggior diffusione, seppur non mancano produttori
    collezionisti che hanno raccolto qualche testimonianza del passato, come Moradella, Uva della
    Cascina o altro ancora. Nonostante tale decimazione, il panorama vinicolo oltrepadano è ancora
    molto ricco, soprattutto per quanto concerne le tipologie di vino prodotte, tra cui quelle previste dal
    presente disciplinare di produzione.
    Nel corso dei decenni la viticoltura ha mantenuto il ruolo di coltura principale del territorio, tanto
    che nel 1970 il vino Pinot nero vinificato in rosso è stato riconosciuto come tipologia all’interno
    della DOC Oltrepò Pavese con DPR del 6 agosto e nel 2010 è stato riconosciuto come DOC a se
    stante con decreto del 3 agosto.
    L’incidenza dei fattori umani nel corso della storia è in particolare riferita alla puntuale definizione
    dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del presente disciplinare di
    produzione:
     la base ampelografica dei vigneti: il vitigno idoneo alla produzione dei vini in questione è uno
    fra quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata, il Pinot nero;
     le forme di allevamento, i sesti d’impianto ed i sistemi di potatura, anche per i nuovi impianti:
    sono quelli tradizionali e permettono la migliore e più razionale disposizione delle viti, sia per
    agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della
    chioma, permettendo di ottenere una adeguata e bene esposta superficie fogliare e di contenere le
    rese di produzione entro i limiti fissati dal presente disciplinare;
     le pratiche relative all’elaborazione dei vini: sono quelle tradizionalmente consolidate in zona
    per la vinificazione in rosso di vini tranquilli, adeguatamente differenziate per la tipologia di
    base e la tipologia riserva.
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    B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente
    attribuibili all’ambiente geografico
    La DOC “Pinot nero dell’Oltrepò Pavese” è riferita ad un unico vino, rosso fermo, anche nella
    tipologia riserva. Dal punto di vista analitico ed organolettico esso presenta caratteristiche molto
    evidenti e peculiari (descritte all’Articolo 6), che ne permettono una chiara individuazione e
    tipicizzazione legata all’ambiente geografico.
    In particolare presenta caratteristiche chimico-fisiche equilibrate; alla vista si presenta rosso rubino
    più o meno intenso con sfumature amaranto e un’unghia aranciata; al naso intenso, netto con sentori
    di marasca, ribes nero, bacche di bosco, funghi secchi, prugna matura e frutta macerata in alcol,
    speziato; in bocca vellutato, fruttato, molto equilibrato, di struttura medio buona, morbido, caldo,
    dotato di persistenza aromatica e leggermente amarognolo.
    C) Descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla
    lettera B)
    Grazie alle indagini condotte sul territorio dell’Oltrepò Pavese iniziate con lo studio di zonazione
    realizzato a partire dal 1999 con il contributo dell’Amministrazione provinciale di Pavia, coordinato
    dall’Università di Milano e con la collaborazione dell’Università di Piacenza e dell’ERSAF, e
    conclusesi con esperienze di monitoraggio del territorio condotte dall’Università di Milano e dal
    Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese, è stato possibile ottenere una mappa delle unità territoriali
    che rappresenta la sintesi delle informazioni scientifiche raccolte.
    Le differenti vocazionalità territoriali prevedono l’individuazione di aree particolarmente adatte alla
    produzione di uve a bacca rossa. Le varie delimitazioni sono state create analizzando i parametri
    climatici, pedologici e morfologici. Ciononostante si può affermare che l’intero areale oltrepadano
    si presta alla coltivazione dell’uva Pinot nero per la produzione del vini “Pinot nero dell’Oltrepò
    Pavese”.
    UNITÀ TERRITORIALE I
    Caratterizzazione ambientale. Quest’area presenta valori di radiazione fotosinteticamente attiva
    medi di 2.500 MJ/m2anno e si sviluppa prevalentemente nelle fascia collinare intermedia. L’area
    interessa prevalentemente i comuni di Mornico Losana, Pietra de’ Giorgi, Montù Beccaria,
    Montalto Pavese e Borgo Priolo. Le altitudini sono in media comprese tra i 150 e i 350 m con aree a
    ottima esposizione e ottimo microclima, anche ad altitudini superiori (350 – 450 m). Le temperature
    risultano sostenute nelle ore centrali della giornata e specialmente nelle aree più elevate si
    riscontrano forti abbassamenti durante le ore serali e notturne, spesso accompagnati dalla presenza
    di brezze serali. L’esposizione dei versanti è principalmente verso sud/ovest (80%) con pendenze
    medie del 20%.
    Vocazionalità. Area con ottime potenzialità per la produzione di uve per una vinificazione in rosso.
    Le aree ad altitudini maggiori si contraddistinguono per l’elevato profilo aromatico, anche se con un
    minor potenziale varietale per struttura e colore, rispetto a zone poste ad altitudini inferiori.
    Caratterizzazione vini. L’attitudine dell’unità permette una produzione di uve da rosso per vini
    complessi e mediamente intensi. I sentori risultano ben amalgamati tra loro lasciando più spazio alle
    note di ciliegia e frutti rossi. In bocca il prodotto è mediamente acido, con tannini non aggressivi.
    UNITÀ TERRITORIALE II
    Paesaggio. L’area si estende nella prima fascia collinare tra Casteggio e Stradella ed è costituita da
    valli che si aprono a ventaglio sulla Pianura Padana; è caratterizzata da ripidi versanti e fitti crinali
    con substrati rocciosi relativamente soffici che risultano in buona parte lavorabili. La maggior parte
    dell’area è adibita alla coltivazione a vigneto.
    Geologia. Il substrato è costituito prevalentemente da rocce calcaree limoso-argillose. Nell’area del
    Monte San Contardo e Santa Giuletta/Mornico Losana si riscontra un substrato di arenarie alternate
    a sabbie e limi.
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    Suoli. Il suolo si presenta con una tessitura da grossolana a media, con scarsa presenza di scheletro
    e moderatamente profondo. Sono presenti strati rocciosi profondi di facile lavorabilità. L’area è
    molto calcarea con pH alcalino e drenaggio buono.
    Caratterizzazione ambientale. L’unità interessa esclusivamente la prima fascia collinare con
    altitudini comprese tra 150 e 250 m; è caratterizzata da valori di radiazione fotosinteticamente attiva
    medi (PAR media: 2.250 MJ/m2
    anno) e da tenori pluviometrici compresi tra 750 e 860 mm/anno.
    Le temperature medie annue sono molto differenti tra la pedecollina e le sommità. Il clima è
    condizionato dall’elevata inerzia termica del bacino padano che, con effetto tampone, mantiene nel
    corso di tutto l’anno temperature costanti. L’area è soggetta all’effetto del vento di föhn che
    favorisce l’abbassamento dell’umidità dell’aria aumentando l’evapotraspirazione e la diminuzione
    dell’acqua nel suolo. L’inverno è mite e induce una certa precocità nella ripresa vegetativa mentre
    le estati sono molto calde. Data l’eterogeneità della distribuzione orografica delle valli non vi è una
    esposizione di versante prevalente; le pendenze sono importanti e possono assumere anche valori
    prossimi al 35%.
    Vocazionalità. La fascia collinare a ridosso della pianura è particolarmente vocata per la
    produzione di Pinot nero da vinificare in rosso con la massima espressione varietale per colore,
    struttura e grado alcolico.
    Caratterizzazione vini. L’ottima maturazione delle uve garantisce la massima espressione varietale
    producendo vini di struttura e complessi. L’ampiezza sensoriale è caratterizzata da note floreali di
    viola, da sentori di frutti rossi, di frutta cotta (prugna) e di vegetale secco (paglia). Alla
    degustazione si percepiscono una grande corposità dovuta alla struttura e al buon grado alcolico e
    una limitata acidità complessiva.
    UNITÀ TERRITORIALE III
    Paesaggio. L’unità tocca la prima e la media collina dell’intero territorio oltrepadano, da Zenevredo
    a Torrazza Coste, cosa che comporta una vasta eterogeneità di paesaggi. Nella zona ad Est (Montù
    Beccaria) sono presenti dorsali ampiamente arrotondate con tratti subpianeggianti e aree collinari
    con pendenze a volte molto elevate. Il substrato risulta essere soffice con dominanza di limo-argilla,
    facilmente aggredibile dalle lavorazioni e in parte costituito, nell’area del comune di Stradella, da
    arenarie. Sovente le lavorazioni hanno portato alla decapitazione delle sommità dei crinali.
    Nell’area ad ovest (Torrazza Coste) sono presenti dei terrazzi con substrato moderatamente alterato
    e ricoperto da coltri limose. La zona è caratterizzata anche da vallecole a fondo piatto e porzioni
    collinari caratterizzate da materiali fini. L’antropizzazione del territorio ha creato un paesaggio di
    versanti omogenei e nell’insieme ben raccordati.
    Geologia. Nella zona est il substrato è in maggior parte di natura argillosa mentre nell’area a ovest è
    composto da matrici marno-limose con intrusione di strutture sciolte (ghiaia-sabbia).
    Suoli. I suoli si presentano moderatamente profondi con scheletro variabile tra scarso e comune e
    con tessiture moderatamente fini. Le lavorazioni hanno spesso portato alla decapitazione dei dossi
    formando aree con limitata profondità e con affioramento di substrato inerte. Ai piedi dei versanti i
    suoli risultano essere più profondi. I suoli sono moderatamente calcarei con un pH alcalino. La
    capacità di drenaggio è mediocre.
    Caratterizzazione ambientale. La zona è contraddistinta da valori di radiazione fotosinteticamente
    attiva di circa 2.300 MJ/m2*anno e si sviluppa prevalentemente nella fascia collinare a ridosso della
    pianura con altitudini comprese tra i 150 e i 250 m; si hanno regimi pluviometrici superiori a 850
    mm/anno nella parte orientale e tra 700-800 mm/anno ad occidente. Le caratteristiche climatiche
    sono simili a quelle evidenziate nell’Unità II, con la differenza che la fascia centrale, essendo più
    lontana dalla pianura, risulta essere leggermente meno calda e non soggetta all’effetto diretto dei
    venti caldi e secchi. L’esposizione dei versanti è prevalentemente verso nord e ovest con pendenze
    inferiori al 20%.
    Vocazionalità. Unità adatta alla produzione di uve per vinificazioni in rosso con un buon rapporto
    tra maturazione tecnologica e fenolica.
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    Caratterizzazione vini. Le alte temperature permettono di ottenere vini rossi di buona struttura,
    particolarmente equilibrati il cui profilo è esaltato dalle note fruttate di ciliegia e frutti rossi e in cui
    non manca uno spiccato sentore di viola e speziato.
    Si riporta di seguito qualche accenno sull’interessante storia del vitigno Pinot nero e su come questa
    si intrecci indiscutibilmente con l’Oltrepò Pavese.
    Probabilmente l’origine del Pinot può essere fatta risalire al III-IV secolo dopo Cristo, come appare
    da un documento di ringraziamento all’imperatore Costantino del 312, da parte degli abitanti della
    città di Autun, dove viene citato un vigneto famoso per la sua qualità nel pagus Arebrignus, nella
    Côte de Nuits. Alla caduta dell’Impero Romano segue un periodo di silenzio, che corrisponde ad un
    periodo di decadenza economica e politica. Solo con il governo dei Franchi e di Carlo Magno, che
    assegna le terre coltivabili e da bonificare agli ordini monastici, benedettini in primis, si assiste al
    recupero dei vecchi vigneti decadenti ed alla creazione di nuovi con il materiale genetico che si era
    originato spontaneamente da seme. L’opera dei monaci nella selezione e diffusione del vitigno nato
    per caso è in questa fase provvidenziale ed il Pinot nero, sebbene con altri nomi, vede finalmente la
    luce.
    Ad onor del vero Columella, nella sua opera “De Re Rustica”, aveva molti secoli prima descritto un
    vitigno selezionato dai celti di Allobrogia, a foglie rotondeggianti, tipiche delle viti selvatiche, che
    sopporta il freddo, il cui vino si conserva con l’invecchiamento e che ama i terreni magri per la sua
    elevata fertilità, caratteristiche che corrispondono perfettamente a quelle del Pinot nero che
    conosciamo oggi.
    Nel XIV secolo compare il termine di “Pynos” usato da E. Deschamps nella ballata della “Verdure
    des Vins” e poco tempo dopo in uno scritto borgognone, si parla di Pinoz al plurale per indicare la
    grande famiglia varietale. Da allora le citazioni si moltiplicano. L’Ottocento, con lo sviluppo degli
    studi ampelografici, mette in evidenza una caratteristica originale di questo vitigno: la sua grande
    variabilità intravarietale che consente di identificare e descrivere più di cinquanta tipologie di
    Pinots, differenti per la morfologia fogliare, per colore della bacca, del succo, della produttività,
    della precocità e per il nome del selezionatore.
    In Italia, malgrado il Pinot nero sia un vitigno adattato soprattutto alle regioni temperato-fresche, si
    diffonde lungo tutta la Penisola fino alla Sicilia a partire dalla fine del 1800 per la sua costante
    produttività e per l’elevato tenore zuccherino. La valutazione delle sue doti enologiche è però molto
    sommaria perché di norma viene vinificato assieme ad altre varietà ed a causa della sua precocità di
    maturazione nelle regioni meridionali o comunque negli ambienti più caldi, subisce l’assalto degli
    uccelli o quello del marciume grigio. Per questi motivi con la seconda ricostruzione postfillosserica
    la sua diffusione nel nostro paese subsce una drammatica contrazione e la sua coltivazione si attesta
    principalmente in Oltrepò Pavese.
    In breve, se l’origine del moderno Pinot nero è la Francia, (nonostante alcuni ampelografi ipotizzino
    la presenza dei genotipi originari del Pinot già presenti sulle colline oltrepadane dal tempo dei
    romani), da cui sono giunti intorno alla metà dell’800 i ceppi coltivati ancora oggi, in Italia solo in
    Oltrepò Pavese il vitigno ha trovato il suo habitat ottimale.
    I primi impianti si effettuano a Rocca de’ Giorgi nel 1865 per opera del Conte Carlo Giorgi di
    Vistarino. Se il vitigno in oggetto si identifica storicamente per la produzione di uve finalizzate alla
    spumantizzazione, è pur vero che dagli anni cinquanta del secolo scorso qualche produttore ha
    intuito la possibilità di poter vinificare anche in rosso tali uve. Il primo ad ottenere risultati
    qualitativi degni di nota è stato il Dr. Carlo Dezza di Montecalvo Versiggia emulato, a breve, dalla
    Dr.ssa Giuseppina Quaroni di Montù Beccaria. Con l’adeguato supporto della ricerca scientifica,
    l’identificazione dei cloni ottimali, la scelta del terreno, del microclima e delle adeguate operazione
    colturali, una nuova importante realtà viticola ha caratterizzato il territorio dell’Oltrepò Pavese.
    Il Pinot nero è passato dai circa 600 ettari coltivati intono agli anni ’60 ai circa 2.800 del 2010 (in
    Italia si stima una superficie totale a Pinot nero di poco inferiore ai 4.000 ettari). E’ presente un po’
    10
    in tutto l’Oltrepò anche se è soprattutto coltivato in Valle Versa, Valle Scuropasso e a Montalto
    Pavese.
    Molti sono i problemi di natura colturale e compositiva che fanno del Pinot nero un vitigno molto
    difficile da coltivare e da vinificare, quali il vigore elevato delle viti che complicano la gestione
    della chioma, la sensibilità alla botrite ed all’oidio, la difficoltà di avere una maturazione fenolica
    contemporanea nelle bucce e nei vinaccioli che spesso è alla base di un contenuto nel vino di
    tannini poco polimerizzati, la mancanza di antociani esterificati che rende il colore poco stabile e
    che tende con l’invecchiamento all’aranciato, la facilità con la quale accumula gli zuccheri nell’uva
    che comporta un ridotto contenuto in acidi nel mosto. In vinificazione è spesso vittima
    dell’acescenza se non si gestisce in modo corretto il cappello. Sono dimostrati sia il ruolo più
    favorevole delle follature nei confronti dei rimontaggi nell’estrazione del colore e dei tannini meno
    aggressivi, sia il vantaggio che comporta nella complessità sensoriale la malolattica in barrique nei
    confronti di quella in acciaio. È quindi un vitigno capriccioso che si esprime in vini ineguagliabili
    solo in ambienti dalle caratteristiche molto particolari e che per questo non può essere paragonato al
    Cabernet o allo Chardonnay per la loro capacità di adattamento a climi molto diversi. Inoltre esige
    sia in vigneto, prima nella scelta dei cloni e quindi nel controllo della produzione per ceppo, sia in
    cantina nelle attenzioni durante la vinificazione, una cura maniacale fatta di accorgimenti e
    soluzioni, tenute accuratamente segrete dal produttore. Per queste sue caratteristiche è il vitigno che
    meglio sa esprimere nel vino i segreti più intimi di un terroir e la sensibilità interpretativa del
    vinificatore.
    Il vino “Pinot nero” vinificato in rosso è sempre stato una tipologia della DOC “Oltrepò Pavese”,
    sin dalla nascita avvenuta nel 1970. Nel 2010 con Decreto Ministeriale del 3 agosto esso si è elevato
    a Denominazione di origine Controllata autonoma, con il nome di “Pinot nero dell’Oltrepò Pavese”,
    denominazione che sottolinea il profondo legame con il territorio da cui nasce.
    Articolo 10
    Riferimenti alla struttura di controllo
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    alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 64 della legge n. 238/2016, che effettua la verifica
    annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 19, par.
    1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 20 del Reg. UE n. 34/2019, per i prodotti beneficianti
    della DOP, mediante una metodologia dei controlli combinata (sistematica ed a campione) nell’arco
    dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato
    articolo 19, par. 1, 2° capoverso.
    In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli,
    approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 agosto 2018, pubblicato nella
    G.U. n. 253 del 30.10.2018.
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